SALERNO – Il salone dei marmi di Palazzo di Città è stracolmo di gente, l’attesa è viva, Ciriaco De Mita si appresta a presentare il suo ultimo lavoro letterario (La storia d’Italia non è finita), ma Vincenzo De Luca non arriva, come sempre, come è suo costume. Al tavolo ci sono tutti: Giuseppe cacciatore, Giuseppe Cantillo, Raimondo Pasquino, Luigi Cobellis, ed altri, tanti altri. Tutti agitati, forse anche un po’ seccati non tanto per il ritardo ormai conclamato del sindaco ma per il fatto di non avere la certezza o meno della sua presenza. Il cerimoniale del Comune, ovviamente, tace e dribla ogni domanda. Alla fine arriva e stringe la mano al gran visir di Nusco, Ciriaco De Mita, che a gran voce annuncia “Guardate, ci siamo stretti la mano!!”, come se a qualcuno fregasse qualcosa. Con tanti filistei in sala c’è davvero da tenersi a debita distanza da tutti. La stampa, naturalmente, tutta concentrata sul sindaco (mica su De Mita!!) per capire il perché della sua assenza, la sera precedente, alla processione di San Matteo. Nessuno si accorge dell’arrivo dell’uomo che tutti i filistei presenti nel salone temono: il cav. Giuseppe Amato (don Peppino). Attraversa il corridoio, poi l’ampio salone, scortato da due o tre fedelissimi, arriva in prima fila e si siede, non dove ci sono Fulvio Bonavitacola e Alfonso Andria con altri politici. Da alcuni subito maliziosamente ossequiato, da altri ostentatamente snobbato. E’ vero che i filistei, storicamente, operarono in un periodo bruttissimo (tra il 1200 e il 1000 a.C.), quando imperava il regime dei giudici, ma far finta di niente, far finta di non vederlo per evitare, forse, una qualsiasi compromissione o collegamento, fa davvero paura. E’ altrettanto vero che viviamo una nuova epoca di “regime dei giudici”, ma un gesto di doverosa generosità verso un “uomo solo” mi sembra davvero assolutamente giusto ed anche necessario. Ma lui sembra non accorgersene, ha lo sguardo ieratico, sul suo viso non si muove un solo muscolo. Lo fotografo, forse si infastidisce anche un po’, ma è soltanto un attimo, poi addirittura sorride al mio indirizzo. Ha capito? Chissà!! La cerimonia comincia, la voce stentorea ed emozionata di Luigi Cobellis introduce, mano a mano i relatori che, alla grande, incensano quello che fu il “primo ministro” di un quarto di secolo fa. Arriva il turno di Giuseppe Cacciatore, docente universitario di filosofia e uomo libero, che da buon ex comunista cerca di mettere in evidenza la differenza di pensiero tra lui e l’autore del libro. Poi, parlando della politica di oggi, attacca a fondo affermando che è fatta soltanto da “gossip, volgarità, tornaconto, personale e corruzione”. Parole durissime, mi giro rapidamente con lo sguardo verso “don Peppino” e mi rendo conto che con gli occhi cerca di incrociare quelli dei tanti filistei in sala; niente, nessuno incrocia i suoi occhi, peccato. Mi giro dall’altro lato ed osservo attentamente De Luca, nemmeno per un istante guarda verso il cavaliere della pasta; è imbarazzato perché gli è seduto quasi di fronte, si sposta sulla sedia girandosi verso l’altro lato dove c’è De Mita. Mentre la presentazione del libro va avanti mi chiedo se è vero e perché quasi tutti i filistei presenti nel salone hanno paura del Cavaliere; e perché il cavaliere non si libera di tutti i suoi segreti ora che ormai ha perso tutto, che gli hanno scippato tutto, cosa può più temere, tanto siamo in piena era del nuovo “regime dei giudici”. Capisco che le sue rivelazioni potrebbero rivoltare Salerno come un calzino ma mi sembra un peccato mortale che tutti i filistei sopravvivano alle sue insanabili disgrazie. Ma “don Peppino” è un uomo. La voce forte e marcata di Peppino Cacciatore mi riporta alla realtà dell’avvenimento “De Mita è un cattolico politico e non un politico cattolico”. L’affermazione di Peppino mi lascia un po’ perplesso, lascio il salone e vado via con negli occhi l’immagine di quell’uomo che ha gestito tutto e il contrario di tutto e che ora non ha più nulla. Sento di dovergli almeno una certa ammirazione; avere la forza di presentarsi in pubblico è cosa riservata soltanto ai grandi uomini. Del resto “la storia d’Italia non è finita”, anzi è sempre la stessa.
direttore: Aldo Bianchini
Gentile dott. Bianchini,
Ero anch’io presente alla presentazione del libro ed ho notato l’imbarazzo dei filistei.
Difficilmente qualcuno sarebbe riuscito a descrivere meglio di lei i fatti.
Chapeau!