In Messico i rappresentanti dei venti paesi più forti del mondo (rappresentano oltre il 90 per cento del Prodotto interno lordo mondiale) si schierano tutti contro tutti nell’affrontare i problemi posti dalla crisi. Gli Usa accusano l’Europa di non sostenere sufficientemente la crescita e di non risolvere i propri problemi sul debito pubblico degli Stati più deboli, provocando conseguenze a cascata sugli altri paesi industrializzati. Il presidente Barack Obama teme che un rallentamento dell’economia, provocato dalla deflagrazione dei problemi europei, possa minare l’efficacia della sua campagna elettorale per la rielezione a novembre. Non a caso gli antagonisti repubblicani soffiano sul fuoco (testate giornalistiche e grandi istituti finanziari li sostengono), sperando in un disastro europeo per dimostrare che il modello UE (si pensi alla riforma sanitaria di Obama o all’idea che occorre mettere nuove e più ferree regole alla finanza) è sbagliato. L’Europa non ci sta ad essere messa sul banco degli imputati dagli Usa, che con la crisi finanziaria del 2008 hanno provocato un disastro mondiale. I Brics (i grandi paesi emergenti, Cina, India, Russia, Brasile, Sudafrica) chiedono a Usa e Europa di fare i compiti a casa perché non hanno voglia, adesso che tocca a loro prosperare, di pagare per i debiti degli altri. Il G20 siè chiuso ieri, tra vertici saltati e piccoli passi in avanti. Ma i problemi restano tutti. In particolare, l’Europa ha tre settimane di tempo per arrivare a concordare i passi da fare per salvare l’euro e avviare una nuova stagione per l’Unione. Ieri, archiviato il voto greco, i mercati hanno spostato l’attenzione sulla formazione del governo ad Atene, sulla possibilità che la Grecia abbia più tempo a disposizione per uscire dalla crisi (speranza gelata sul nascere dalla Germania, che ha già detto di no), ma soprattutto hanno rimesso nel mirino la Spagna a causa dei problemi delle banche. Era prevedibile e non sarà l’ultima volta: come un carciofo, la speculazione attacca un paese alla volta e continuerà a farlo finché l’Ue non prenderà la decisione di rispondere unita. Per questo sono così importanti i progressi che si potranno fare nel periodo che ci separa dal Consiglio d’Europa di fine giugno (giovedì riunione dell’Eurogruppo e venerdì vertice a quattro, a Roma, tra Italia, Germania, Francia, Spagna). Se sarà possibile fare progressi nell’unione bancaria, nell’unione fiscale e anche nell’unione politica, con la prospettiva di una gestione comune di una parte dei debiti pubblici, l’Europa sarà in grado di affrontare la sfida.
USA, UE, BRICS: TUTTI CONTRO TUTTI NEL VERTICE DEI PICCOLI PASSI. MA LA CRISI MORDE. E IN TRE SETTIMANE L’EUROPA SI GIOCA IL FUTURO.
