Alfonso D’Alessio
L’esito del voto è carico di speranze per il futuro. Da tempo non avvertivo nei giovani una tensione ed un interesse così forte per le sorti della società nella quale vivono. E questo è positivo. Ho però dei timori. Non dovuti allo spettro di rivoluzioni o possibili dittature, ma alla percezione dell’assenza della difesa di valori fondanti della società, e senza i quali ogni ricetta sarà insipida. La scena è stata rubata solo dai problemi economici, e quando si è parlato di modelli sociali, li si è utilizzati, con uscite estrose, solo come palliativi. In fondo è quello che sta succedendo in Francia, nazione tutt’altro che al riparo dalla famigerata crisi, ma nella quale si parla solo della stolta idea di non chiamare più i genitori, mamma e papà, ma bensì genitore 1 e genitore 2, con tutto quello che ne consegue. Bene, se questa è la strada comunque vada sarà un fallimento. La vera rivoluzione non transita per le urne, forse anche per esse, ma certamente invece passa nell’inversione di tendenza nei confronti di una decadenza di cui i politici, additati da tutti come gli unici responsabili, in realtà ne sono solo una parte. Il vero cambiamento è nella difesa, e ancor prima nell’accoglienza, dei valori cosiddetti non negoziabili. Tra questi, in primo piano, il valore incondizionato della vita umana, la sua dignità, i suoi diritti, dall’origine al termine dell’esistenza; il valore della famiglia, fondata sull’unione perenne tra uomo e donna; il valore della giustizia sociale che è negata in grande a persone, gruppi umani e addirittura a interi popoli; il valore della pace distrutto dal terrorismo e dai guerrafondai del nostro tempo. Si tratta di valori e diritti umani non confessionali e, quindi, capaci di ottenere ampio consenso tra persone di diverso orientamento culturale, religioso ed etico. Il pluralismo culturale, infatti, non impedisce di individuare e aderire a valori comuni. Così, almeno, dovrebbe essere. E solo così la rivoluzione sarà autentica.