Alfonso D’Alessio
Lavorare significa essere schiavi? No, eppure “quante persone, in tutto il mondo, sono vittime di questo tipo di schiavitù, in cui è la persona che serve il lavoro, mentre deve essere il lavoro ad offrire un servizio alle persone perché abbiano dignità”. E’ il grido, sommesso, che Papa Francesco ha lanciato il mese scorso, precisamente mercoledì primo maggio durante l’udienza generale in piazza S. Pietro. Un vescovo di Roma che va giù duro, e con il suo stile diretto focalizza quello che è il vero problema dell’urgenza del momento: l’uomo non è più al centro. Il punto di mezzo è la finanza, l’interesse economico, realtà per le quali tutto è sacrificabile, persino chi è deputato a produrle. Si può immaginare in un simile contesto di trovare, e mettere in pratica, una soluzione alla crisi che imperversa? Francamente parrebbe difficile. Ma è lo stesso rivoluzionario papa, che in realtà è espressione del normale agire della chiesa, a suggerire una possibile via. “Desidero rivolgere a tutti l’invito alla solidarietà, e ai responsabili della cosa pubblica l’incoraggiamento a fare ogni sforzo per dare nuovo slancio all’occupazione; questo significa preoccuparsi per la dignità della persona; ma soprattutto vorrei dire di non perdere la speranza”. Creare occupazione non nasce solo da calcoli economici, bensì dalla capacità di farsi carico degli altri. Adoperarsi per far lavorare equivale, sena mezzi termini, a difendere la dignità della persona. Questo è possibile, e da qui la concretezza dell’invito a non disperare. Se non altro, Francesco smaschera chi specula sul dramma dell’emergenza lavorativa inducendo, i lavoratori, a ritenersi fortunati anche quando schiavizzati. Quanti cassa integrati utili alle aziende per alleggerire il costo del personale, trasformando un ammortizzatore sociale in una collaborazione forzosa della corresponsione salariale da parte dello stato? Quanti licenziati con la scusa della crisi, nonostante i datori di lavoro conservano la stessa mole di lavoro da eseguire? Anche questi sono peccati, e lo sono in modo grave.