E’ stato lanciato dai ribelli siriani l’ultimatum di 48 ore inviato al presidente Bashar al Assad, a cui è stato intimato di rispettare il piano dell’inviato Onu Kofi Annan, che prevede, tra i sei punti di cui si compone, la cessazione delle violenze. L’aut aut arriva dopo una giornata di dura repressione da parte delle forze governative che hanno causato la morte di almeno 62 persone, per lo più civili. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, l’esercito nazionale è colpevole di un vero e proprio massacro compiuto negli scorsi giorni a Hula, città della provincia di Homs, che è scostato la vita a circa 110 civili. Secondo i maggiori organi di stampa, in un video apparso su youtube, il colonnello dissertatore Qassem Saad ad Din avrebbe affermato: “I vertici dell’Esercito libero all’interno della Siria annunciano di dare un ultimatum di 48 ore al regime perché applichi le risoluzioni del Consiglio di sicurezza”, precisando che se entro mezzogiorno di venerdì prossimo il regime non fermerà le violenze contro i civili, non ritirerà le truppe dalle città e non libererà tutti i prigionieri politici, l’Esercito libero siriano non rispetterà il cessate il fuoco e difenderà con ogni mezzo i cittadini siriani, i loro villaggi e le loro città. Il ministro degli Esteri belga, Didier Reynders, si è detto a favore di una presenza militare straniera nel Paese, spiegando che non sarà un vero e proprio intervento come in Libia nel 2011, ma consisterebbe nella realizzazione di zone di sicurezza poste sotto la protezione di una forza internazionale. Ma gli Stati Uniti in primis, seguiti da altri Paesi europei tra cui l’Italia, hanno fatto sapere di escludere a priori tale possibilità soprattutto a causa del blocco russo-cinese in seno al Consiglio di sicurezza. Mentre si consumano ancora violenze e atrocità, l’impasse della comunità internazionale perdura a causa dello scarso interesse da Parte dei Paesi occidentali, celato dietro il blocco posto da Cina e Russia. Da mesi si susseguono denunce e dichiarazioni confermate negli ultimi giorni: Mosca ha nuovamente ribadito il no a nuove sanzioni proposte dagli Usa, la Gran Bretagna sottolinea l’importanza di escogitare un nuovo modo per aumentare la pressione sul governo di Damasco e il governo turco sta valutando la creazione di una zona cuscinetto a confine con la Siria per arrestare il continuo afflusso di profughi.