di Barbara Filippone
Giorni particolari questi nel nostro paese…densi di aspettative, di nuove leggi che possano in qualche maniera mettere una pezza ai tanti problemi che come una morsa sembrano stringere il collo degli italiani, poveri noi! Credo che a questo punto sia fondamentale una riflessione in questi giorni “caldi” di avvenimenti e di eventi: così non è un caso che inizi col riportare una frase che il Sindaco di Palermo Leoluca Orlando ha fatto entrando nella chiesa in cui si sono celebrati i funerali di Agnese Borsellino, la vedova del Magistrato ucciso dalla mafia nel luglio del 1992: “Ha senso combattere i mafiosi che sparano se non si combattono i loro mandanti politici?” È questa, infatti, la domanda polemica che “La signora Borsellino – ha detto Orlando – ha continuato a chiedere, con la pacata e civile fermezza che ha contraddistinto tutta la sua vita, verità e giustizia per la morte del suo compagno. Ha continuato a battersi, scontrandosi contro inaccettabili silenzi e omertà di Stato, perché sia fatta luce e siano colpiti i responsabili della ignobile trattativa fra Stato e mafia che ha portato alla morte di Paolo Borsellino.” Da qui, la domanda polemica del Sindaco. “Una domanda – ha detto – che è uno stimolo a non fermarci e a continuare a chiedere che verità e Giustizia siano finalmente fatte.” Resta per noi una guida e uno stimolo il ricordo della sua straordinaria personalità e dignità. Una donna che con la sua presenza a fianco di Paolo e poi continuando a portare questo dolore nella sua ricerca di giustizia e verità rappresenteva quella fetta di popolo siciliano il cui impegno nella lotta alla mafia è reale e vivo. Questa consapevolezza cozza naturalmente con tutta la storia che ha legato Orlando a Falcone… «Seguirono mesi di lunghe dichiarazioni e illazioni da parte di Orlando, che voleva diventare l’unico paladino antimafia», ha scritto Maria Falcone in “Giovanni Falcone, un eroe solo” da lei scritto di recente per Rizzoli . Una storia che adesso riemerge con tutta la sua vitalità alla vigilia dell’anniversario della morte di Falcone prima e di Borsellino dopo. Io non mi sono fatta un’idea precisa nè di Orlando e di quello che ha sempre sostenuto, nè dell’alone di sospetto che potesse gravare sulla testa di Falcone… perché è certo che entrambi abbiano fatto della propria vita qualcosa che li facesse stare bene; per Orlando si parla di tradimento orribile nei confronti di Falcone, il quale dal canto suo, difendendosi affermava : “Se Orlando sa qualcosa faccia i nomi e i cognomi, citi i fatti, si assuma la responsabilità di quel che ha detto, altrimenti taccia. Non è vero che le inchieste sono a un punto morto. È vero il contrario: ci sono stati sviluppi corposi, con imputati e accertamenti». Così ad aggiungere dolore su dolore, oggi giunge la notizia della morte di Andreotti, l’amico dei mafiosi, almeno da quello che dicono le carte giudiziarie, fino al 1980. La verità nessuno la conosce, il resto non si sa… Resta il bene che hanno fatto Giovanni Falcone e Paolo Borsellino con le loro inchieste; resta l’impegno del sindaco Orlando in questa nuova esperienza di amministrazione nella città di Palermo che cerco di seguire perchè il principale obiettivo di un sindaco è il perfetto e costante funzionamento di un ingranaggio, quale la Pubblica Amministrazione, che trova intoppi ogni giorno; che tra questi ingranaggi possano esserci compromessi che rappresenterebbero il pregio dei mediatori, a noi cittadini ignari non ci è dato sapere… Sui social network, post, offese, giudizi, illazioni ne ho letti un’infinità, ma com’è giusto che sia in una democrazia; riesco a convincermi di una cosa per poi un attimo dopo trovarne la smentita… e ritrovo fra i ricordi un nome, quello di di Pietro Scaglione, che il 5 maggio del 1971, io non ero ancora nata, veniva assassinato a colpi di mitra, lui che aveva rappresentato fino a quel momento il Procuratore della Repubblica che aveva coraggiosamente denunciato mafiosi e collusi e che aveva sostenuto che la lotta alla mafia doveva inevitabilmente passare attraverso le stanze dei politici. Idea che ha caratterizzato da quel momento la consapevolezza che la lotta alla mafia dovesse partire proprio da lì. Ma non è finita, perchè il sei gennaio 1980 il piombo politico-mafioso ferma Piersanti Mattarella: “Già negli ultimi mesi del 1979 Mattarella si era reso pienamente e drammaticamente conto che la propria sorte, la propria vita, erano strettamente intrecciate all’evoluzione dei rapporti di forza tra politica e mafia e al peso che all’interno del suo partito avevano quegli uomini che – secondo lui – ‘non facevano onore al partito stesso’ e che ‘bisognava eliminare per fare pulizia’.” Unica verità che ci è data sapere e che dobbiamo accettare è che noi, attori e spettatori di un sistema di corruzione, vittime e protagonisti del compromesso anche per la sola ricerca di un lavoro, possiamo essere in grado di sconfiggere un sistema che deve cambiare dal basso, che deve partire da noi cittadini, che non dobbiamo piegare la testa, che dovremmo, e qui il condizionale è d’obbligo, gridare con tutte le nostre forze “NOI NO”, prendendo in prestito il titolo di una canzone del mitico C. Baglioni. Noi con la nostra fierezza di portatori sani di onestà dovremmo poter bloccare un sistema corrotto e manifestarlo nella vita di tutti i giorni e non solo nei giorni commemorativi e celebrativi di nomi illustri che hanno dato alla nostra terra un contributo insostituibile e fonte di inesauribile fierezza .
E’ utopia o realtà?
Di fatto nessuna verità!