LATITANZA DELLA RAGIONE

Alfonso D’Alessio

In questo strano tempo nel quale tutto sembra sfuggire alla logica più elementare, dove tutto e il contrario di tutto rischia di diventare lecito purché sia sostenuto da una maggioranza, seppure virtuale e ideologizzata, tocca assistere alla trasformazione in torturatori di chi si batte contro l’aborto. Cioè, vale la pena di ripeterlo per chi del raziocinio fa ancora uso e avrebbe in tal modo la sensazione di non aver capito, chi opera nei centri di difesa della vita, di sostegno alla vita nascente, coloro i quali sostengono che la vita anche quella che è nel grembo va tutelata, e magari tentano di convincere le future madri a desistere dal proposito abortivo, deleterio anche per loro, ebbene questi sono torturatori. Non si osa immaginare per cosa possano essere identificati i medici obiettori, secondo questa logica meriterebbero di essere passati per le armi. Ad affermarlo non è l’avventore di un’enoteca che a tarda sera, per aver ecceduto nel bere del buon vino, si ritrova alticcio, ma è l’Onu che tra gli esempi di violazione ai cosiddetti diritti riproduttivi, cita “il rifiuto dei servizi sanitari legalmente disponibili, come l’aborto e la cura post-aborto”. Non praticare un aborto sarebbe dunque una forma di tortura inflitta ad una donna. Lorenzo Schoepflin giovane ingegnere meccanico, con lucidità unica scrive in un articolo quanto segue: Si pretenderebbe forse troppo se si chiedesse che un’istituzione come l’Onu, in seno alla quale alcune lobby vorrebbero che l’interruzione volontaria di gravidanza venisse catalogata tra i diritti legati appunto alla salute riproduttiva parlando come se già fosse così, definisca tortura ciò che lo è veramente? Ad esempio proprio l’aborto, che infligge dolore e morte ad un essere umano innocente ed indifeso e lascia un vuoto incolmabile e doloroso nel grembo e nel cuore materno. Ma, almeno, sarebbe auspicabile che la logica delle cose non fosse completamente sovvertita, fino ad arrivare a definire implicitamente i migliaia di obiettori di coscienza come dei perfidi torturatori. A noi non resta che esclamare ancora una volta “cose dell’altro mondo”, intendendo per altro mondo non certo il Paradiso, dove senza ombra di dubbio la vita è rispettata.

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