Antonio Citera
Ecco le ragioni dell’incostituzionalità della Revisione della Geografia Giudiziaria.
L’Associazione nazionale avvocati italiani tramite il suo Presidente Maurizio De Tilla, ha scritto una lettera aperta al Ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, che si è appena insediata, illustrando le ragioni di incostituzionalità della normativa sulla revisione della geografia giudiziaria, sollevate con dodici ordinanze dai Tribunali.
Ecco il testo integrale:
Ill.mo Ministro,
Le sottopongo questo mio contributo per illustrarLe le evidenti le ragioni di incostituzionalità della normativa sulla revisione della geografia giudiziaria. 1. Anzitutto si è rilevato che “l’art. 1 secondo comma della legge n. 148 del 10 settembre 2011 (in Gazzetta Ufficiale n. 216 del 16 settembre 2011), con la quale è stato convertito, con modificazioni il decreto legge n. 138 del 13 agosto 2011, è una norma eterogenea ed “intrusa”. La normativa sulla riorganizzazione della “distribuzione” sul territorio degli uffici giudiziari, che comporta la sostanziale soppressione di 1000 uffici giudiziari su 1400, è stata introdotta per la prima volta in sede di conversione, senza che il decreto legge convertito riguardasse la materia e senza che sia stata ripetuta la dichiarazione di straordinaria necessità ed urgenza. Inoltre, la norma “intrusa ed eterogenea” non ha direttamente disciplinato la materia, in quanto la riorganizzazione territoriale degli uffici (che ha comportato una vera e propria strage di uffici giudiziari) è stata ulteriormente delegata al Governo. Il Decreto Legge n. 138/2011 e l’art. 1 comma 2 della legge di conversione n. 148/2001 sono, quindi, in contrasto con gli articoli 70, 76 e 77 comma 2 Cost. La questione di incostituzionalità è più che fondata e può ricavarsi esplicitamente da una recente sentenza della stessa Corte Costituzionale, la n. 22 del 16 febbraio 2012. Il giudice delle leggi ha così testualmente affermato: “La semplice immissione di una disposizione nel capo di un decreto legge oggettivamente o teleologicamente unitario non vale a trasmettere, per ciò solo, alla stessa il carattere di urgenza proprio delle altre disposizioni, legate tra loro dalla comunanza di oggetto o di finalità. Ai sensi del secondo comma dell’art. 77 Cost., i presupposti per l’esercizio senza delega della potestà legislativa da parte del Governo riguardano il Decreto Legge nella sua interezza, intero come insieme di disposizioni omogenee per la materia e lo scopo. L’inserimento di norme eterogenee all’oggetto e alla finalità del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell’urgenza del provvedere ed i provvedimenti provvisori con forza di legge, di cui alla norma costituzionale citata”. I giudici costituzionali hanno escluso che il Parlamento possa utilizzare un procedimento legislativo di conversione in legge di un decreto legge per inserire contenuti normativi non aventi gli stessi presupposti di necessità ed urgenza dell’originario provvedimento. Vi è conferma dell’illegittimità della legge nel Dossier della Camera dei deputati n. 317 dell’8 settembre 2012, e segnatamente nel Parere reso dallo stesso Comitato per la legislazione nella seduta dell’8.9.2011, proprio con riferimento al testo della legge 148/2011, con il quale è stato chiesto che siano soppresse le disposizioni di cui ai commi da 2 a 5. volte a conferire una delega al Governo in materia di riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari – in quanto non appare corrispondente ad un corretto utilizzo dello specifico strumento normativo, rappresentato dal disegno di legge di conversione di un decreto legge, l’inserimento al suo interno di una disposizione di carattere sostanziale, in particolare se recante disposizioni di legge, integrandosi in tal caso una violazione del limite di contenuto posto dall’art. 15, comma 2, lett. a) della legge n. 400 del 1988”. In altri termini si denuncia che è stato posto in essere dal legislatore un vero e proprio stravolgimento dei procedimenti di produzione di atti aventi forza di legge, indicati nella Costituzione, che sono stati disattesi per giustificare esigenze certamente diverse da quelle di straordinaria necessità ed urgenza che, invece, sono le sole che legittimano il ricorso al decreto legge, che non può per altro comprendere una legge delega. Analogo profilo di illegittimità è stato denunciato dai Presidenti della Repubblica. Ultima in ordine cronologico la lettera inviata nel febbraio 2011 dal Presidente Giorgio Napolitano ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio in relazione all’approvazione di legge di conversione che riscrivono decreti legge. 2. Ma vi una ulteriore palese illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2 e segg. della legge di conversione n. 148/2011, per violazione degli artt. 70 e 72, commi 1 e 4, Cost. È infatti risaputo che l’art. 72, comma 4, Cost. impone per i disegni di legge di delegazione legislativa il ricorso alla “procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera che, ai sensi del primo comma della norma, consiste nel previo essere in Commissione (sede referente) e successivo passaggio in Aula, dove il disegno viene approvato “articolo per articolo e con votazione finale”. Nel caso in esame il Governo ha presentato al Senato un “maxi emendamento” alla legge di conversione del decreto legge n. 138/2011 contenente, tra l’altro, la normativa sulla revisione della geografia giudiziaria, ponendovi la questione di fiducia. Nel detto emendamento è stato stravolto il testo del decreto legge originario, è stato modificato il titolo dell’originario disegno di legge ed è stata introdotta la delega al Governo in tema di geografia giudiziaria . E ciò senza alcuna discussione né in Commissione né in Aula . Dal resoconto della seduta della Commissione Bilancio del 7.9.2011 emerge inconfutabilmente come il “maxi emendamento” sia stato presentato in Aula per la discussione senza previo passaggio nella competente Commissione in sede referente (Giustizia), ivi sia stato votato unitamente alla fiducia e sia stata successivamente trasmesso alla sola Commissione Bilancio per il parere circa i profili di copertura finanziaria. Il procedimento così delineato viola le previsioni dell’art. 72, 1 comma Cost. in tema di legge ordinaria e si risolve, altresì, nella violazione dell’art. 72, comma 4, Cost., che impone l’iter ordinario per i disegni di legge contenenti deleghe legislative al Governo. Sul punto si era già espresso il Presidente della Repubblica Ciampi, in occasione del suo messaggio di rinvio alle Camere della legge delega sulla riforma dell’ordinamento giudiziario (16 dicembre 2004). Lo strumento della legge delega appare incompatibile con la sussistenza dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza che appaiono implicare l’immediata applicabilità del provvedimento normativo, non solo dal punto di vista formale, ma anche sostanziale ovvero dalla sua effettiva idoneità a disciplinare le situazioni sostanziali ovvero della sua effettiva idoneità a disciplinare le situazioni sostanziali oggetto dell’intervento normativo, che nel caso della legge delega è invece rinviato al momento dell’adozione del decreto legislativo. Nel rispetto della legge delega, la potestà normativa primaria del Governo va esercitata in osservanza delle forme e dei limiti previsti dagli articoli 14 e 15 della legge 23 agosto 1988 n. 400. Nello specifico, per quel che qui rileva, viene in evidenza l’art. 15.2. a) della predetta legge; secondo cui “il Governo non può, mediante decreto legge, conferire deleghe legislative ai sensi dell’art. 76 della Costituzione. È evidente che l’art. 15.2. a) della legge n. 400/1988 costituisce attuazione immediata e diretta dell’art. 71 l. Cost. che vuole che siano le Camere a delegare il Governo – e non il Governo a delegare se medesimo – all’emanazione di decreti legislativi aventi valore di legge ordinaria. Ma vi è di più. Il conferimento di deleghe legislative in sede di decreto legge costituisce un’intrinseca e palese contraddizione rispetto alla straordinaria necessità ed urgenza che del decreto legge costituisce il necessario presupposto. 3. Risulta, altresì, violato l’art. 81 dell’art. 1 c. 2 della legge 148/2011. La revisione della geografia giudiziaria comporta fortissimi oneri di spesa da parte dello Stato con aggravi della finanza pubblica.La riorganizzazione territoriale degli uffici giudiziari comporterà costi enormi e nessun vantaggio sull’efficienza della giustizia. La legge delega non dà alcun conto di tali aggravi di spesa. 4. Sussiste, infine, la violazione degli artt. 3, 24 c. 2 e 111 c. 2 Cost. perché la revisione della geografia giudiziaria (31 Tribunali minori e tutte le 220 Sezioni distaccate) rende difficoltoso l’esercizio del diritto di difesa e della tutela giurisdizionale e ciò sia nella considerazione assoluta di tali diritti, sia in relazione alle condizioni di parità. In numerosi casi risultano violati i principi di accessibilità del presidio giudiziario, di omogeneità della domanda di giustizia, di riequilibrio dell’offerta di giustizia. Risultano altresì palesemente violati i principi costituzionali di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e di solidarietà (art. 2 Cost.). Nell’emissione del decreto legislativo il Governo ha omesso ogni valutazione della specificità territoriale e della situazione infrastrutturale disattendendo palesemente le direttive del legislatore delegante sulla necessità di valutare sulla base di criteri obiettivi ed omogenei la totalità degli aspetti dallo stesso Legislatore delegante prescritti, sottraendosi così al procedimento logico che da quelle direttive avrebbe dovuto seguire. Da ciò ne è seguita una violazione delle attribuzioni del Parlamento poiché il Governo, pretermettendo alcuni dei principi e criteri direttivi fissati dalla legge delega, si è autoinvestito del potere, ad esso non spettante, di modificare o scegliere i principi e criteri direttivi entro i quali, a termini dell’art. 76 Cost., il legislatore delegante aveva inteso delimitare l’esercizio della delega ad esso conferita .