SALERNO – “Che la storia non si ripeta, è un grande alibi per tutti. Che possa ripetersi, anche” (da Massimo Chieli). Io personalmente, e molto più umilmente, sono convinto che la storia si ripete, che è giusto il suo ripetersi ma che è allucinante quando si ripete nel giro di circa venti anni. Alludo alle vicende giudiziarie riguardanti Bettino Craxi e Silvio Berlusconi, vicende assolutamente dissimili ma unite nello stesso obiettivo dal “mirino implacabile” della magistratura milanese. Spesso quando rileggo queste due vicende il mio pensiero va allo scandalo della Banca di Roma che agli inizi del ‘900 portò tantissimi politici sull’orlo del baratro, gli stessi che dopo un secolo vengono ricordati soltanto per le loro capacità di statisti (per tutti cito Giovanni Giolitti e Francesco Saverio Nitti). Troppo tardi, la storia riscrive se stessa ma non paga. Oggi a tener banco è la vicenda giudiziaria che sta demolendo Silvio Berlusconi, l’uomo che negli ultimi vent’anni a torto o a ragione ha segnato la storia politico-giudiziaria di questo Paese. Ma non è di questo e neppure dell’uomo Berlusconi che parlerò in queste puntate che mi accingo a scrivere, non voglio seccare nessuno e neppure attaccare o difendere il presidente del PdL; mi va soltanto di dire che in definitiva Silvio Berlusconi se l’è quasi cercata con il lanternino perché nella “sua arroganza di straricco” ha pensato e creduto di essere inattaccabile ed impunibile. Ed è caduto come una pera cotta, ben gli stà; ma la giustizia, comunque, è un’altra cosa. Detto questo che equivale al mio pensiero da semplice cittadino mi corre l’obbligo anche di precisare che intendo parlare della giustizia, quella giustizia che viene maltrattata e calpestata dagli uomini che chiamati ad amministrarla in nome del popolo finiscono, però, per amministrarla in via del tutto anomala per fini spiccatamente politici. Anche la sentenza per il processo “Ruby” che non è una sentenza politica, per l’arroganza infrenabile di taluni magistrati finisce per essere considerata, almeno nell’immaginario collettivo, una sentenza politica a tutti gli effetti. Rodolfo Sabelli, presidente dell’ Unione Camere Penali, nel corso della trasmissione “Porta a Porta” di lunedì 24 giugno, ha pubblicamente dichiarato che “la sentenza Ruby” evidenzia delle novità assolute in materia di “diritto della difesa” in quanto il cambio di imputazione in corso di camera di consiglio da “induzione” a “costrizione” sia per la concussione che per la prostituzione minorile ha praticamente “leso il diritto alla difesa” dell’imputato Berlusconi che non ha avuto la possibilità di difendersi da questa nuova imputazione ancor più grave della semplice induzione. Se è vero che stiamo parlando di un uomo politico di prima grandezza accusato di reati al limite della nefandezza, se è vero che in un Paese civile chiunque si sarebbe subito dimesso, è altrettanto vero che in un Paese civile non sarebbe mai accaduto che il principale capo d’imputazione venisse riformulato e aggravato dal Collegio Giudicante in camera di consiglio. Ma la sentenza Ruby, ovviamente, si espone anche ad altre osservazioni, come giustamente ha dichiarato nella stessa trasmissione tv Marcello Sorgi valente editorialista de “La Stampa”. In pratica nel giro di poco meno di vent’anni la magistratura ha sentenziato la fine della Prima e della Seconda Repubblica, travalicando le scelte elettorali del popolo. E questo mi sembra sinceramente e sicuramente al di fuori della realtà universale. “Cui prodest”, a chi giova tutto questo ? Io credo che non giovi a nessuno, soprattutto agli stessi uomini che chiamati ad amministrare la giustizia in nome del popolo finiscono fatalmente per amministrarla in via del tutto anomala per fini spiccatamente politici. Da vent’anni ormai è in gioco l’equilibrio dei poteri dello Stato Sovrano con la complicità, a volte involontaria, di tutti. Un ruolo decisivo, autonomo ed equidistante dovrebbe svolgerlo la stampa, la grande stampa di questo Paese, che purtroppo è asservita e schierata; pronta a tutto pur di difendere il padrone di turno o di attaccare l’avversario del padrone. Ecco il ripristino del famoso “quarto potere” che storicamente è appartenuto alla stampa potrebbe piano piano riportare quell’equilibrio tra i poteri dello Stato Sovrano che oggi sembra assolutamente smarrito. Qualcuno si chiederà il perché del titolo “Giustizia/1: chi controlla i controllori, da Berlusconi a De Luca”; a questo qualcuno spiegherò volentieri nelle prossime puntate cosa, per esempio, è accaduto a Salerno per i processi MCM e Sea Park; fatti clamorosi che la stampa, quella locale, ha puntualmente ignorato, fatti incredibili e di una gravità eccezionale che da soli sarebbero sufficienti per scrivere decine di articoli senza inseguire le veline di questo o di quell’inquirente, fatti che sono passati nell’immaginario collettivo senza lasciare il minimo segno. Eppure a Salerno, come a Milano, c’è stato e c’è chi chiamato ad amministrare la giustizia in nome del popolo ha finito per amministrarla in via del tutto anomala per fini spiccatamente politici. Parlando proprio dei processi salernitani l’avv. Giovanni Falci, qualche giorno fa, ha lanciato una domanda inquietante “chi controlla i controllori ?”. Alla prossima.
direttore: Aldo Bianchini