E’ cominciata ieri una settimana decisiva per salvare l’euro e l’Europa ed evitare che la crisi si trasformi in una catastrofe. A differenza di quanto vanno proponendo con una straordinaria e irresponsabile leggerezza diversi profeti della “soluzione semplice”, come Beppe Grillo e Silvio Berlusconi, bisogna avere la consapevolezza che la rottura dell’euro e dell’eurozona rischia di avere per tutti i paesi, a cominciare da quelli più indebitati e in difficoltà, un effetto distruttivo di dimensioni non prevedibili. A rimetterci sarebbero per primi i cittadini meno forti, perché il superamento dell’euro comporterebbe svalutazione drammatica, forte inflazione, nessuna certezza sulla possibilità di rinnovare il debito pubblico e quindi drammatica contrazione delle possibilità di spesa dello Stato (molto, ma molto al di là dei risparmi dei quali si discute oggi, e quindi meno assistenza per chi è in difficoltà, meno scuola, meno salute, problemi per la previdenza), calo del valore dei risparmi dei cittadini, crollo del potere di acquisto di chi ha un reddito fisso. Questa settimana prova del fuoco: la Spagna emette giovedì i suoi Bonos; l’Italia ha aperto ieri l’asta per i Btp indicizzati all’inflazione. Ma lo spread con i Bund tedeschi sta di nuovo andando alle stelle. Si rischia di pagare interessi così alti da avviare un circolo vizioso. E intanto si avvicinano le elezioni greche (17 giugno) e quelle per il Parlamento francese (10 e 17 giugno). Insomma, ci sono tutti gli ingredienti per un avvitamento. Domani,la Banca centrale europea potrebbe ridurre i tassi di interessi di riferimento (oggi all’1 per cento). Da qui, il piano di salvataggio che si sta discutendo in Europa. Secondo alcune indiscrezioni pubblicate ieri dalla stampa tedesca, il presidente della Bce, Mario Draghi, il presidente della Commissione europea (l’esecutivo composto dai commissari), Manuel Barroso, il capo dell’Eurogruppo (i paesi che hanno adottato l’euro), Jean-Claude Junker, e il presidente del Consiglio europeo (i 27 capi di Stato e di governo dei paesi dell’Unione), Herman Van Rompuy, hanno ricevuto l’incarico di mettere a punto un piano in quattro capitoli. Il primo: l’Unione bancaria, con vigilanza europea e garanzia europea su tutti i depositi bancari dell’Ue. Il secondo: politiche comuni per la Difesa e gli Esteri. Il terzo: maggiori e decisivi potere dell’Unione sulle politiche di bilancio dei diversi paesi membri, ma anche istituzione di un fondo comune in cui mettere il debito pubblico di ciascuno Stato per la parte che eccede il 60 per cento del Pil (il valore del Prodotto interno lordo e del debito vengono messi a confronto, la parte di debito che supera un valore equivalente al 60 per cento di quanta ricchezza viene prodotta ogni anno da ciascun paese, viene messa in questo fondo). I titoli di Stato di ciascun paese in questo caso verrebbero scambiati con titoli europei (la Germania non vuole che si parli di eurobond, ma non è totalmente contraria ad emissioni di titoli da parte del cosiddetto Fondo salva stati). Ciascun paese pagherebbe gli interessi relativi alla sua parte di debito, ma il costo sarebbe molto più basso di quello che i più deboli e indebitati, (Grecia, Spagna, Portogallo, Italia) sono costretti a pagare oggi pur di farsi prestare i soldi per le proprie necessità. Il quarto capitolo: riforma comune del welfare secondo il modello tedesco. Vediamo come andrà a finire. Intanto, Mario Monti si prepara ad affrontare forse il mese più difficile per il suo governo. Oltre al G20, che si terrà in Messico, infatti, c’è l’appuntamento a Bruxelles del 28 giugno, dove appunto Van Rompuy dovrebbe presentare la bozza di ‘masterplan’ per l’Unione europea a tutti i 27, inclusa a una cancelliera Angela Merkel che continua a opporsi agli eurobond. Ma prima del summit europeo Monti dovrà preparare il vertice con la stessa Merkel, il presidente francese Francois Hollande e Mariano Rajoy, che ospiterà a Roma il 22 giugno.