Sara Monetta
CAVA de’ TIRRENI – I lavoratori di Cava de’Tirreni del Cstp sono scesi sul piede di guerra e si sono dichiarati pronti a ricorrere perfino alla magistratura. La goccia che ha fatto traboccare il vaso e ha fatto rompere gli argini dell’ira dei lavoratori è stata ancora una volta una vicenda correlata al deposito cavese di via Arte e Mestieri, una struttura di recente costruzione del valore originario di oltre 9 milioni di euro. Per salvare il consorzio del trasporto salernitano da tempo i liquidatori della società paventavano la necessità della vendita della struttura ad un prezzo al ribasso di 5 milioni e mezzo di euro. Contro questa misura si erano fortemente opposti, invano, i consiglieri comunali di Cava de’Tirreni: nonostante infatti durante una seduta del parlamentino metelliano fosse stata approvato un indirizzo che imponeva all’allora assessore ai Trasporti, Alfonso Carleo, di non accettare in seno all’assemblea dei soci un piano che prevedesse la cessione del deposito, la misura era poi invece passata addirittura con il voto favorevole dello stesso Carleo. Ieri, però, c’è stato il colpo di scena: nel piano concordatario, infatti, la struttura di via Arte e Mestieri verrebbe messa in vendita non più per 5 milioni e mezzo ma per soli tre milioni seicentomila euro. “Come mai” si chiedono i lavoratori in un documento, “l’amministrazione Comunale di Cava, l’assessore ai trasporti della Provincia, l’ex presidente della Provincia, tutti residenti a Cava, non si pongono la domanda, che un deposito dal valore di oltre 9 milioni di Euro venga messo in vendita prima a 5 milioni e mezzo e oggi(ieri per chi legge) nel piano concordatario presentato ai comuni si pensi di ricavarne solamente 3.600 mila euro? Chi ha effettuato tali valutazioni?” La rabbia dei lavoratori è montata ulteriormente quando l’azienda ha deciso di applicare la cassa integrazione in deroga chiedendo ai dipendenti di rinunciare ad un ulteriore 7% del loro stipendio, “mentre”, concludono i sindacati nella nota, “si continuano ad effettuare sperperi e incarichi esterni”. La via che ora intraprenderanno le sigle sindacali, dunque, sarà quella della denuncia alla magistratura.