Omicidio di Fausto e Iaio. A 35 anni di distanza, parla la sorella.

 

Da Nuccio Franco (giornalista freelance)

Milano, 18 marzo 1978, una sera di fine inverno come tante. Alle 19.30 due ragazzi si incontrano in una sala biliardo, poi si avviano verso casa. Nel locale tre personaggi mai visti prima.

Uno di essi è Massimo Carminati, legato alla destra eversiva romana e alla Banda della Magliana; le sue frequentazioni all’interno dei Servizi lo rendono un personaggio ambiguo, accusato dell’omicidio Pecorelli e del depistaggio sulla strage alla stazione di Bologna.

Gli altri due rispondono al nome di Claudio Bracci e Mario Corsi.

Sono loro i maggiori indiziati dell’assassinio di Fausto e Iaio, freddati all’altezza di Via Mancinelli con otto proiettili calibro 7,65: un’esecuzione. Sono le 19.55, per strada nessuno.

Indiziati, dicevamo, ma non colpevoli.

Infatti, nel decreto di archiviazione emesso il 6 dicembre 2000 dal GUP, Clementina Forleo, si legge testualmente che “pur in presenza di significativi elementi indiziari a carico degli indagati, appare evidente la non superabilità in sede processuale di tale limite indiziario”.

Ancora una volta nessun responsabile in quell’Italia dei misteri e degli opposti estremismi forse troppo distratta dal rapimento Moro avvenuto due giorni prima da parte delle BR.

A trentacinque anni di distanza, ci si chiede ancora: perché Fausto e Iaio?

Nelle ore immediatamente successive all’omicidio la versione degli inquirenti fu che si sarebbe trattato di un regolamento di conti nel mondo dello spaccio o della sinistra eversiva. A sostegno della prima tesi, a nostro avviso poco verosimile, la circostanza che i due stavano redigendo un libro bianco sullo spaccio nel quartiere Lambrate Città Studi attraverso delle interviste; quanto alla seconda, c’è da sottolineare che i due non erano militanti. In particolare Iaio, alle analisi politiche preferiva la discussione sui problemi quotidiani. Le bobine con le registrazioni non saranno mai ritrovate. E allora, chi e perché??

La rivendicazione dei NAR ci aiuta nella prima domanda. Quanto alla seconda, il particolare che Fausto abitasse in Via Monte Nevoso, proprio di fronte al covo delle BR dove fu ritrovato il memoriale Moro può essere, invece, un’interessante chiave di lettura. La finestra della sua stanza è a soli sette metri dai brigatisti. Cos’hanno visto o sentito??

La madre di Fausto racconta che apparati dello Stato avevano affittato un appartamento nello stabile e che in quei giorni, sia di giorno che di notte, c’era uno strano via vai di persone che trasportavano parabole ed altri congegni.

Mai interrogata da nessuno in tutti questi anni, la signora Danila in un’intervista dichiarò la propria convinzione che gli autori dell’omicidio fossero apparati dello Stato e manovalanza fascista. “Ci spiavano da prima, forse due mesi. Hanno scelto mio figlio perché abitava in Via Monte Nevoso dove era in corso un’operazione coperta dai Servizi, qualcosa che non doveva emergere” (cit.AGI)

Di Lorenzo “Iaio” Iannucci, di quei giorni, di quelle ore convulse, ne abbiamo parlato con Maria, la sorella.

18 marzo 1978, Via Mancinelli, ore 19.55 di 35 anni fa. Ci descriveresti le emozioni di quella sera??

Mio fratello doveva andare a casa di Fausto a cena. Lo conoscevo, lo vedevo spesso al Leoncavallo.Quella sera ero fuori con i miei amici e al ritorno al centro ho appreso la notizia.

Continuavo a ripetermi che non fosse possibile ed il pensiero più doloroso fu per i miei genitori; quando li vidi la compassione fu il sentimento più forte. Fui subito circondata da molto affetto. Avevo solo 21 anni.

La mattina seppi che i miei erano stati prelevati dalla polizia per andare in ospedale, invece li avevano portati in obitorio.

Da tutta la città si radunarono spontaneamente in via Mancinelli moltissime persone; si svolse un corteo ma non avvenne niente di quello che chi gestiva l’ordine pubblico voleva, ossia sfogo della rabbia, repressione ma solo tanto dolore. Erano passati solo due giorni dal rapimento di Aldo Moro e quella notte non si vide un poliziotto.

 

Si alternarono varie versioni sulle cause, cominciarono i depistaggi poi la rivendicazione dei NAR. Il tuo pensiero in proposito??

I depistaggi iniziali ci fecero molto male e dovemmo difendere la memoria di Fausto e Lorenzo. La mano era fascista; sia noi che la madre di Fausto ne eravamo convinti.

La rivendicazione, il fatto che fossero neofascisti venuti da Roma, ci persuase si trattasse di omicidio politico, qualcosa di molto più grande di due giovani ragazzi. I fili erano mossi dall’alto. Perché proprio loro due? Questa era la domanda di tutti. Cominciò un periodo di controinformazione spontanea di singole persone, giornalisti, rischiosa perché si comprendeva che la vicenda era complessa e i mandanti in alto.

Il rapimento dell’onorevole Moro; Fausto abitava in Via Monte Nevoso; l’implicazione di Massimo Carminati; il dossier di Fausto e Iaio che scompare. C’è a tuo avviso un filo logico che lega questi episodi?

Le ipotesi formulate sulla vicenda di Via Monte Nevoso hanno avuto l’effetto di confermarmi che l’omicidio non è avvenuto per caso, come niente succede a caso. Tuttavia, non ho abbracciato le varie ipotesi: non mi è necessario per accettare di più la morte.

 

Anni di indagini ed, infine, l’archiviazione nel 2000. Qual è, se c’è, il segreto, la cosa indicibile che si nasconde dietro l’assassinio di tuo fratello??

L’indicibile su Fausto e Iaio? Toccherebbe in alto. Noi familiari e amici abbiamo sempre sostenuto che la verità storica è che con l’uccisione di mio fratello e Fausto si è voluto dare un segnale ad un’ intera generazione, al Movimento , colpendo due ragazzi come tanti nei quali identificarsi.

Tutto questo affetto e la solidarietà mai sopita ti danno speranza che un giorno, finalmente, si possa arrivare alla verità?

Dopo l’archiviazione nel dicembre 2000 con l’amarezza arrivò anche la consapevolezza di dover scegliere un altro modo di ricordare, al di la della rabbia e l’impotenza; decidemmo di intraprende la strada della memoria.

Questo non solo per ricordare la loro morte, ma i loro ideali, quelli di due giovani di 18 anni che amavano la vita. Abbiamo creato l’Associazione familiari e amici di Fausto e Iaio e cerchiamo di essere presenti sul territorio, con iniziative culturali e sociali, rivolte soprattutto ai giovani.

Tutto ciò fa piacere, ma non credo che il ricordare anche a distanza di 35 anni Fausto e Iaio, possa riaprire le aule dei tribunali. Mi dispiace sopratutto per Danila, mio padre, mia madre che,con dignità, continuano la loro vita di anziani malati ma circondati da tanto affetto. Nessuna giustizia,certo, ma non mi ritrovo con chi in nome di questa ed altre ingiustizie vive nella rabbia. Penso che continuare a rivendicare non faccia altro che alimentarla.

Nel 2001, Fausto e Iaio sono stati riconosciuti ufficialmente vittime del terrorismo.

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