Aldo Bianchini
PAGANI – Il processo “Linea d’Ombra” farà scuola. Questo è fuori da ogni dubbio. Farà scuola perché la pubblica accusa non intende ripetere gli errori macroscopici del passato (a cominciare da tangentopoli!!), cerca di allungare il processo in corso per imbastire una sorta di maxi-processo (alla falcone e Borsellino, per intenderci !!) per buttarci dentro tutto e il contrario di tutto, dai politici agli amministratore, dagli imprenditori ai funzionari pubblici, dagli affaristi di giornata ai camorristi incalliti. Con la certezza che tutto questo fa presa sull’immaginario collettivo e tanto basta per sancire la fine di carriere politiche, di gestioni amministrative oculate, di imprese ben avviate, di funzionari in carriera e di camorristi fintamente incalliti. Il resto, cioè la sentenza del tribunale, conta poco o niente. Tutto questo è possibile perché nonostante siano già passati ben 23 anni dalla riforma del codice penale l’avvocatura italiana non è ancora pronta a battagliare ad armi pari con la pubblica accusa che si avvale certo di tutti i corpi di forze dell’ordine ma che non è assolutamente da considerare di altissimo profilo investigativo. Ecco all’avvocatura manca lo strumento dell’investigazione difensiva. Se ne escono sempre con la storiella che costerebbe tantissimo all’indagato e preferiscono rifugiarsi sulla contestazione del lavoro investigativo svolto da altri per analizzarlo e demolirlo in aula. Non sempre tutto questo riesce ed è per questa ragione che in questo Paese non vedremo mai un avvocato della difesa (neppure Diddi!!) irrompere alla Perry Mason nell’emiciclo dell’aula per enunciare la scoperta della prova regina a discarico. E la pubblica accusa utilizza tutti gli strumenti in suo possesso per debellare anche questi timidi tentativi delle difese ipotizzando reati di tutte le specie, dalla subornazione all’intimidazione per finire all’accusa di sottrazione di documenti e atti pubblici. Insomma la Procura tenta di accusare e la difesa non riesce ad arginare lo sbarramento di fuoco. Fino al punto di far apparire inquinato anche il ruolo limpido e cristallino di Ivana Perongini (già segretaria e direttrice generale del Comune di Pagani). Al di là del maldestro tentativo di appiopparle l’accusa di “subornazione”, in queste ultime settimane si è fatta strada l’insinuante e perversa azione di depistaggio anche nei riguardi della Corte dei Conti verso la quale la predetta Perongini ha sempre avuto un atteggiamento molto rispettoso oltre che legittimo fino al punto, sembra, di aver addirittura incontrato il procuratore Grasso in tempi non sospetti per preannunciargli l’invio di importanti atti amministrativi a carico di alcuni funzionari del Comune inseriti nell’elenco dei testi a carico di Gambino. E qui accade tutto e il contrario di tutto. Sembrerebbe che dopo questa visita a Napoli, nelle more della preparazione degli atti da inviare alla Corte, la Perongini sia stata sospesa e che a suo carico sia stato avanzato dalla procura di Salerno il sospetto di alcuni rimborsi spesa per quella maledetta BIT del 2009. Il procuratore Grasso chiede al Comune gli atti relativi alla trasferta milanese e qualcuno (a conferma della sua grande professionalità e correttezza) anziché aprire il fascicolo che si trovava nel proprio ufficio, e trasmettere la documentazione chiesta dalla Corte, scarica dal protocollo la richiesta della Perongini e la invia a Napoli. Ovviamente sulla copia scaricata dal protocollo manca l’autorizzazione del Sindaco che invece si trova regolarmente depositata nel fascicolo personale della segretaria generale. Perché il procuratore Grasso ha chiesto quei documenti ad un funzionario e non, come da prassi consolidata, al segretario o al vice segretario comunale? Il mistero si infittisce, però la notizia fa scalpore e finisce su tutti i giornali dove la Perongini viene rappresentata come una fuorilegge. Nessuna violazione di legge ma un’inesatta e forse artata trasmissione di documenti ha ingenerato un equivoco clamoroso. Classica dimostrazione di come spesso per la scarsa professionalità di impiegati e dirigenti, un fatto acclarato documentalmente, può assurgere a illecito contabile con derive di natura penale. Il racconto che vi ho proposto è soltanto un piccolo tassello di un’inchiesta nata male e condotta ancora peggio. Per oggi mi fermo qui, a domani con le bond-girl.