SALERNO – Dovrebbero essere ben 22 i dirigenti scolastici che dal prossimo mese di settembre, nell’ambito del vasto riassetto delle presidenze a fronte del raggiungimento dei limiti d’età, saranno destinati alla pensione: Salvatore Carfagna (Liceo Tasso), Salvatore Cicenia (Liceo Da Vinci), Carmela Bove (Istituto Agrario), Diodato Attianese (S.Egidio M.A.), Vincenzo Bianchini (ic Pontecagnano Faiano), Rosa Caporrino (ic Sala C.), Ugo Giorgio Crea (isis Epicarmo Corbio), Grazia Curella (ic San Gregorio M.), Carmine D’Arminio (itc Besta Battipaglia), Carlo Di Legge (liceo Parmenide Vallo), Vincenzo Di Salvio, Raffaella Gaeta, Antonio Galiano, Angelo Gentile, Domenico Giallorenzo, Mario Meloni, Sabato Molinari, Michele Nigro, Sabato Petrone, Giuseppe Sorrentino e Beniamino Tagnesi. Tutti preannunciano ricorsi e tutto si gioca sul filo interpretativo delle nuove norme pensionistiche, per i limiti di età e per gli anni di contribuzione, che in questo Paese (come tutte le altre norme !!) sono davvero e sempre un terno al lotto. L’anno scorso si salvò, per il rotto della cuffia, il dirigente Antonio Lepre (Liceo Alfano I), grazie all’assistenza di un avvocato giuslavorista, Marco Bianchini, tra i più esperti del settore. A tutt’oggi la posizione di Lepre è ancora tutta da discutere e probabilmente si chiarirà nel prossimo mese di luglio. Ma andiamo con ordine ed analizziamo cosa è accaduto l’anno scorso in previsione di quello che potrebbe accadere quest’anno. L’USR della Campania, diretto da Ugo Bouchè, in previsione del cosiddetto “dimensionamento scolastico” (accorpamento delle varie scuole per il raggiungimento della soglia minima di alunni, individuata per legge in 600) e della conclusione del concorso per il reclutamento di nuovi dirigenti scolastici (concorso che nel febbraio scorso il Tar ha poi sospeso in attesa della decisione nel merito, attesa per il 3 luglio p.v.) decise nel febbraio dell’anno 2012 di collocare in pensione d’ufficio circa 150 dirigenti scolastici, in parte perchè avevano compiuto l’età massima prevista dall’ordinamento (65 anni, e in questo caso il rapporto cessa obbligatoriamente) in parte perchè avevano raggiunto l’anzianità contributiva massima (40 anni, in questo caso l’amm.ne ha facoltà di recedere). Fin qui tutto regolare, ma l’USR Campania aveva “dimenticato” che appena due mesi prima, con la Legge n.214/2011 (cc.dd. riforma Fornero), era stata innalzata, con decorrenza 1.1.2012, l’età pensionabile (portandola a 66 anni per la vecchiaia) nonchè la contribuzione necessaria per la pensione di anzianità (trasformata in pensione anticipata, per la quale occorrono 42 anni e 1 mese – anzichè 40 anni – di contributi per gli uomini e 41 anni e 1 mese – anzichè 40 per le donne: conseguentemente, circa una decina di presidi (tra cui Antonio Lepre) che non avevano compiuto, entro il 31 dicembre 2011, nè 65 anni di età nè 40 anni di contributi, hanno promosso ricorso giudiziario e hanno ottenuto in via d’urgenza, dal tribunale competente, un’ordinanza che disponeva la loro reintegrazione in servizio. La storia sta per ripetersi quest’anno: bloccato il concorso per l’assunzione dei nuovi dirigenti con ordinanza Tar Campania (VIII sezione) del 7 febbraio 2013 l’USR Campania ne “tira fuori” un’altra dal cilindro. Con decreto del 26 febbraio individua altri 140 presidi da collocare in pensione d’ufficio: se per la maggior parte di essi il provvedimento è legittimo, in quanto stavolta sono stati rispettati i nuovi requisiti introdotti dalla riforma approvata dal Parlamento con la citata Legge n.214/2011, per diversi presidi però i conti non tornano. L’USR, infatti, interpretando in maniera erronea e surrettizia la legge di riforma, ha ritenuto di poter pensionare coattivamente quanti, pur non avendo compiuto l’età anagrafica massima nè l’anzianità contributiva massima, potevano far valere, al 31.12.2011, la cc.dd. “quota 96”, ovvero almeno 61 anni di età e 35 anni di contributi, requisito utile per conservare il diritto alla “vecchia” pensione di anzianità. Orbene, giuridicamente occorre rilevare che, in primo luogo, il recesso unilaterale (cc.dd. “ad nutum”, cioè senza la necessità di consenso da parte del lavoratore) della pubblica amm.ne dal rapporto di lavoro con il pubblico dipendente può essere disciplinato solo da norma primaria, cioè con legge dello Stato, non con circolari o regolamenti ministeriali. In secondo luogo la legge, appunto, prevede che tale recesso può avvenire (al di là, chiaramente, delle ipotesi conseguenti a sanzioni disciplinari e a gravi motivi di salute) solo in due casi (quelli indicati prima): al compimento dell’età anagrafica massima o al compimento dell’anzianità contributiva massima collocare d’ufficio in quiescenza chi non si trova in alcuna delle due ipotesi, ma aveva semplicemente maturato (al 31.12.2011) il diritto alla pensione di anzianità, equivale a trasformare (contra legem) una mera facoltà in un obbligo. E ciò rende oggettivamente illegittimo il licenziamento! Si prevedono, dunque, nuovi ricorsi per chiedere la riammissione in servizio da parte di decine di dirigenti scolastici campani.
direttore: Aldo Bianchini