SALERNO – Dopo la pubblicazione di un mio precedente articolo dal titolo “Provincia Under Attack/22: la repubblica delle banane” non mi aspettavo, di certo, rose e fiori. Nell’articolo evidenziavo la distorta funzione degli “uffici stampa”, pubblici e privati, che negli ultimi anni ha dato vita soltanto ad una “corsa affannosa” ed a spudorati “duelli intestini” nell’ottica di accaparrarsi questo o quell’ufficio stampa. Nel privato, molto più che in quello pubblico dove qualche maschietto pure sopravvive, c’è stato un vero e proprio arrembaggio delle “giornaliste in gonnella” che fanno incetta di uffici stampa, da quelli un po’ prestigiosi a quelli da “repubblica delle banane”. Si potrebbe addirittura fare un elenco dettagliato con l’indicazione delle parentele, delle raccomandazioni, dei rapporti politici, interpersonali e fiduciari. Si parla sempre meno di professionalità, ed è un peccato perché la classe giornalistica salernitana di professionalità ne ha da vendere. Ma così è e bisogna prenderne atto. Ovviamente questo è il mio pensiero che è sicuramente opinabile. Quando si parla di questo tema, però, il rischio di essere frainteso è sempre altissimo. Me lo ha ricordato l’altro giorno la professionale ed educatissima Maria Grazia Petrizzo. Con il suo solito garbo e stile, da vera professionista, mi ha telefonicamente evidenziato alcuni passaggi del mio articolo che, condivido, hanno prodotto qualche osservazione critica (e mi fermo qui!!) da parte degli eventuali interessati. Riporto la frase per intero: “Organizzano uffici stampa e nominano portavoce che finiscono per fare soltanto i passacarte o, nel migliore dei casi, i reggitori di microfoni”. La frase è forte, non c’è dubbio; mi salva però il verbo iniziale “organizzano”. La colpa della presunta inefficienza degli uffici stampa (almeno quelli pubblici) sta proprio in quell’organizzano che è rivolto ai politici che gestiscono l’immissione delle risorse umane nei “loro uffici stampa” e che non danno il giusto peso alla professionalità dei giornalisti incaricati. I politici dovrebbero capire, una volta per tutte, che dalla professionalità dei giornalisti non devono ottenere soltanto la trascrizione pedissequa delle loro dichiarazioni di comodo, dovrebbero mirare a ridare alla categoria dei giornalisti il giusto ruolo di veri e propri consiglieri per il passaggio verso l’esterno del pensiero politico. Questa è comunicazione. Il problema è dato dal fatto che tutti, anche il maniscalco prestato alla politica (con grande onore!!), credono di saper fare comunicazione. Mi sono sempre chiesto: “Perché il portavoce nazionale del PdL, Daniele Capezzone, è onnipresente su tutti i grandi network televisivi e su tutti i giornali, mentre da noi Pasquale Petrillo (ottimo professionista e portavoce di Cirielli) o l’inidenficato portavoce di De Luca non li vediamo mai da nessuna parte?”. E’ tutta qui la chiave di lettura del mio pensiero che ha, comunque, una sedimentazione sperimentale personale precisa. Storicamente non ho mai accettato uffici stampa anche se, in verità, ho avuto pochissime offerte. Una di queste occasioni si verificò nel 2001 quando il mio amico di gioventù Aniello Salzano (candidato sindaco per il centro destra), spinto anche dall’indimenticato Vincenzo Giordano, mi telefonò invitandomi a dargli una mano per la comunicazione in nome della nostra antica amicizia. Accettai di buon grado, poteva essere un’esperienza interessante e potevo dare al mio amico “gratuitamente” il mio piccolo contributo. Si racconta che qualcuno nell’ufficio stampa del Comune alla notizia andò subito in palese afasia. La mattina successiva andai all’appuntamento nella segreteria di Via Gian Vincenzo Quaranta. Prima delusione, all’appuntamento erano presenti anche altri giornalisti; imbarazzante il discorso di Aniello nel tentativo di far capire ai miei colleghi più giovani che io dovevo essere il responsabile dell’ufficio stampa con l’ambito ruolo di “portavoce” del candidato sindaco. Seconda delusione, passano due o tre giorni ed ogni mattina nella rassegna stampa trovavo dichiarazioni del candidato o interviste che non conoscevo. Insomma tutti i colleghi, giornali-tv e radio, non gradivano il passaggio attraverso il portavoce e privilegiavano il rapporto diretto col candidato. Niente di più scorretto. Presi subito le contromisure, esternai ad Aniello il mio pensiero e mi dimisi subito. L’amicizia con Aniello ovviamente continua, ci mancherebbe altro. Ma un colpevole di questo malcostume bisognerebbe pure trovarlo. Chi è tra il politico e il giornalista? Non mi pronuncio, lascio a Voi la scelta.
direttore: Aldo Bianchini
Il politico è colpevole!I giornalisti ,come qualcuno di voi ha detto, sono come i ginecologi si impegnano e lavorano con cose con cui altri si divertono.