Antonio Citera
Un connubio ormai in voga che ostruisce il corretto iter di una sana competizione elettorale.
Un matrimonio troppo spesso legato ad interessi, che come disse il bravo Don Rodrigo nei Promessi Sposi, “ non s’ha da fare”.
Si sa la politica è potere, spesso occulto, che acceca chi lo gestisce rendendolo a sua volta vittima incontrollata e priva di qualsivoglia luce razionale. Ecco allora che ci ritroviamo ai posti che contano persone e personaggi spesso, anzi spessissimo traghettati dall’alto con il solo scopo di blindare un apparato e renderlo un contenitore di voti e di clientelismo . Un incestuoso rapporto fatto di scatole chiuse e non senso di responsabilità verso i cittadini che sono le vittime designate , strumentalizzate dalla sete di chi gestisce la cosa pubblica. Bisogna cambiare passo, bisogna che la politica limiti il suo raggio di azione, sia nel Governo che nella pubblica amministrazione, lasciando che i posti di potere,vengano assegnati per competenza e merito,valutati sui risultati raggiunti nell’interesse della collettività, il vero azionista di tutta la baracca. Una mentalità diversa dunque, una rivoluzione di umiltà, che gioverebbe e permetterebbe all’Italia di costruire una nuova identità attraverso una rinnovata e sicuramente più efficace P.A. che si affacci in maniera più equa e con senso concreto verso le reali necessità delle persone. Senza i famigerati quanto inutili manager di nome, si eviterebbero quei conflitti d’interesse che spesso si intersecano tra il bene pubblico e quello privato, in cui si evidenziano in maniera lampante sempre e soprattutto gli interessi particolari dei pochi, di chi ha le mani in pasta in quel preciso momento storico. Utopia, o semplicemente voglia di rinascita, di cambiamento, fatto sta che basterebbe poco, veramente poco a dare il la ad una rivoluzione fatta di merito , di competenza, professionalità, fattori indispensabili per il rilancio produttivo e competitivo dell’Italia.