Centotrentadue anni dopo la presa di Algeri da parte dei Francesi, il generale de Gaulle annunciò ufficialmente l’indipendenza dell’Algeria. In seguito a una guerra sanguinosissima lanciata dal Fronte di Liberazione Nazionale contro il potere coloniale e al sì definito dal referendum di autodeterminazione del primo luglio sull’indipendenza del Paese, il popolo algerino assapora il gusto della libertà, i combattenti dell’Armata di Liberazione Nazionale sfilano per le strade della capitale, gli esiliati preparano il loro ritorno in patria e i capi politici iniziano a scontrarsi per accaparrarsi la direzione del nuovo stato. Ieri l’Algeria ha celebrato il cinquantesimo anniversario della sua indipendenza dalla Francia, ufficializzata con il trattato di Evian del 1962. Il Paese del Maghreb conquistò l’Indipendenza con una sanguinosa guerra che fece morti in tutti e due gli schieramenti e non si trattava solo di combattenti dell’ FLN algerino o dell’Armée francese o dei terroristi dell’Oas, l’Organizzazione armata segreta, ma soprattutto di civili. Troppo spesso, secondo alcuni specialisti francesi, gli algerini mettono l’accento sulle crudeltà commesse durante la guerra da parte della madre patria, mentre gli storici algerini rispondono a tali accuse che la lotta armata è stata una ineluttabile conseguenza della repressione crudele perpetrata ai danni del popolo indigeno. Lo storico Tramor Quemeneur ha affermato che l’indipendenza non è stato un regalo della vecchia madrepatria, ma è stata pagata con la vita degli algerini in una guerra lunga quasi otto anni (1954-1962) combattuta su vari fronti, militare, politico e diplomatico, senza dimenticare la resistenza quotidiana del popolo che ha sostenuto con ogni mezzo i militari. Ma oggi l’Algeria vuole in un certo senso voltare pagina, seppur mantenendo in vita la memoria, l’identità e il senso dello Stato e lo fa attraverso celebrazioni, eventi, mostre e rappresentazioni che fanno appello al sangue dei martiri.
direttore: Aldo Bianchini