AGROPOLI – Per completare il discorso iniziato nella precedente puntata dedicata all’Ospedale di Agropoli è necessario ricordare a tutti, soprattutto ai politici politicanti di oggi, che il famigerato decreto commissariale n. 49 del 29/09/2010 (firmato da Stefano Caldoro da pochi mesi insediatosi alla presidenza della Regione Campania) aveva il seguente titolo: “Decreto commissariale per la prosecuzione del piano di rientro del settore sanitario in ossequio alla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 24/04/2010”. Difatti il titolo del decreto parlava di “prosecuzione”, alla stregua di atto dovuto, di un lavoro enorme già svolto dalla precedente “giunta Bassolino” che aveva predisposto e fatto approvare dal Consiglio regionale della Campania per la riorganizzazione della rete ospedaliera regionale. L’on. Antonio Bassolino, governatore della regione e commissario ad acta per la sanità pubblica, aveva emanato una sfilza di decreti successivi diretti alla riorganizzazione del sistema ospedaliero campano. Il Consiglio regionale di quel tempo (in cui c’erano anche Antonio Valiante, Donato Pica e Gianfranco Valiante) approvò tutte le delibere e tutti i decreti proposti o imposti da Bassolino, senza fiatare. Tra l’altro in quei decreti veniva anche sancito il principio secondo cui alcuni ospedali salernitani, Battipaglia – Eboli – Oliveto Citra – Roccadaspide e Agropoli, dovevano progressivamente scomparire per confluire nel famoso “Ospedale Unico della Valle del Sele”. Dunque la “giunta Bassolino” tutta di sinistra partorì quella gigantesca riforma del sistema sanitario regionale che solo a causa dell’inaspettata sconfitta regionale (ci rimise le penne Vincenzo De Luca !!) non venne avviata a conclusione e l’onere passò tutto sulle spalle del nuovo Presidente Stefano Caldoro nelle vesti di “commissario ad acta” e del suo sub commissario Giuseppe Zuccatelli. Nacque la favola del “piano Zuccatelli” e la sinistra, ovviamente, insorse contro tutto e tutti dimenticando alcuni piccoli particolari. Quel piano predisposto dal commissario Bassolino era stato approvato finanche dal Consiglio dei Ministri in data 24 aprile 2010 senza alcuna correzione o variazione e che il “povero Caldoro” (si fa per dire !!) fu costretto a convalidare con un decreto commissariale ad acta (29 set. 2010) come prevedeva la ritualità di legge. Ma i consiglieri regionali di sinistra dimenticarono, e dimenticano, anche che loro stessi avevano avallato, forse spinto, e approvato tutti i decreti commissariali di Bassolino. Ora, però, la colpa sembra essere soltanto di Stefano Caldoro e del suo sub commissario Giuseppe Zuccatelli. Pazienza la politica richiede anche di questi sacrifici; tutto nella normalità di un dibattito politico tra maggioranza e opposizione che non dovrebbe, però, mai andare oltre il seminato. E il seminato, in questo caso specifico, è nei costi eccessivi della sanità pubblica. Ma chi se ne frega !! In questi giorni leggo interventi da parte di personaggi politici che meriterebbero almeno le pernacchie, per non dire altro; parlano tanto per parlare ma non sanno quello che dicono. Se, al di là dei colori, riflettessero un po’ capirebbero facilmente che non è possibile che un “posto letto” ad Agropoli costa ben 312mila euro all’anno mentre a Polla (per fare un esempio banale !!) costa soltanto 200mila euro all’anno, Capirebbero che questa palese discrasia è dovuta al sperequazione del DRG (rapporto produzione-costi) che ad Agropoli copre appena il 50% dei costi a causa, anche della corsa folle, vero l’utilizzo dell’ALPI con ulteriore aggravio dei costi rispetto alla produzione. Capirebbero forse i politicanti che su 16 ospedali salernitani quattro sono stati inglobati nell’Azienda Ospedaliera Universitaria, uno è stato già chiuso (Sant’Arsenio) grazie all’attenta e riflessiva opera del direttore sanitario Nunzio Antonio Babino (molto osteggiato dai politici locali del Vallo di Diano !!) e dei rimanenti undici ben sette sono piccoli e sottodimensionati e non in grado di assicurare assistenza qualificata sul territorio per due ragioni: a) il livello qualitativo delle prestazioni erogate non sono pari a quelle delle strutture più grandi e meglio organizzate; b) gli ospedali piccoli sono anti-economici in quanto ogni posto letto viene a costare complessivamente tra il doppio e il triplo del costo che, invece, si registra in ospedali più grandi. Voglio essere buono, una volta tanto, e dire che tutti i politicanti queste cose le conoscono molto meglio di me, soltanto che loro se ne fregano, tanto a pagare è sempre Pantalone. A loro interessa soltanto fare proselitismo e clientela politica, tutto il resto lo passano volentieri a chi verrà dopo di loro. Tutto quello che sta accadendo in questi giorni è davvero incredibilmente vergognoso, tra richieste di sospensione, richieste di revisione del piano sanitario, richieste di cambiare tutto per non cambiare niente, c’è soltanto un’infinita perdita di tempo. Vergogna !! Che senso ha gridare “difenderemo fino all’ultimo il nostro ospedale” se le premesse sono quelle che ho raccontato. Non me la prendo certamente con i cittadini ignari che sono stati indotti, se non trascinati fino a Salerno, a manifestare il loro dissenso; ce l’ho con quei sindaci che bardati da fascia tricolore hanno capeggiato la presunta rivolta arrecando, in maniera del tutto irresponsabile, gravi disagi e danni alla città capoluogo. Ma tanti chi se ne frega, paga Pantalone. Con la fascia a tracolla non si scende in strada e non si blocca niente e nessuno, mai; non so se questo semplice assunto i sindaci nostrani riusciranno a capirlo. Tutte le speranze, adesso, sono rivolte all’efficientismo di Si.Sa. (Sistema Salerno) un nuovo software in grado di monitorare struttura per struttura, caso per caso, esigenza per esigenza tutti gli ospedali del territorio, per stabilire il valore qualitativo delle produzioni e dei costi (programma DRG) che, a quel punto, diventeranno inattaccabili. Ma ci vorrà tempo, forse molto tempo ancora, prima che il Si.Sa. produca i suoi primi effetti positivi. Speriamo non sia troppo tardi.
direttore: Aldo Bianchini