Aldo Biannchini
SALERNO – La vicenda raccontata da Luca Ciardiello sulle pagine del quotidiano “Il Mattino” è emblematica per una serie infinita di motivi. In primo luogo perché mette a nudo uno spaccato molto inquietante della nostra cosiddetta “società civile”. Ciardiello si lamenta perché per Via Caracciolo (lo splendido lungomare di Napoli recentemente chiuso al traffico per gran parte del suo percorso) nessuno risponde al suo “buongiorno”. Racconta delle sue performance mattutine che altro non sono se non “passeggiate a ritmo un po’ sostenuto”, come consigliategli dal suo medico. Ogni mattina, aizanno ‘o pere, il bravo Luca percorre avanti e indietro, in lungo e in largo, quel tratto di lungomare incontrando decine e decine di altre persone che fanno la sua stessa cosa, di buon mattino, ovviamente. Fino a quando, qualche giorno fa, incrocia un signore della sua stessa età (cinquant’anni circa) invece di rispondere al suo “buongiorno” si ferma e gli fa: “ma noi ci conosciamo ?”. Come se fosse necessario conoscersi per scambiare un semplice saluto. A Luca Ciardiello ha risposto il notissimo Antonio Lubrano dicendo: <<“Voglio dirle che anch’io di buon mattino faccio la passeggiata della salute: a Milano dove vivo, a Roma dove lavoro, in campagna dove trascorro le mie vacanze. Ho gli occhiali da sole, un cappellaccio e non sono riconoscibile. A chiunque incontro dico “ngiorno”. Ebbene, più di uno mi risponde. E’ già una cosa. Domattina, per favore, a Via Caracciolo provi ancora. Sono sicuro che raccoglierà più di un sorriso”>>. Ho raccontato questa vicenda perché mi sembra davvero aderente alla realtà di un tessuto sociale che va sempre più sfilacciandosi. A Salerno come nel Vallo di Diano, luoghi in cui vivo e lavoro, cerco di salutare tutti quelli che incontro, soprattutto di buon mattino e sconosciuti nella quasi totalità; rarissimamente ricevo un cenno risposta. Non c’è bisogno qui di evocare “Miracolo a Milano”, il capolavoro cinematografico di Vittorio De Sica del 1951, tratto da un’opera di Cesare Zavattini, e la stupenda scena di tutti i poveri della Città che a cavallo di una scopa volano verso un paese immaginario “dove il buongiorno è veramente buongiorno”; non dobbiamo anche noi fare voli pindarici per capire che la violenza che si infila e si insinua nella nostra quotidianità ci ha fatto chiudere a riccio per diventare sospettosi di tutto e di tutti, anche di un semplice sguardo troppo insistito. Una mattina, poco prima delle otto, davanti la scuola elementare Matteo Mari di Salerno aspettavo mia nipote (docente in quella scuola); dopo pochi minuti arrivò una macchina dei Vigili Urbani, mi riconobbero e si scusarono, qualcuno li aveva avvertiti di una strana presenza sulle scale della scuola e si erano precipitati per una rapida verifica. Capita anche questo, purtroppo. In fin dei conti è la durezza della nostra esistenza, la presenza di tanti furbi, la stessa crisi economica globale che distrugge le residue speranze che comunque abbiamo. Per questa ragione io continuo imperterrito a salutare senza ottenere risposte; non importa, il necessario è lanciare messaggi positivi e di speranza nella ferma convinzione che il prossimo, prima o poi, capirà. Probabilmente domani mattina, come dice Lubrano, anch’io otterrò dal prossimo almeno un sorriso.