“L’arretramento delle spiagge è un danno ambientale sociale ed economico frutto di anni di interventi errati lungo la linea di costa che si sono sommati al dilagante abusivismo nelle zone costiere e demaniali, al tombamento e sbarramento di corsi, torrenti ed alvei che hanno impedito l’apporto di sabbie per i litorali con effetti sull’economia degli stabilimenti balneari. Condividendo l’allarme del Sindacato Italiano Balneari (SIB) è necessario monitorare gli effetti, anche indotti in altri punti della linea di costa, delle opere realizzate. Il problema è che la Regione Campania non si è ancora dotata del Piano delle Coste, strumento non solo obbligatorio, ma soprattutto indispensabile a valutare quali siano le opere effettivamente idonee a contrastare l’erosione, prevenendo le interferenze determinate da interventi rigidi sulla costa (porti, barriere soffolte, pennelli, urbanizzazione selvaggia, ecc.). “ In una nota Anna Savarese , vicepresidente regionale Legambiente rilancia l’allarme sull’erosione delle spiagge che colpisce Napoli e le principali località balneari della nostra regione. Secondo uno studio di Legambiente che ha elaborato informazioni qualitative e quantitative, sia in termini assoluti che nel confronto all’interno di un arco temporale che va dal 1988 al 2011, sono stati cancellati ben 29 km di litorale, pari al 16% dell’urbanizzazione avvenuta in 2000 anni di storia. Su un totale di 360 km di costa, da Sapri a Baia Domizia, escluso le isole, oltre la metà del territorio, precisamente 181 km, risultano trasformati, di questi, 28 sono occupati da opere infrastrutturali, sono 51 i km di paesaggi urbani ad alta densità, 102 i km di costa occupata da insediamenti con densità più bassa, mentre solo 17 km possono considerarsi ancora paesaggi agricoli. All’assalto del cemento sono sfuggiti solo 162 km di litorali, ma la ragione della loro salvezza risiede nel profilo roccioso e nella loro peculiare morfologia che rende complicata l’urbanizzazione. Sono diversi gli ambiti costieri a rischio, come tra Caprioli e Marina di Ascea, tra Marina di Casal Velino e Acciaroli, tra Agropoli e Torre Piacentina o l’area del lago di Patria, solo per citarne alcuni. Su queste aree, occorrerà nel prossimo futuro fermare in ogni modo ogni ulteriore avanzamento del cemento per tutelare i paesaggi agricoli e naturali in tutta la regione e difendere le coste da fenomeni connessi al consumo di suolo quali il dissesto idrogeologico e l’erosione costiera. “Davanti a questi numeri- conclude Anna Savarese di Legambiente – è assurdo ed insostenibile il Grande Progetto “Interventi di difesa e ripascimento del litorale del Golfo di Salerno” della Regione Campania proposto dalla Provincia di Salerno a valere sui Fondi Strutturali per 70 Milioni di euro. Un progetto improntato sui cosiddetti “pennelli” e “barriere soffolte” che oramai da anni sono ritenuti inadeguati sia in termini di efficacia che di impatto ambientale, economico e sociale. Senza considerare le ulteriori ferite inferte ai territori interni dalle cui cave dovranno essere estratti i megablocchi calcarei per realizzare le opere previste dal Grande Progetto che sono destinate ad alterare i fattori meteomarini e a determinare un peggioramento della qualità delle acque e la proliferazione di alghe, tra cui anche la Ostreopsis ovata, tristemente nota come “alga tossica”. Tutto ciò a discapito del turismo balneare e, in generale, della attività produttive legate al mare, a partire dalla pesca. “
direttore: Aldo Bianchini