Da uff.stampa vice ministro Vicenzo De Luca
ROMA – Dal neo Vice Ministro alle Infrastrutture e Trasporti Vincenzo De Luca una riflessione sugli obiettivi futuri del PD
È profondo il senso di umiliazione e sconcerto avvertito dalla nostra gente di fronte al disastro politico delle scorse settimane. Noi dobbiamo, in primo luogo, recuperare il rispetto dei nostri elettori e dei tanti militanti, che in tutto il paese lavorano e combattono, spesso in silenzio e del tutto ignorati. Va ricostruito rapidamente un clima di fiducia. Si è formato il governo Letta. Occorre sostenerlo nelle risposte alle emergenze economico-sociali, e stimolarlo sulle riforme. A partire da quelle istituzionali più urgenti. È un governo di scopo, che dovrà affrontare la recessione, favorire un accordo sulla nuova legge elettorale, per ristabilire una normale dialettica politico-parlamentare. Ma, senza un partito rilanciato, e forte di una sua identità chiara, il PD può rischiare di trovarsi alla fine in un vicolo cieco. Questi sono i primi obiettivi.
Smantellare le correnti e il “correntismo”.
Siamo diventati, nel corso degli anni, una confederazione di feudi. Questa è non la democrazia interna, ma la sua negazione. I gruppi dirigenti, le rappresentanze sono spesso frutto di una “selezione negativa”. Conta non il merito, la militanza, il risultato del lavoro, ma la tutela del capocorrente. Occorre un partito di donne e uomini liberi, e non timorosi della propria libertà. Non ci sono ricette preconfezionate. Il pluralismo è vitale. Ma quella del correntismo è sicuramente una pratica disastrosa, di cui liberarsi.
Partire dai territori.
L’insieme del gruppo dirigente nazionale – al contrario di come è oggi – deve essere costituito da forze che siano espressione dei territori. La nostra risorsa più grande è quella di migliaia di amministratori e dirigenti locali. È da qui, dalla terra, che deve partire la formazione del gruppo dirigente nazionale. Non è più accettabile la separazione totale fra chi ha incarichi nazionali di direzione, e chi nelle città, nei quartieri, nei luoghi di lavoro e della formazione si carica la fatica della militanza, della conquista quotidiana e difficile del consenso. La stessa agenda politica del PD, al netto dei temi europei e internazionali, deve essere dettata in modo sostanziale dai problemi dei territori.
Un programma chiaro.
Abbiamo, ancora oggi, su alcuni temi cruciali posizioni vaghe, e comunque non percepite con nettezza. Solo qualche esempio. Il rapporto con i ceti professionali rimane di grande sofferenza. Sulla questione giustizia – garantita la piena autonomia della magistratura – occorre, per il resto, realizzare una svolta profonda in termini di equilibrio dei poteri e di tutela delle libertà individuali. Il Sud è scomparso, abbandonato ad una crescente devastazione sociale e civile, con interi territori sottratti allo Stato, con una disoccupazione giovanile drammatica e a cui non diamo speranza. Non si vede una linea forte di sburocratizzazione radicale del nostro paese. Semplificazione e sviluppo viaggiano insieme. Occorre eliminare l’ottanta per cento dei controlli preventivi della Pubblica Amministrazione (siamo il paese che ha più controlli preventivi e più abusivismo successivo). Occorre dare risposte forti fin dai primi mesi della nuova legislatura: superare il bicameralismo inconcludente, riformare la legge elettorale. Riusciamo a dire, in modo chiaro, che le Province si cancellano?… Sono solo alcuni dei tanti nodi rimasti insoluti e da sciogliere in maniera chiara.
Dare un’anima al PD
Il PD è apparso, fin dall’inizio, più una confluenza di esperienze consumate, che un partito del mondo nuovo. Occorre liberarsi davvero dell’idea di un partito “transitorio”, di una costruzione irrisolta. Il PD può essere il soggetto politico che mette fine alla lunga storia del trasformismo italiano; che promuove, insieme, il rinnovamento economico-sociale, la modernizzazione dello Stato e la riforma morale del Paese. È un partito della sinistra europea, che assume come riferimenti ideali i valori più vivi della sinistra storica italiana, le esperienze ricche del cattolicesimo democratico, i valori di laicità e di senso dello Stato della tradizione liberale. Occorre ripartire da questa impegnativa e forte sintesi di cultura e valori per ridare un’anima al PD e recuperare il senso di una funzione storica.
Cambiare tutto.
Nessuno si illuda. Noi siamo in una situazione drammatica. Non abbiamo più molto tempo. Nessuno immagini di perdersi nelle piccole diplomazie, tutte interne. C’è bisogno, anche per noi, più di ritrovare i valori fondamentali, che di coltivare logiche curiali. Non ci salveremo se non offriremo al Paese – e se non avvieremo nei fatti – una svolta profonda: nel programma, nel linguaggio, nell’organizzazione, nello stile. Dobbiamo liberarci della nostra “presunzione di superiorità”, spesso contraddetta da tanti nostri comportamenti. Dobbiamo scuoterci subito, e uscire dalla palude del centralismo burocratico. Il prossimo congresso dovrà apportare conseguenti e coerenti modifiche statutarie, per affermare un modello di partito a forte sovranità territoriale. Una più chiara distinzione ed autonomia fra ruoli istituzionali ed incarichi di partito va affermata a tutti i livelli, a partire dalla non automatica coincidenza fra figura del candidato premier e segretario del partito. L’obiettivo è la ricostruzione di un partito snello, vivo, moderno, capace di concretezza, e ricco di militanza e di entusiasmi collettivi. F.to: Vincenzo De Luca