LAVORO: Il DDL di riforma del mercato del lavoro

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ROMA – Il 31 maggio il Senato ha approvato, in prima lettura, il disegno di legge governativo S. 3249, recante disposizioni per la riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita. L’intervento si colloca nell’ambito degli orientamenti stabiliti dal Consiglio europeo del 30 marzo 2012, che ha chiesto agli Stati Membri un impegno particolare per contrastare la disoccupazione giovanile. Il provvedimento passa ora all’esame della Camera dei deputati. Il disegno di legge di riforma del mercato del lavoro (A.S. 3249), approvato dal Senato in prima lettura il 31 maggio, si sviluppa principalmente attraverso le seguenti linee di intervento: –nell’ambito di una razionalizzazione delle tipologie contrattuali esistenti, si configura il contratto a tempo indeterminato quale contratto prevalente, disincentivando il ricorso al contratto a tempo determinato. Si delinea l’apprendistato quale contratto tipico per l’accesso al mercato del lavoro (nonché per l’instaurazione di rapporti a tempo indeterminato), valorizzandone il ruolo formativo; inoltre si introduce un meccanismo che collega l’assunzione di nuovi apprendisti alla stabilizzazione di almeno il 50% di essi nell’ultimo triennio, si fissa la durata minima dell’apprendistato a 6 mesi e si innalza il rapporto tra apprendisti e lavoratori qualificati dall’attuale 1/1 a 3/2; –si procede verso una ridistribuzione delle tutele dell’impiego, da un lato contrastando l’uso improprio e strumentale degli elementi di flessibilità relativi a talune tipologie contrattuali, dall’altro adeguando la disciplina dei licenziamenti (collettivi ed individuali). Con riferimento ai licenziamenti individuali, in particolare, si interviene operando importanti modifiche all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (che reca la cd. tutela reale, consistente nella reintegrazione nel posto di lavoro). Più specificamente, lasciando inalterata la disciplina dei licenziamenti discriminatori (mancanza di giusta causa, ove si applica sempre la reintegrazione), si modifica il regime dei licenziamenti disciplinari (mancanza di giustificato motivo soggettivo) e dei licenziamenti economici (mancanza di giustificato motivo oggettivo): queste ultime due fattispecie presentano un regime sanzionatorio differenziato a seconda della gravità dei casi in cui sia accertata l’illegittimità del licenziamento, il quale si concretizza nella reintegrazione (casi più gravi) o nel pagamento di un’indennità risarcitoria (casi meno gravi). Infine, si introduce uno specifico rito per le controversie giudiziali aventi ad oggetto l’impugnativa dei licenziamenti; –si opera un’ampia revisione degli strumenti di tutela del reddito, in primo luogo attraverso la creazione di un unico ammortizzatore sociale (Aspi – Assicurazione sociale per l’impiego) in cui confluiscono l’indennità di mobilità e l’indennità di disoccupazione (ad eccezione di quella relativa agli operai agricoli). Il nuovo ammortizzatore amplia sia il campo soggettivo dei beneficiari, sia i trattamenti: in particolare, oltre all’estensione a categorie prima escluse (principalmente apprendisti), fornisce una copertura assicurativa per i soggetti che entrano nella prima volta nel mercato del lavoro (principalmente giovani) e per i soggetti che registrano brevi esperienze di lavoro. Si prevede, quindi, l’introduzione di una cornice giuridica per l’istituzione di fondi di solidarietà settoriali. Inoltre, viene confermata l’attuale disciplina per la Cassa integrazione ordinaria, mentre vengono apportate modifiche alla disciplina della Cassa integrazione straordinaria. Infine, si prevede la creazione di un nuovo strumento di sostegno del reddito per i lavoratori ultracinquantenni; –si rinnovano e rafforzano le politiche attive del lavoro ed il ruolo dei servizi per l’impiego (per i quali vengono individuati livelli essenziali di servizio omogenei su tutto il territorio nazionale); –si introducono incentivi per accrescere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. In particolare, il provvedimento prevede norme di contrasto alle dimissioni volontarie dei lavoratori (cd. dimissioni “in bianco”: in proposito si segnala che analoghe disposizioni sono contenute nell’A.C. 3409 e abbinate, attualmente all’esame dell’XI Commissione Lavoro della Camera dei deputati).

 

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