Valerio Rossi Albertini
In questi giorni è in discussione alla Camera dei Deputati un disegno di legge riguardante le auto elettriche. Le auto tradizionali, a benzina e diesel, sono una delle maggiori fonti di inquinamento urbano e da tempo si sarebbero dovuti prendere provvedimenti. Infatti, per quanto si possa tentare di incentivare l’uso dei mezzi pubblici (anche prescindendo dal fatto che l’offerta in molti centri è inadeguata), non è immaginabile una conversione significativa al trasporto collettivo in tempi ragionevolmente brevi. Piste ciclabili e corsie preferenziali per mezzi leggeri potrebbero alleviare il problema, ma la gran parte delle persone non sarà comunque disposta ad abbandonare il proprio trabiccolo. Come si dice, quando non puoi obbligarli, cerca di convincerli. Funziona molto meglio un sistema premiale, che garantisce una serie di vantaggi certi e concreti, che un sistema sanzionatorio. Anche perché, riflettiamoci un attimo, non sarà aumentando il bollo o le accise sul carburante che si indurrà la massa degli automobilisti a rinunciare alla macchina. L’abbiamo visto finora: Il prezzo della benzina, che già sembrava altissimo, è quasi raddoppiato, ma il numero dei veicoli in circolazione non è diminuito sensibilmente. L’effetto di un ulteriore aumento sarebbe quello di rendere i cittadini un po’ più esasperati e inclini a lasciarsi sedurre dalle sirene dell’Antipolitica (ammesso che il termine voglia realmente significare qualcosa, visto che la Politica è la gestione dello stato). Tanti, troppi, a torto o a ragione, pensano che la qualità della loro vita, senza il caro vecchio trabiccolo, subirebbe un tracollo.Vediamo come ha risposto in passato la Politica a questo problema: “ ”. No, non è un errore, è il solido nulla, il vuoto pneumatico. Vediamo come reagisce l’industria: “SUV”. Quasi peggio. Anziché scoraggiare l’uso delle automobili convenzionali, solletica i bassi istinti di (im)potenza muscolare, proponendo i SUV, auto abnormi che sembrano furgoni, di cilindrata sempre più alta. Una vera manna, rispettivamente, per la congestione del traffico cittadino e per le nostre pleure! Può sembrare paradossale, eppure è il piano industriale che la nostra maggiore casa automobilistica sta perseguendo. La stessa che lamenta una contrazione del mercato interno a favore di modelli stranieri. Ma cosa pensano i nostri dirigenti d’azienda, che quando sulle strade inizieranno a circolare le piccole city car elettriche e loro non si saranno attrezzati adeguatamente per sostenere la concorrenza, ci penserà San Cristoforo? O, forse, San Matteo, protettore della Guardia di Finanza, che patrocinerà il ripristino dei dazi doganali?Facciamo un gioco. Immaginiamo che, per una volta, gli incentivi statali siano offerti, sì per la rottamazione di auto convenzionali, ma solo se vengono sostituite con auto elettriche. Esentiamo dal bollo per qualche anno i compratori di queste piccole auto e consentiamo l’accesso a finanziamenti agevolati, magari con un apposito fondo istituito presso la cassa depositi e prestiti del MEF. Una perdita netta per lo stato? Neanche per sogno! Il petrolio per la benzina, lo compriamo dall’estero e, con il risparmio, andiamo a compensazione, anche senza considerare la riduzione di malattie respiratorie (e peggio), che grava sul bilancio sanitario delle regioni. Poi, consentiamo la circolazione (ove possibile) nelle zone precluse al traffico delle automobili e facciamo parcheggi riservati ai veicoli elettrici. Concediamo il passaggio (sempre ove possibile) sulle corsie preferenziali ed iniziamo ad installare un numero congruo di colonnine di rifornimento, il cui costo è molto contenuto, nell’economia del progetto complessivo. Condiamo il tutto con un investimento serio -e non il solito bla bla bla- nella ricerca e nello sviluppo, per ottimizzare le prestazioni dei motori elettrici, innescando così il volano della Green Economy anche nel settore automobilistico. I posti di lavoro che si renderebbero disponibili sono stimati in termini di diverse decine di migliaia.Il processo di conversione è in già atto. Può essere rallentato ed ostacolato, ma non impedito. E ostacolarlo si ritorcerebbe contro di noi perché, quando un processo è inarrestabile, ci sono solo due alternative: governarlo o subirlo.