Aldo Bianchini
SALERNO – Anche se non si vede il rischio c’è e come. La Centrale del Latte, antico vanto della Salerno che fu, è tuttora sotto l’incubo della vendita ai privati. Sebbene il sindaco Vincenzo De Luca abbia fatto una sostanziale marcia indietro, dichiarando di voler mantenere sotto il controllo pubblico la maggioranza del pacchetto azionario, l’arrivo dei privati potrebbe, comunque, portare uno scompiglio destabilizzante ed una secca perdita di posti di lavoro. Del resto la stessa farneticante affermazione del sindaco, sul modello di Pietro Ichino, “”salverò i posti di lavoro ma non tutelerò i nullafacenti”“ la dice lunga su cosa potrebbe accadere all’interno della società partecipata salernitana nel prossimo futuro. Il sindaco nelle sue “ben interpretate” esternazioni alla maniera del mitico-odiato Valletta (Fiat anni ’50) dimentica cos’era e cosa è stata la Centrale del Latte di Salerno tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 quando lo stabilimento era situato a Torrione ed occupava gran parte dell’attuale Piazzetta Nicotera. Lui, il sindaco, abitava sul Carmine e non poteva mai immaginare che per noi ragazzi di Torrione la centrale era una specie di totem economico-culturale in una zona della città che si stava affacciando alla modernità e muoveva i primi timidi passi verso l’era della cementificazione selvaggia. Le condizioni socio-economiche della gente di Torrione non erano delle migliori e “noi ragazzi del quartiere” molto spesso andavamo nei frutteti a raccogliere arance e mandarini e qualche volta anche a prelevare dalle finestrelle, quasi sempre con i vetri rotti, della centrale le bottigliette di latte che correvano baldanzose sul nastro trasportatore del settore imbottigliamento che dava proprio su Via Torrione. Non c’era alcun reato, nessuno intendeva rubare niente a nessuno, era soltanto uno scambio quasi dovuto da parte sia della centrale che dei proprietari terrieri verso i “nuovi arrivati” che incominciavano a popolare una zona prevalentemente agricola. Poi la colata di cemento invase i frutteti e determinò anche la delocalizzazione della centrale tra S. Leonardo e Fuorni, ma il ricordo e il mito del totem è rimasto fino ai nostri giorni. E’ vero che non si vive di ricordi e che la globalizzazione non ha pietà per niente e per nessuno ma un sindaco queste cose dovrebbe percepirle e capirle prima di tutti gli altri cittadini. Alcuni luoghi simbolo della città andrebbero gelosamente preservati da qualsiasi tipo di invasione per tramandare le radici, gli usi e i costumi di una interna popolazione. Perchè, per esempio, non creare nella Piazzetta Nicotera (da tempo assolutamente abbandonata al degrado) una specie di plastico riproducente la centrale del latte dell’epoca ? Sembra una banalità ma l’iniziativa costerebbe poco e darebbe nuova dignità all’intera zona.