Aldo Bianchini
SALERNO – “Con Lui finisce un’epoca, ma avremo nuove albe”, questo uno dei tanti commenti pronunciati durante il rito funebre e che, a mio avviso, racchiude meglio di tutte le altre espressioni di cordoglio la vita e l’opera di Giovanni Masullo, sacerdote dal 1966 e parroco di Santa Croce al Torrione fin dagli anni ’70. Non so se con Lui finisce veramente un’epoca, forse è un’espressione un po’ forte dettata da sani sentimenti di amicizia che soltanto Lui sapeva generare; con Lui certamente si è spento il simbolo di una generazione di giovani, i cosiddetti “ragazzi di Torrione”, formatasi culturalmente e professionalmente negli anni ’60 in due location (anch’esse simboliche !!) di Torrione: la parrocchia Santa Croce sotto l’ala protettiva di “don Giovanni Pirone”, un sant’uomo prestato alla Chiesa ed ai giovani, e il circolo ricreativo di Raimondo (un personaggio agli antipodi rispetto all’alone culturale e religioso di Don Giovanni Pirone), un uomo di mondo troppo presto dimenticato che con la sua “esperienza da marciapiede” ha salvato numerosi giovani. Quella generazione, o almeno tantissimi suoi esponenti, ha dato prova di grandi capacità professionali e morali; alludo ad alcuni degli amici più stretti di “don Giovanni Masullo”, da Lucio Apostolico a Giovanni Polichetti, da Vincenzo Bianchini a Raffaele Imbriani. Tutti insieme hanno vissuto giornate memorabili ed indimenticabili in Italia ed all’estero, così come a Salerno. Gli aneddoti sarebbero davvero infiniti e lo spazio troppo limitato per poterli raccontare. Ne cito uno soltanto. Un giorno lontano, verso la fine degli anni ’70, don Giovanni con diversi suoi amici, si ritrovò nel ristorante “Motta” in Piazza Duomo a Milano; c’ero anch’io. Il ristorante era organizzato a mò di tavola calda con servizio individuale al vassoio. Verso la fine del pranzo don Giovanni andò al banco per chiedere il dolce; il cameriere gli fece cenno di prenderlo dall’enorme contenitore poggiato sul banco. Tra la sorpresa generale e lo stupore a stento contenuto del cameriere, don Giovanni, con aplomb tutto sacerdotale, prelevò l’intero enorme vassoio contenente almeno una trentina di dolci. Quel giorno c’erano anche Lucio, Giovanni, Vincenzo e Raffaele; tutti e quattro erano lì venerdì pomeriggio, 28 giugno 2013, per l’estremo saluto all’amico di sempre. Di “don Giovanni” si può dire di tutto e di più, si può dire di bene e di male, come del resto capita a tutti gli uomini, e Giovanni prima che sacerdote era anche un uomo, soprattutto un uomo.; di Lui, però, non si potrà certamente non ricordare il “tratto umano” che lo ha sempre distinto da tutti gli altri sacerdoti. Ha detto benissimo S.E. Mons. Gerardo Pierro quando nella sua orazione funebre ha ricordato la grande cultura e la grande umanità di don Giovanni Masullo. Incontrai per la prima volta Giovanni il pomeriggio del 25 agosto 1960; quel giorno si aprivano le Olimpiadi di Roma, non tutti i “ragazzi di Torrione” avevano il televisore in casa e si andava tutti nell’oratorio anche per socializzare e crescere insieme. Lui era un “seminarista principiante”, aveva diciotto anni (tre più di me) ed era un bel ragazzo dal fisico possente, capii subito che era destinato a diventare un ottimo comunicatore. Il giorno della finale dei 200 metri, quella vinta da Livio Berruti il 3 settembre 1960, esultò e si emozionò come un ragazzo semplice, come tutti noi, come tutti i cosiddetti “ragazzi di Torrione”. Dopo di allora l’ho incontrato centinaia di altre volte, spesso anche a cena di mio fratello Vincenzo, sempre gioviale e partecipativo anche se con la dignità e la compostezza del suo ruolo. Assolutamente encomiabile la sua grande serenità d’animo il giorno in cui dovette affrontare, come concelebrante, il rito funebre per il suo adorato nipote Paolo. Il 26 gennaio 2013 avrei dovuto incontrarlo nuovamente a cena da mio fratello, non venne, nessuno dei commensali pronunciò il suo nome, segno questo che il declino della sua vita terrena era già in una fase avanzata ed inarrestabile. Sono convinto che da lassù continuerà a tenere banco tra i suoi amici di sempre, per una nuova alba.
Complimenti! Ribadisco che quando non fai politica dai il meglio di te stesso.
Commovente Aldo, anche io sono un “ragazzo di Torrione”, ma di un epoca diversa dalla tua, ho qualche anno di meno, di te mi ricordo quando io timidamente mi approccia al pallone, e volevo giocare con la squadra giovanile della Parrocchia di Santa Croce, ma non so perché fui mandato con quelli più grandi, e mi sentivo terribilmente impacciato, tanto che dopo tre quattro presenze agli allenamenti, rinunciai. Il Pulmino che ci trasportava dalla Chiesa di S: Croce al campo di allenamento, lo guidavi tu……….e tutti ti chiamavano per cognome, e mai per nome……….questo non l’ho mai capito………!!!!!!!