In letteratura le tesi assunte – strambe o meno che siano – sono sempre lecite, o quasi. Prevale, infatti, la fantasia dello scrittore, del poeta, del drammaturgo perché, grazie a loro, la verità storica si avvale del travestimento d’occasione per riferire in metafora quel che accade nel mondo, nella società, nel tempo di ieri, di oggi, di domani.
In politica è molto diverso. Prevale la realtà che, come tale, solo come tale, va interpretata dagli attori protagonisti; senza alterazioni o tradimenti. Può anche accadere, ma il prezzo da pagare rischia, poi, di essere salato.
Nel suo celebre romanzo del 1982 – L’insostenibile leggerezza dell’essere – dall’intreccio fortemente esistenziale ispirato dalle discutibili vicende amorose dei suoi quattro protagonisti, Milan Kundera rivendica la tesi dell’unicità della vita all’insegna del principio che ciò che si verifica una sola volta è come se non fosse mai accaduto: einmal-keinmal.
Non è questo il contesto giusto per approfondire la indubbia suggestività del pensiero del noto scrittore rivolto alla vita degli artisti e degli intellettuali cecoslovacchi del ‘68, così come la non minore suggestività della sua tesi proiettata in un mondo tenuto ancora a distanza dal dirimpettaio occidentale. La Cecoslovacchia del tempo era pur sempre paralizzata dalle secche di un comunismo di triste e paralizzante stampo staliniano.
Ci limitiamo soltanto a ricordare il senso del suo romanzo, secondo cui le scelte compiute nella vita da ciascuno di noi non sarebbero significative, bensì irrilevanti. Da qui la loro leggerezza, per una conseguente contrapposizione tra l’evanescenza della medesima vita che vola via, contrapposta, per altro verso, dal bisogno di darle un significato diverso e profondo. Da qui l’inevitabile, insostenibile paradosso.
Il voto minimo quanto si vuole, ma pur sempre grillino, dato, come sembra, al partito democratico per consentire l’elezione di Pietro Grasso sullo scanno più alto di Palazzo Madama appesantisce e di molto un ruolo ed una immagine di cui il Movimento 5 Stelle di Peppe Grillo poteva andare fiero fino a pochi giorni fa.
Vittorio Feltri l’aveva appena dichiarato in TV, in diretta a La 7, qualche minuto prima di quella elezione: “Dei traditori ci saranno sempre, anche tra i grillini!”
Che l’ispirato direttore editoriale de Il Giornale di Milano si sia confidato, per caso, con Papa Francesco poco prima? Che, più probabilmente, sia stato in possesso di qualche valida soffiata? Che gli sia andata bene in virtù della esperienza di vita e di conoscenza della classe politica nostrana, vergine o meno che sia in età ed esperienza?
Fatto sta che, per il peso forse di un non tanto tollerato ruolo da sudditi del Grillo, una quindicina dei suoi eletti ha voltato l’angolo ed ha ‘tradito’.
In termini personali, votare Grasso non è stato un voto sprecato. In termini di immagine, però, la frittata è stata di proporzioni immense per l’opinione pubblica di fede grillina; così come su quella parte di elettorato che si starebbe sempre più orientando a favore del Movimento a 5 Stelle nel caso di assai probabili nuove elezioni.
Una mossa strategica, dunque, maldestra, quella di votare in dissenso dalla linea del Movimento, anzi assai maldestra, che ha abbattuto, come per incanto, il crescente orientamento elettorale favorevole a Peppe Grillo. Maldestra anche per quegli stessi ‘traditori’. Senatori che ora rischiano l’espulsione e la conseguente mancata candidatura e/o rielezione.
Se essere diventa pesante, allora, per condividere solo a metà l’ideale scelto, meglio non schierarsi in politica. Perché, diversamente che in letteratura, il prezzo del tradimento si paga sempre.
Quel voto si è rivelato un errore di ingenuità per un idealismo di fondo certamente puro e finanche legittimo.
Ma, diversamente dalla tesi kunderiana, in politica il principio dell’Einmal Keinmal – “Una volta accaduto, Mai accaduto” – non esiste.
Perché “Una volta accaduto, mai più accadrà.”
Detto fatto. Grillo, lo confermano le cronache delle ultime ore, ha già decretato, giusto o ingiusto che sia, ma coerentemente con il proprio pensiero, il destino di quei giovani impertinenti e ‘traditori’.