LONDRA: la fantastica Olimpiade

Aldo Bianchini

LONDRA – Si è chiusa, tra gioia e tristezza, la 30^ Olimpiade dell’era moderna. Volute tenacemente dal barone  Pierre de Frédy, barone di Coubertin, le Olimpiadi hanno compiuto 116 anni e non si direbbe. Hanno vissuto la seconda rivoluzione industriale, i due grandi conflitti mondiali, la caduta del fascismo e del nazismo, la fine del comunismo, la costruzione e la distruzione del “muro di Berlino”, i viaggi dell’uomo sulla Luna, la globalizzazione, l’era di internet e i passaggi più oscuri della nostra storia. Un po’ come il loro ideatore, un uomo capace di vivere 37 anni della sua vita nel 19° secolo e i successivi 37 nel 20°; morì difatti nel 1937 dopo aver assistito al trionfo di Jesse Owens, l’uomo di colore che umiliò Adolf Hitler nei giochi di Berlino del 1936. Per ricordare il fondatore delle Olimpiadi moderne da qualche decennio è stata istituita la “medaglia De Coubertin” per la lealtà sportiva, instituita nel 1963; toccò per primo al bobbista italiano Eugenio Monti nelle Olimpiadi invernali del 1964, ed è andata oggi al mitico nuotatore statunitense  Michael Phelps ai giochi di Londra. Nel titolo ho parlato di “fantastica Olimpiade” parafrasando quello che molti cronisti accreditati hanno detto della 30^ edizione dei giochi. Un amico, Michele Di Sisti, commentando i trionfi di Usain Bolt mi ha detto  che Bolt non è “più veloce del vento” è, semmai, il vento che è più lento. Insomma bella considerazione da parte di un semplice telespettatore. Ad oggi siamo nel G/5 del medagliere storico con 205 medaglie d’oro e complessive 565 medaglie; veniamo dietro gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica, la Gran Bretagna e la Francia. Per quattro ori siamo addirittura davanti alla Cina. Tutto questo per dire che nelle corso delle 27 edizioni dei giochi realmente disputate dal 1896 sono stati coniati appellativi di tutti i generi per eclatare i continui successi delle Olimpiadi rinate dopo 1503 anni di sospensione. Io personalmente ho seguito con attenzione ben 14 delle 30 edizioni ufficiose dei giochi. La più bella, la più affascinante, la più coinvolgente ed anche la più commovente rimane, per me, la XII Olimpiade, quella di Roma, quella che da tanti è stata definita “La grande Olimpiade” e che il cinema ha immortalato per sempre. Neppure la grande regista del “3° reich” e delle olimpiadi di Berlino,  Leni Riefenstahl  (la vera donna del fùhrer, la donna della Germania, l’icona femminile del reich nel mondo), con il suo capolavoro “Olympia” ha mai eguagliato. La “Grande Olimpiade” rimane quella di Roma, la giusta congiunzione tra Olimpia-Atene e i giochi rimane, nonostante gli antichi romani avessero sempre ostracizzato i giochi olimpici per quella sorta di ombra ingombrante della Grecia e del suo ricordo sull’impero romano. Seguii la grande olimpiade nell’oratorio della chiesa di Torrione in compagnia di tanti amici dell’epoca e del giovanissimo don Giovanni Masullo sotto la guida dell’illuminato don Angelo Pirone. Non avevamo i televisori a casa e la parrocchia era un punto ed un momento di forte socializzazione positiva. Quella Olimpiade rivisitò la storia dell’umanità e si pose come baluardo della purezza dello sport contro l’invadente e prorompente tecnologizzazione dei tempi moderni. Il giorno della chiusura, in quel lontano 11 settembre 1960, dopo ben 106 ore di trasmissioni televisive (la Rai produsse un sforzo titanico) mi emozionai fino alle lacrime nel guardare quel piccolo etiope scalzo, Abebe Bikila, che transitò sotto l’Arco di Costantino per vincere la sua meritata maratona, bissata quattro anni dopo a Tokio. In quel momento pensai che davvero tutte le distanze erano state colmate e superate, un giovane di colore che passando attraverso la storia si proiettava nel futuro verso la totale e non più contenibile integrazione razziale. Quell’anno andai a Roma, con il CSI, il 5 settembre per vedere la gara finale del decatlon e l’assegnazione della medaglia d’oro al ventiseienne statunitense Rafer Johnson. Qualche anno dopo il decatleta si trovava nella scorta di John Fitzgerald Kennedy a Dallas al momento dell’assassinio del Presidente della nuova frontiera; nel 1984 fu l’ultimo tedoforo delle Olimpiadi di Los Angeles.  Un’ultima considerazione. Nel 1908 i giochi dovevano svolgersi a Roma  ma a causa della possente eruzione del Vesuvio l’Italia rinunciò in favore di Londra e fu un successo, oggi mentre Roma per bocca di Monti rinuncia all’edizione del 2020, a Londra va di scena la “fantastica olimpiade” che, comunque, non ha nulla a che vedere con la “grande” edizione romana.

 

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