Filippo Ispirato
Grecia 2012, Argentina 2001, Russia 1998 sono solo alcuni degli interventi che il Fmi ha attuato nel corso degli anni a sostegno delle economie dei paesi in difficoltà affinché potessero uscire dalla crisi in cui versavano. Diverse sono le critiche che vengono mosse a questa istituzione sovranazionale per le logiche attuate, l’eccessivo ricorso alle privatizzazioni e al liberismo economico, il non essere stato in grado di far uscire realmente dalla crisi i paesi in difficoltà che spesso sono sprofondati in una recessione ancora maggiore. E’ importante a questo punto capire da chi è composto e come funziona il Fondo Monetario Internazionale e quali siano i suoi punti di forza e di debolezza. L’Fmi è un’organizzazione nata nel 1946, all’indomani della seconda guerra mondiale, per regolare la vita economica delle nazioni aderenti e favorire la crescita dei paesi in via di sviluppo. Nello specifico i suoi scopi, come recita l’articolo 1 del suo Accordo Costitutivo sono: facilitare l’espansione del commercio internazionale, promuovere la cooperazione monetaria internazionale, ridurre il deficit e lo squilibrio della bilancia commerciale degli stati membri, promuovere la stabilità e l’ordine dei rapporti di cambio monetario evitando svalutazioni competitive, erogare risorse ai paesi in difficoltà dietro adeguate garanzie. E’ composto da un consiglio di Governatori, da un Direttore Operativo e un Consiglio Esecutivo; quest’ultimo ha le funzioni principali di gestione delle politiche operative e di erogazione fondi ed è composto, tra gli altri, da cinque membri permanenti appartenenti ai cinque maggiori paesi contribuenti (Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia e Regno Unito). Questa istituzione, inizialmente pensata per creare un sistema di coordinamento economico e finanziario per evitare nuove crisi simili a quella del 1929, viste le mutate condizioni sociali ed economiche mondiali, si è concentrato maggiormente sulla concessione di prestiti ai paesi in difficoltà e con forti deficit, e alla ristrutturazione del debito pubblico delle nazioni in via di sviluppo. La critica principale mossa al Fmi è quella di imporre ai paesi soccorsi dei piani di salvataggio che consistono essenzialmente in tagli alla spesa pubblica, aumento della tassazione e nell’imporre delle privatizzazioni in ottica neoliberista per far cassa e generare le entrate sufficienti a ripianare i loro squilibri di bilancio. Si tratta di politiche focalizzate esclusivamente sugli aspetti finanziari e contabili di risanamento del deficit ma poco sulla creazione di condizioni che permettano uno sviluppo duraturo di un paese per uscire in maniera definitiva dalla crisi in cui versa. E’ emblematico il caso dell’Argentina, spesso definita come paese “modello” nel seguire le manovre richieste dal Fmi nel ventennio 80-90, che avviò una serie di privatizzazioni in ottica neoliberista e tagli alla spesa pubblica con il conseguente aumento di tasse e tariffe dei servizi pubblici, e culminò con l’insolvenza del suo debito pubblico. E’ ovvio naturalmente che il disastro argentino non sia stato creato solo dalle indicazioni del Fmi, ma da un pericoloso mix di manovre imposte dal Fmi, di corruzione della classe politica e dagli interessi delle grandi banche e corporations straniere intenzionate a spartirsi la ricchezza di risorse naturali del paese. Un altro “allievo modello” dei giorni nostri senza andare troppo lontano è il Portogallo che, sebbene stia seguendo alla lettera le indicazioni della Trojka (composta da Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale e Unione Europea), nel giro di un biennio ha visto aumentare a dismisura il suo debito ed il suo deficit. Anche qui le cause principali sono i tagli che hanno depresso la capacità di spesa dei lusitani e la richiesta di privatizzazioni di interi settori produttivi, che hanno comportato la riduzione di posti di lavoro e la delocalizzazione di interi sistemi produttivi. Trovare delle soluzioni alle problematiche di deficit di una nazione non è semplice, a volte alcuni tagli sono necessari per il risanamento ma non devono essere eccessivi onde evitare la stagnazione dei consumi o, ancora peggio, una recessione. Il risanamento, a mio avviso, dovrebbe essere raggiunto nel medio periodo attraverso un giusto mix di tagli e stimoli alla crescita, e non in breve tempo come richiesto sovente dagli organismi sovranazionali. A conclusione va ricordata una frase dell’argentino Juan Garrahan, che può riassumere in poche righe l’essenza degli aiuti alla crescita di un paese in difficoltà: “la denutrizione e le crisi sono delle infermità socioeconomiche e culturali che si risolvono solo rendendo produttive tutte le componenti di una nazione”