Maria Chiara Rizzo
Mentre in Occidente si e’ festeggiato la giornata della donne, ricordando le conquiste sociali, politiche ed economiche piu’ o meno raggiunte, dall’altra parte del mondo c’e’ ancora chi lotta per le briciole. A due anni circa dallo scoppio della primavera araba egiziana riaffiorano i racconti disperati di attiviste violentate in piazza Tahrir da bande organizzate per incutere terrore e stroncare sul nascere le rivolte. E’ nell’occasione della festa trascorsa che noi cogliamo l’occasione per disegnare la mappa dei diritti delle donne attraversando il Maghreb arabo fino a raggiungere i Paesi del Golfo Persico. Questo excursus si baserà su dati pubblicati su un noto quotidiano britannico, selezionati per i nostri lettori per favorire l’incontro con le culture piu’ vicine a noi. Iniziamo a percorrere questo itinerario dalla nostra penisola situata nel bel mezzo del mare nostrum, non per fare del nostro paese un esempio/modello, ma perchè il primo passo per avvicinarci agli altri e’ conoscer meglio noi stessi. In Italia le donne hanno ottenuto il diritto di voto e di eleggibilità nel 1945. Da allora sono stati fatti diversi passi avanti con l’introduzione di leggi che tendono a tutelare la donna in ambiente domestico e non, nonostante resti ancora molto da percorrere. Restano i pregiudizi in ambiente lavorativo per cui nel 2008 si e’ registrato un tasso di disoccupazione femminile pari al 9% rispetto alla media mondiale del 5% e rispetto al tasso di disoccupazione maschile del 6% confronto alla media mondiale del 4%. Trasferendoci sulla riviera opposta del Mediterraneo approdiamo in Marocco, Algeria, Tunisia e Libia, in cui, sebbene il diritto al voto e’ stato concesso rispettivamente nel ’63, ’62, ’59 e ‘64, relativamente presto rispetto ad altri paesi arabi, non esiste alcuna normativa volta a proteggere le donne contro le violenze domestiche, stupro coniugale e molestie sessuali. Non mostra una realtà diversa l’Egitto che ha concesso il diritto di voto e di eleggibilità alle donne nel 1956, ma non si e’ ancora dotato di un quadro normativo che salvaguardi la figura della donna, a cui la rivoluzione -nata sotto l’anelante desiderio di libertà -ha inflitto una nuova ferita. Come il Paese dei Faraoni, anche la Siria non ha mai visto la nascita di una normativa per le donne ed e’ fortemente caratterizzata da un forte divario occupazionale tra donne e uomini. Il Libano e’ uno dei paesi in cui ricostruire e reperite dati sull’occupazione non e’ molto agevole, considerando che l’ultimo censimento ufficiale risale al 1932, ma certe sono le date dell’introduzione dei diritti di voto e di eleggibilità per le donne che risalgono al 1952. Tali diritti sono stati introdotti nel 1974 in Giordania, dove si registra un gap molto ampio tra i tassi di disoccupazione femminile pari al 24% e quella maschile pari al 10%, riferiti al 2008. Il Regno Saudita e’ quello che si distingue tra tutti i Paesi dell’area in maniera negativa in termini di diritti delle donne: il Paese non ha concesso i diritti di voto e di essere votate e non si vede all’orizzonte alcuna luce che faccia presagire un miglioramento della condizione femminile, nonostante le vaghe promesse della famiglia reale di concedere il diritto di voto alla componente “rosa” della popolazione per le elezioni del 2015. Il nostro viaggio attraverso i paesi volge all’ultima tappa, giungendo nei Paesi che per ultimi hanno introdotto i diritti di voto e di eleggibilità e che sono i paesi del Golfo Persico, dove la modernità si scontra con il conservatorismo. Al Qatar, che ha concesso il diritto al voto femminile nel ’99, hanno seguito Kuwait nel 2005 ed Emirati Arabi Uniti nel 2006. Sicuramente il nostro viaggio non descrive la condizione della donna nei paesi percorsi e non intendeva farlo, ma vuole segnalare la voce delle donne nel nostro piccolo angolo di mondo.