NAPOLI – Clamorosa sentenza di primo grado di condanna a carico del quotidiano “Il Mattino”. Contestato l’omesso controllo colposo all’ex direttore Mario Orfeo (attuale direttore del Tg1-Rai) e la “diffamazione a mezzo stampa” per i giornalisti Antonio Manzo, Giuseppe Napoli e Diego De Silva (scrittore della casa editrice Einaudi di Torino). La vicenda è quella del dicembre 2004 quando la redazione salernitana de “Il Mattino” pubblicò un’inchiesta a carico del noto docente universitario Michele Ingenito per la presunta compra-vendita di esami e favori sessuali a pagamento. Obbligo della pubblicazione, a carico del “Il Mattino”, della sentenza mediante apposita inserzione sullo stesso quotidiano. Risarcimento in solido in favore del docente universitario da parte di tutti i condannati.
I fatti
Il Tribunale Civile di Napoli ha condannato in primo grado l’attuale direttore del Tg1-Rai Mario Orfeo e la “Spa Il Mattino”, società editrice del quotidiano napoletano, al pagamento in solido a favore di Michele Ingenito, professore dell’Università di Salerno, a titolo risarcitorio del danno non patrimoniale subito per il reato di omesso controllo colposo nei confronti della campagna stampa scatenata contro di lui nel dicembre 2004 dalla redazione salernitana del suo giornale. Analoga condanna, invece, ma per diffamazione a mezzo stampa, per i giornalisti Antonio Manzo, Giuseppe Napoli e il noto scrittore della Casa Editrice EINAUDI di Torino Diego De Silva.
La sentenza è stata depositata in Cancelleria il 12 aprile 2013.
I fatti si riferiscono ai giorni tra il 7 e 12 dicembre 2004, quando Mario Orfeo, attuale direttore del Tg1-Rai, dirigeva “Il Mattino” di Napoli. La redazione salernitana de “Il Mattino” sparò una incredibile, martellante, virulenta campagna stampa contro presunti scandali a base di esami venduti, sesso a pagamento e concussione ai danni degli studenti nell’Università di Salerno. Sembrava mancasse solo il sigillo di avallo ufficiale della Procura della Repubblica salernitana, tanto straordinari, puntuali e soprattutto sicuri apparivano i report pubblicati da “Il Mattino” per un’inchiesta peraltro coperta da un apparentemente rigido segreto istruttorio. Sorge il dubbio che in Italia, scusateci la parentesi peraltro spontanea, il reato di violazione del segreto istruttorio esista o debba esistere solo per un tal Silvio Berlusconi! Lei è d’accordo, Procuratore Franco Roberti? Glielo sussurriamo non polemicamente, visto che all’epoca dei fatti, al Suo posto, c’era il Procuratore Luigi Apicella! Per i giudici napoletani, intanto, opportunamente edotti e documentati dagli atti difensivi prodotti dal noto Studio Legale PERONGINI, “in quasi tutti gli articoli giornalistici…” emerge “un taglio puramente scandalistico alla notizia, invero non giustificabile neppure in presenza del diritto di cronaca”. Per i giudici del Tribunale Civile di Napoli quel “taglio puramente scandalistico conferito agli articoli (…) e l’utilizzo di espressioni che inducono ad una lettura colpevolista dei fatti portano ad escludere la sussistenza del requisito della c.d. continenza formale della narrazione”. La sentenza è ancora più impietosa e dirompente per un organo di stampa così prestigioso come “Il Mattino”, allorquando assume che: “preordinare la informazione in modo tale da rappresentare al lettore mere ipotesi accusatorie come verità acclarate, rende indubbiamente illegittima l’attività informativa del quotidiano”. Espressioni pesantissime del giudice estensore, che traducono una vera e propria bocciatura circa le capacità de “Il Mattino” di informare nella circostanza l’opinione pubblica in maniera veritiera e corretta. Una bocciatura (almeno in primo grado !!) soprattutto professionale, dispiace dirlo, per gli autori materiali di quella diffamatoria campagna-stampa. Fortunatamente, è il caso di dire, se la sono cavata in sede penale per una probabile e, per molti aspetti, condivisibile strategia difensiva. Questa sentenza civile, sia pure di primo grado, lunga, analitica, approfondita e, soprattutto, documentata, appare inattaccabile. E ciò grazie all’altissima professionalità di un collegio difensivo di tutto rispetto, coordinato da un ex-magistrato della Procura salernitana, noto professore ordinario di diritto amministrativo del nostro ateneo e affermato professionista, il prof. Sergio Perongini. L’intero collegio difensivo da lui coordinato ha di fatto inchiodato la controparte rappresentata dal non meno noto e affermato Studio Legale dell’Avv. Francesco Barra Caracciolo di Napoli. Prove alla mano, documentali, materiali e testimoniali, analisi perfino maniacale degli elementi di prova a discarico del malcapitato di turno, e loro conseguente produzione al Giudice hanno concorso in maniera determinante a questo primo esito favorevole della interessante disputa legale civilistica in corso tra “Il Mattino” di Napoli e la difesa del noto professore universitario salernitano Michele Ingenito. Ma, oltre agli atti difensivi prodotti, ad aggravare ulteriormente, secondo il giudice estensore della sentenza, il quadro delle responsabilità dei giornalisti condannati in primo grado concorrono le stesse prove testimoniali. In particolare quella dell’allora Capo della Digos di Salerno Raffaele Battista, attuale Capo di Gabinetto della Questura di Salerno. In sede di udienza, quest’ultimo ha smentito “Il Mattino” su tutti i punti oggetto di scandalo con una dichiarazione globale resa dinanzi al giudice, che non ha lasciato scampo agli imputati poi condannati. Sempre in sentenza, infatti, si riporta una delle tante affermazioni di quella presunta inchiesta giornalistica, tanto clamorose quanto, alla distanza, rivelatesi fasulle, pubblicate a suo tempo da “Il Mattino” di Napoli : “(…) in quasi tutti gli articoli giornalistici di cui parliamo viene riportato un elemento di indagine circa l’esistenza di un filmato acquisito dalla Digos che cattura la scena del pagamento di una somma di denaro “intascata” da un professore della Facoltà di Economia … in cambio del superamento di un esame universitario: «E’ lì, dietro l’angolo il docente che prende i soldi, li intasca, svolta verso l’aula e il diciotto è bell’è pronto», circostanza la cui fonte ufficiale (leggi l’allora Capo della Digos, N.d.A.) viene smentita in sede testimoniale e volta unicamente a conferire (in uno alle richieste di prestazioni sessuali) un taglio puramente scandalistico alla notizia, invero non giustificabile neppure in presenza del diritto di cronaca”. Alla luce di questi convincimenti, così come espressi dalla documentazione prodotta, potrebbe essere davvero dura per “Il Mattino” di Napoli e per gli attuali condannati ribaltare in appello la sentenza di primo grado. Anzi, stante una serie di ulteriori elementi probatori pesantissimi e di varia natura, finora non utilizzati e che, in un eventuale appello, la Difesa potrebbe essere costretta a produrre nell’ambito di una vicenda volutamente orientata, a suo tempo, nella direzione sbagliata, gli esiti potrebbero essere ancora più clamorosi e devastanti (perché a più ampio raggio), con ulteriori coinvolgimenti dei medesimi e di altri grossi personaggi. Più volte, infatti, il giudice estensore calca la mano allorquando stigmatizza il “taglio palesemente scandalistico conferito agli articoli – “ESAMI TRUCCATI A SALERNO”, “ESAMI VENDUTI, DOCENTI INDAGATI”, “ESAMI, IN UN VIDEO LA SOSPETTA COMBINE”, “ESAMI TRUCCATI. PRIMI NOMI”, “ESAMI TRUCCATI. SPUNTANO VELENI E VENDETTE”, “PRIMA SEVERISSIMI, POI INDULGENTI”, “A SALERNO SESSO IN CAMBIO DELL’ESAME”, “UNIVERSITA’. SESSO E SOLDI PER UN DICIOTTO”, “IL REPORTAGE DELLE MAZZETTE”, “SCANDALO ALL’UNIVERSITA’: ‘FISCIANO, ESAMI E SESSO: GLI SVILUPPI DELL’INCHIESTA DELLA PROCURA DI SALERNO”, “L’INCHIESTA DEL PM PENNA. ESAMI VENDUTI ALL’ATENEO, VERTICE IN PROCURA”, “GLI ESAMI VENDUTI CON IL TEOREMA DELLA TRAPPOLA” (E COSI VIA PER UNA INTERA SETTIMANA CIRCA NEL CLASSICO STILE CAPZIOSO DEL DIRE SENZA DIRE! N.d.A.). Un’infinità di titoli di altrettanti articoli scandalistici riciclati per giorni e giorni, il cui utilizzo, in aggiunta ad altri “sotto il profilo della continenza della narrazione” quali “mazzette”, “libera mazzetta”, “uomini delle mazzette”, “faccendieri”, “appostati”, esprimono per i giudici di primo grado del Tribunale Civile e Penale di Napoli “un giudizio di valore che, se deve considerarsi ingiurioso in caso di condanna definitiva, è ancora più deprecabile nel caso di specie, non essendosi ancora instaurata neppure la fase processuale”. Come a dire: come hanno fatto i giornalisti de “Il Mattino” a dare per scontato fatti correlati ad una indagine giudiziaria in corso? Solo una informazione costante, dettagliata, puntuale degli atti di indagine loro rivelati man mano che venivano fuori potevano dare tanta sicurezza a quei giornalisti, al punto da rischiare (come poi è accaduto, purtroppo !!) una condanna per diffamazione. Certo, tutto ciò aumenta le perplessità per una mancata indagine contro ignoti da parte della Procura della Repubblica sulla fuga di notizie coperte dal segreto istruttorio! Proprio perché la sentenza civile di oggi non era nota ieri al PM di indagine Roberto Penna. Ed è possibile che Mario Orfeo, che autorizzò un suo inviato speciale a recarsi sul posto, non fosse da quest’ultimo puntualmente informato su quel che accadeva? Che non condividesse, quindi, le iniziative del proprio collaboratore? Trasformando, così, in doloso il proprio comportamento di Direttore? Forse questo punto deve essere sfuggito al giudice civile, che ne ha limitato la responsabilità al solo aspetto colposo della omessa vigilanza. Chissà che, in un eventuale secondo grado, il giudice di appello non condivida una tesi tutt’altro che difficile e soprattutto giusta da sposare! Le parole del giudice civile di primo grado suonano, dunque, pesantissime, traducendosi in una forte reprimenda professionale nei confronti dei giornalisti responsabili. I quali, peraltro, fino a prova contraria (vedi sentenza definitiva su questo interessantissimo caso giudiziario), meritano rispetto e considerazione per essere formalmente e sostanzialmente ancora innocenti. Il giudice, però, ci va giù ancora più pesante allorquando afferma, tra l’altro, che gli articoli pubblicati dai giornalisti de “Il Mattino” sono “del tutto privi del fondamentale requisito della continenza formale”. E, ancora, per quanto riguarda gli effetti sul lettore: “… Una notizia, ancorché in sé non falsa, se mutilata, … può assumere un significato idoneo ad indurre effetti conoscitivi falsificanti.”! E’ soprattutto sull’inviato speciale de “IL MATTINO”, che si abbatte la scure colpevolista del giudice civile, sia in termini di diritto, sia, soprattutto, in termini etici e deontologici: “… il fornire le notizie sull’inchiesta giudiziaria in forma non condizionale, la circostanza per cui le espressioni utilizzate affermano fatti e non mere valutazioni e l’assicurare ai lettori come dato certo l’esistenza nelle mani degli inquirenti di un filmato «nitido grazie al digitale» che immortala la scena della consegna della mazzetta da parte dello studente nelle mani del docente che (cfr. articolo pubblicato il 07.12.2004 a firma di Antonio Manzo) «dietro un angolo…prende i soldi, li intasca, svolta verso l’aula e il diciotto è bell’è pronto» e di (cfr. articolo pubblicato il 09.12.04 a firma di A. Manzo «…fotogrammi della Digos acquisiti dalla Procura della Repubblica per un esame ci sarebbero state perfino richieste sessuali» è intenzionalmente ed in modo allusivo narrato dal giornalista proprio allo scopo di indurre il lettore a ritenere l’attore colpevole, ancora prima della conclusione delle indagini”. Dolo di fatto, quindi, dispiace dirlo, da parte di Antonio Manzo (sempre secondo il giudice !!). Questa, più o meno, la ricostruzione dei fatti alla luce della lunga sentenza emessa su questa strana ‘inchiesta’ giornalistica troppo perfetta per essere vera. Tante bombe ad orologeria, insomma, sincronizzate l’una con l’altra, tutte orientate a dimostrare l’assoluta veridicità dei fatti di indagine. Ad esempio, una presunta costituzione di parte civile dell’Università di Salerno a indagini in corso, affidata al Presidente della Camera Penale di Salerno Carmine Giovine, puntualmente pubblicata all’epoca dei fatti da “Il Mattino”, e altrettanto puntualmente smentita – per iscritto e per ben due volte – dai vertici dell’ateneo salernitano. Chi mente allora? Per ora “Il Mattino”, vista la condanna di primo grado da poco intervenuta. L’abito colpevolista cucito su misura addosso al noto e scomodo docente universitario, Michele Ingenito, da bruciare a tutti i costi, come finora dimostrato dal suo difensore Avv. Sergio Perongini, cominciò da subito a sfilacciarsi fino a mettere a nudo il fallimento di un’indagine troppo perfetta per essere vera. Roba che avrebbe dovuto insospettire chiunque e subito, proprio in virtù della storia e della statura etica e culturale del personaggio preso di mira. Avrebbe certamente insospettito, ad esempio, un magistrato inquirente della stoffa di un Alfredo Greco, che, della famosa e sempre più presunta denuncia telefonica anonima non registrata contro il docente avrebbe certamente fatto ‘carta straccia’. Facendo risparmiare allo Stato centinaia di migliaia di euro per altrettante centinaia di ore di intercettazioni video-ambientali, della maggior parte dei quali non è (finora) risultata traccia, nonostante la formale richiesta della Difesa indirizzata a suo tempo all’Ufficio GIP del Tribunale di Salerno. Che l’inviato speciale, e con lui molti altri, sia cascato in una trappola tesagli all’epoca da chi voleva a tutti i costi liberarsi di un docente ormai troppo scomodo dinanzi a inaccettabili compromessi istituzionali che continuavano a danneggiare eserciti di studenti della Facoltà di Economia dell’ateneo salernitano e contro i quali quel docente si batteva durissimamente da anni e in piena solitudine per abolire le scandalose convalide di uffico di un insegnamento per i quali era previsto l’obbligo del corso e dell’esame? Per una potenziale truffa ai danni di centinaia di famiglie che pagavano e pagano fior di tasse per una superiore formazione dei propri figli! Per centinaia di potenziali falsi atteso che le certificazioni inizialmente richieste agli studenti per la convalida sono via via divenute semplici fotocopie di tutt’altro tipo rispetto alla documentazione effettivamente e ufficialmente richiesta? Forse una risposta potrebbe e dovrebbe arrivare dagli Uffici della Procura della Repubblica di Salerno guidata dal dott. Roberti per quesiti fin troppo noti e tuttora sepolti dal silenzio. Non è in gioco una banale disputa tra forze contrapposte dello Stato per le carriere di questo o quello. Ma sono in gioco la credibilità delle istituzioni, il diritto allo studio e alla formazione, peraltro profumatamente pagati dalle famiglie attraverso tasse sempre più salate, la legalità di cui tutti si riempiono la bocca e nessuno la applica quando il terreno è minato e rischia di far saltare teste intoccabili solo perché d’un certo modo incappellate! A proposito, dottor Roberti, potrebbe usarci la cortesia di richiedere l’identificazione mai avvenuta nei verbali di questa stessa indagine diretta dal Pm dr. Roberto Penna di quel certo “prof. Cestaro” che, a dire dei funzionari della Digos dell’epoca, facilitava la discussione di tesi a pagamento “dai tre ai cinque milioni di lire”? Forse erano questi i soldi pagati per superare l’esame a cui si riferiva l’inchiesta de “Il Mattino”? Esami di laurea cioè? Scommettiamo, signor Procuratore Roberti, che quando il cosiddetto “Prof. Cestaro” sarà stato identificato, Lei per primo salterà letteralmente dalla Sua poltrona e capirà perché, probabilmente, non lo hanno coinvolto? Salvando la famosa – AIDE – (questa, sì, identificata dalla Polizia), cioè l’autrice materiale di quelle tesi a pagamento? E fermiamoci qua per ora perché l’elenco sarebbe ancora lungo e non La vogliamo tediare più di tanto. Fu, dunque, questa la ‘colpa del prof. Ingenito? Denunciare da anni tutto a tutti (Organi accademici, Ministero dell’Università e della Ricerca, Procura della Repubblica) fino a che qualcuno decise bene di ‘tappargli la bocca’ una volta per sempre, passando al contrattacco subdolo dei vigliacchi (perché anonimo e al buio tra cappucci ormai noti), facendolo a sua volta denunciare con una telefonata anonima non registrata (sic!) da un presunto studente al locale posto di polizia dell’Università, all’epoca diretto da un cultore della materia presso la Cattedra del prof. Armando Lamberti della locale Facoltà di Giurisprudenza, il vice-commissario di P.S. Luigi Alfano? Al momento non è dato di sapere. Come non è dato sapere come ha fatto il “Mattino” a interpretare e confondere una scena di palpeggiamenti tra una coppia di studenti o comunque di estranei nella stanza del docente -quel giorno assente- e un episodio di masturbazione di un dipendente dell’epoca, per scambi sessuali attribuibili, attraverso l’ignobile gioco verbale del dire ambiguamente pur di orientare il pensiero del lettore nei confronti del docente stesso? Sono quelle, infatti, le uniche scene di sesso reali, di coppia e individuali, riprese dalle telecamere della Polizia scientifica, ufficialmente agli atti di indagine. Che il povero e forse ingenuo o troppo fiducioso inviato speciale sia stato ‘giocato’ da un informatore per lui influente e credibile, interessato più di tutti ad orientare le accuse, mandandolo, così, a colpo sicuro allo sbaraglio? Una vera vergogna, se così fosse, se così è stato. Anzi, una vergogna a prescindere, solo una vergogna per il nostro territorio, per il nostro contesto socio-culturale. Una vergogna pagata, per ora almeno, assai cara dai giornalisti che sono caduti nella trappola dell’onnipresente Grande Burattinaio di lungo corso ormai di stanza a Salerno. Resta, intanto, questa prima lunghissima e dettagliata sentenza (da noi in un certo senso intuita: cfr. Dentrosalerno web, Mario Orfeo al TG1: sì o no?, del 27.12.2010), per una vicenda da sempre sospetta (cfr. Il Quotidiano di Salerno web, Lo scandalo degli esami del 19.7.2012). Una sentenza giunta con più di un anno di inutile ritardo. Il giallo Come tutti i casi complessi e misteriosi, o indigesti, anche questa vicenda giudiziaria civile si è tinta più volte di giallo. Il 15 gennaio 2012 la prima volta, giorno dell’udienza conclusiva. Udienza rinviata al maggio successivo per la impossibilità dei competenti Uffici di Cancelleria di rintracciare quella mattina e trasmettere al giudice civile il voluminoso fascicolo processuale. E, per la seconda volta, il 17 maggio 2012. Anche allora la Cancelleria Civile della 3a sezione del Tribunale di Napoli non fu in grado di ritrovare il fascicolo da consegnare al Giudice per l’udienza conclusiva. L’avv. Marino Perongini fu costretto allora a predisporre un esposto immediato al Giudice Civile con la contestuale richiesta della sua trasmissione al Procuratore della Repubblica di Napoli. Evento rientrato in quanto, l’indomani dal mancato ritrovamento, San Gennaro benedicente, i funzionari di quella Cancelleria civile ritrovarono come per incanto il sempre più misterioso fascicolo processuale tornato, così, miracolosamente alla luce. Tutto rinviato, intanto, e per la seconda volta, al 20 novembre 2012 per l’udienza conclusiva. Finisce qui? Manco per idea. Non c’è mai due senza tre. Anche il 20 novembre 2012, infatti, un folletto malvagio, forse un fantasma della Napoli-bene e potente, rese nuovamente invisibile il sempre più voluminoso fascicolo agli occhi dei malcapitati funzionari della Cancelleria della 3° Sezione Civile del Tribunale di Napoli. Niente fascicolo, niente udienza. Niente udienza, niente sentenza! Per la terza volta e per un giallo-DOC alla Agata Christie! Questa volta, però, non credendo ai fantasmi, ci fu qualcuno della Difesa che puntò i piedi per terra, ‘minacciando’ di non abbandonare gli Uffici di Cancelleria della 3° sezione civile del Tribunale di Napoli se non a fascicolo ritrovato. Nella circostanza, rintracciata telefonicamente dallo Studio Barra Caracciolo, difensore de “Il Mattino”, dovette precipitarsi negli Uffici della Cancelleria una giovane legale della Difesa del quotidiano napoletano, la quale, in barba ai funzionari addetti al servizio di Cancelleria, ridette corpo e forma al misterioso fascicolo-fantasma, rintracciandolo a colpo sicuro in uno degli angoli di quella stessa Cancelleria, in men che non si dica.
Conclusioni
A parte questi episodi coloriti (forse non troppo !!), la sentenza-ORFEO di primo grado rende intanto giustizia, dopo sei anni di udienze, rinvii e smarrimenti di carte. Certo, fossimo stati in America o in Paesi più avanzati, “Il Mattino” di Napoli avrebbe dovuto probabilmente vendersi la sede storica di Via Chiatamone per soddisfare il proprio debito. Resta, naturalmente, l’appello e noi siamo assolutamente garantisti. Perché solo in caso di sentenza definitiva Antonio Manzo, Giuseppe Napoli e Diego De Silva– e, per motivi diversi l’altro condannato Mario Orfeo, attuale Direttore del TG1, potranno essere considerati dei “diffamatori”. Per noi, infatti, sono e restano innocenti, fino all’ultimo grado di giudizio!
Caro Michele, ti conosco giovanissimo e, ancorché io sia un po’ più anziano di te, ho avuto modo di conoscere approfonditamente la tua indole, la tua onestà, il tuo attaccamento alla professione. Soprattutto conosco la tua severità nei confronti di te stesso. La prova l’ebbi quando, sulla spiaggia di Castiglione, ti rimproveravo, perché stavi rompendo con quella bellissima ragazza del “Caleidoscopio”, e tu mi dicesti: “Salvatore, altro che to be or not to be; non so se lo farò, ma se lo farò, sarà solo perché le voglio troppo bene. Io sono di fronte ad una scelta molto difficile; non posso sposare lei e l’Università; sarei un imbroglione, un ingannatore, un impostore. L’insegnamento all’Università è una cosa troppo seria, troppo impegnativa, e abbisogna di una presenza continua, … a senso unico. Il mio carattere mi vieta di rendere infelice una così dolce sposa; e i figli che da noi nascerebbero”.
Un uomo, ormai prossimo a entrare nei ruoli della scuola, che rinuncia a ciò che di più bello può dare la vita, una deliziosa e stupenda compagna, con quasi certi ben curati figli, per intraprendere correttamente un’altra professione, non può e non poteva e non ha potuto nemmeno concepire quei misfatti.
Caro amico, se non fanno appello i tuoi denigratori, per i quali non uso aggettivi (eppure, uno l’ho conosciuto onesto giovane, maestro elementare lui, e io professore al suo paese natio; la politica l’ha guastato), devi farlo tu, perché, a quanto ho potuto capire, meritano ben altri castighi. Cristo, dalla croce, ha detto: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. Questi sapevano bene quel che facevano. Ergo, non sei tenuto a perdonare tu, che non sei il Figlio di Dio.