E’ Natale, si rinnovi la speranza

Di S.E. Mons. Luigi Moretti

Carissimi amici,

la mia lettera in occasione del Natale è un appuntamento, che, ormai, è già diventato tradizione. Tuttavia non vorrei che fosse percepita da voi tutti come una formalità. Piuttosto è per me l’occasione di entrare in casa vostra come un amico, che viene a scambiare gli auguri. Di più. È il desiderio di un padre, che desidera incontrare i suoi figli.

Vorrei poter entrare in ogni casa, bussare a tutte le porte, scaldarmi ad ogni camino, soprattutto stringere tutte le mani ed ascoltare ciascuno di voi; e dirvi la gioia di condividere la fede proprio lì, nella famiglia, dove ognuno di noi ha cominciato a conoscere Gesù, ad amarlo e a stupirsi dell’umile nascita del Figlio di Dio.

Quell’evento, così grande, che è accaduto in un luogo così sperduto ed insignificante, per le coordinate della storia, ormai è patrimonio dell’umanità, supera i confini dello spazio e del tempo. La sua luce investe moltitudini di ogni razza e di ogni

religione. Quel Dio, che nasce sulla terra, in realtà rinasce in tutti gli uomini, alimentando in essi la speranza della pace e della fratellanza.

Natale è un tempo senza calendario, che si insedia nella vita di tutti: uomini e cose. Ha segnato l’inizio di un rinnovamento, che non ha altro riscontro nella storia dell’umanità; ha segnato la creazione di un tempo nuovo e di una legge nuova.

È un nuovo inizio perché – da quella notte in cui a Betlemme si udì il primo vagito di Gesù Bambino e l’osanna degli Angeli – tutto è diventato diverso, e niente è stato più come prima. Un grande punto e a capo nella vita del mondo! È così da oltre due millenni, ma le epoche valgono giorni, o anche ore e minuti al cospetto di quell’evento, che non conosce tramonto.

Per noi cristiani il Natale è soprattutto un incontro. L’Avvento ci conduce liturgicamente alle soglie e poi al varco della Notte Santa; ma più che andare nella direzione di un tempo – seppure nuovo, seppure grande – noi siamo diretti verso un incontro: l’incontro con una Persona, il Dio fatto uomo, l’inviato dal Padre

per salvare il genere umano e portare all’uomo il comandamento nuovo dell’amore.

Questo incontro, avvenuto storicamente una volta per sempre, è reso vivo, sacramentalmente, quotidianamente, nella Chiesa e nei singoli fedeli, mediante l’Eucaristia.

Il Natale, con una forza dolce e suggestiva, riassume e ricapitola in sé ogni momento di questo incontro, che costituisce il passato, l’oggi e il sempre della nostra appartenenza a Cristo.

Quella Notte Santa, infatti, non smette di essere il nostro giorno e la nostra luce!

Non possiamo che partire da quella grotta per rischiarare, passo dopo passo, il nostro cammino sempre più incerto e disorientato, che ci rende viandanti sperduti, anche nei territori della nostra esistenza.

Dalla grotta di Betlemme emergono un invito e una speranza, un dono e una consegna all’umanità in generale e alla Chiesa in particolare: un invito a superare lo smarrimento che colpisce tante anime. Andiamo alla ricerca di noi stessi, perché sappiamo, quasi tocchiamo con mano, che è andata perduta una parte di noi, forse la più preziosa. Essa ci lega alla Notte Santa come nostalgia perenne, ma anche, come il riverbero di un’alterità, a un messaggio, che sentiamo sempre più esigente solo a causa del declino delle nostre forze. Mentre avvertiamo la forza delle nostre contraddizioni.

Non è un mistero, che nella società delle moltitudini, il rischio è quello di rimanere soli, così come nella società della comunicazione, il pericolo è l’incomunicabilità. E l’opulenza non è solo il contrario, bensì lo sfregio alla povertà; e della globalizzazione continuiamo a vedere e a subire gli squilibri. Anche i soprusi e le ingiustizie, a volte, cambiano pelle per perpetuare se stessi in forme nuove.

Non occorre l’aggravante di una crisi economica – che c’è e pesa sempre di più sui poveri e sui meno garantiti – per toccare le soglie dello scoramento; non fosse, però, che per quel Bambino con cui fare i conti e per quella Notteuscire di scena dalle speranze dell’umanità, anche la più scossa e tormentata!

Il Natale viene a confermarci che, questa speranza, non va confusa con quel sentimento, che umanamente ci aiuta a tirare avanti. No! Questa speranza converge anch’essa verso l’incontro con una Persona. Anzi, questa speranza è la Persona. È il Cristo salvatore e redentore, entrato nella nostra storia per prendervi dimora sino alla fine del tempo.

Il Natale è all’origine del mistero di questa alleanza, che non smette di riguardarci, anche quando cerchiamo di rinnegarla, e di voltare le spalle a un patto d’amore sancito nel sacrificio della Croce.

Non parla d’altro il Natale, che di un amore senza limiti per l’uomo.

È questa la dimensione che deve interessarci, e la sola che può qualificare l’impegno della nostra Chiesa, particolarmente nel tempo di Avvento, ma anche nella quotidianità e nel corso del  Santa, che non potrà mai cammino pastorale ordinario.

Siamo ormai nel pieno di quell’orizzonte dell’Anno della Fede, che Papa Benedetto ha indetto nel segno di un rinnovato annuncio del Vangelo, specie nei Paesi di antica evangelizzazione. È un evento, che riguarda da vicino ognuno di noi e la nostra vita di comunità. Ci è chiesto di essere missionari nella nostra stessa terra e di annunciare il Vangelo come una novità perenne. Ad annunciarlo, o ri-annunciarlo anche nelle nostre case dove ha avuto per lungo tempo una naturale dimora. La Parola di Dio è ancora viva, ma risuona oggi in mezzo ai rumori e al fragore di una società, che trova sempre maggiori difficoltà a guardare dentro se stessa.

Riviviamo in questo stesso tempo la suggestione, che viene dal più grande avvenimento ecclesiale degli ultimi secoli: il Concilio Vaticano II. Non può essere solo un ricordo o una semplice commemorazione quell’evento, che ha rinnovato la nostra storia religiosa e ha preparato la Chiesa ad affrontare una modernità così difficile e complessa. Sull’onda del dopo-Concilio, anche nella nostra terra, possiamo oggi vedere il volto nuovo di una comunità più matura e consapevole, che vive i valori della fede, non come il lascito trasmesso da una generazione all’altra. Nel recente Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione, non a caso, uno dei temi centrali ha riguardato l’Iniziazione Cristiana e i suoi Sacramenti, a cominciare dal Battesimo. Siamo chiamati a essere, ma anche a diventare, giorno dopo giorno, cristiani pienamente inseriti nella sequela del Redentore.

Dobbiamo avere gli occhi e il cuore rivolti al mistero della Grotta, per guardare meglio e più a fondo nella realtà della nostra gente. Solo così non potranno sfuggire al nostro sguardo le sofferenze dei nostri malati, le angustie e le privazioni di chi è nel bisogno, le preoccupazioni, e talvolta il tormento di famiglie, che non vedono prospettive di lavoro per i propri figli.

Il lavoro. Ecco un tema a tante facce anche per il nostro Natale. Lavoro vuol dire dignità e benessere per le persone, e sviluppo e progresso civile per la comunità. Ma lavoro, oggi, è – deve essere – la parola chiave per aprire le porte e i cusolidarietà, che non va intesa soltanto come una misura contro la crisi.

Solidarietà è – deve essere – la traduzione sociale di tutto ciò, che ha per radice il comandamento dell’amore, venuto alla luce nella Persona di Cristo, nella Notte Santa di Betlemme.

Se il lavoro è un diritto sancito dalla Costituzione, la solidarietà è un dovere stabilito da una legge di diversa natura, che riguarda ancora più intimamente l’uomo.

La solidarietà riguarda, in primo luogo, la nostra Chiesa locale. Non possiamo e non vogliamo girare lo sguardo altrove: non saremmo Chiesa! Le nostre parole, anche quelle pronunciate dall’altare, non avrebbero senso.

Questo tipo di crisi interpella, perciò, a fondo la nostra Chiesa. Nessuno più di essa conosce e vive la realtà della sua gente: le nostre parrocchie, le comunità di ogni tipo, i nostri organismi assistenziali sono come una grande rete connessa ai problemi e alle esigenze di un territorio tanto vasto, quanto ori a una gravato da situazioni di difficoltà e di bisogno.

La crisi non la leggiamo sui giornali, né – per guardarla in faccia – abbiamo bisogno di vederla sui teleschermi. Viviamo in pieno la vita del Capoluogo e degli altri centri, grandi e piccoli, della nostra Diocesi. Desideriamo con tutte le nostre migliori energie, essere solidali e aperti alla speranza, perché la luce del Divino Bambino diradi le tenebre dello sconforto e della rassegnazione.

Il messaggio che, anche quest’anno, ho voluto rivolgere innanzitutto alla Chiesa, che ho la gioia di guidare, è un modo per far sentire una vicinanza che, nel tempo del Natale, diventa naturalmente più intensa. La storia, la cultura, le buone tradizioni di una terra bella e generosa come la nostra: tutto converge verso un passaggio importante del nostro essere Chiesa.

È questo il mio augurio, nel segno di un legame, che diventa ogni giorno più saldo.

Sono Pastore di una Chiesa bella e viva e sento, accanto a me, la forza di un clero, che ama la sua comunità e che è sempre più disposto a spendersi per essa. Un clero sempre innamorato della sua vocazione. Avverto anche la presenza intelligente e discreta di un laicato pienamente inserito nella pastorale della diocesi, arricchita dal prezioso contributo di movimenti e associazioni, che completano la grande famiglia della Chiesa diocesana, impegnata nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo della speranza.

A tutti e a ciascuno auguro Buon Natale! Che sia il Natale di Cristo, che nasce ancora e sempre nei nostri cuori, nel grembo della Madre Chiesa, sotto lo sguardo amorevole di Maria!

Il vostro Vescovo Luigi Moretti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *