SALERNO – Il pomeriggio del 23 maggio 1992 fu un pomeriggio molto particolare, soprattutto per le redazioni giornalistiche salernitane. Da mesi, oramai, in Città e nelle redazioni si respirava un’aria molto pesante. Il 17 febbraio era partita la “tangentopoli nazionale” passata alla storia con il nome di “mani pulite”, tangentopoli che era stata preceduta nel nostro territorio dall’uccisione dei carabinieri Arena e Pezzuto a Pontecagnano/Faiano. La mattina del 16 aprile. Dieci giorni dopo le elezioni politiche gli uomini della Guardia di Finanza avevano sequestrato e sigillato gli studi tecnici degli ingegneri Raffaele Galdi e Franco Amatucci, i cosiddetti “due compassi d’oro”, molto vicini all’allora ministro per le aree urbane on. Carmelo Conte. Il 12 maggio era arrivato a Salerno l’arcivescovo Gerardo Pierro (vicinissimo al gran visir Ciriaco De Mita) e tutti speravano in una frenata dell’azione devastante della magistratura contro la politica. L’atmosfera quel pomeriggio del 23 maggio 1992 era tesissima perché si aspettava la pronuncia del Tribunale del Riesame sul ricorso dei due tecnici contro il sequestro degli studi; dalla pronuncia positiva o negativa sarebbe dipeso il futuro della “tangentopoli salernitana”. All’epoca dirigevo TV/Oggi Salerno e quel pomeriggio, sebbene fosse sabato, avevo allertato tutta la mia redazione per seguire l’avvenimento nel Tribunale di Salerno e per prepararsi adeguatamente all’edizione serale del telegiornale prevista per le ore 19.30. Intorno alle 18.00 mi trovavo nel mio studio di direttore e stavo seguendo le notizie su televideo quando intorno alle 18.20/18.30 apparve la breve e inquietante scritta: “Palermo/Capaci, bomba autostrada A/29, ferito giudice Giovanni Falcone”. Andai letteralmente in fibrillazione, richiamai tutta la redazione in una riunione tecnica che fu interrotta alle 19.00 dall’edizione straordinaria del TG/1. Apparve l’immagine di Angela Buttiglione per annunciare la morte di Falcone e di almeno tre uomini della scorta oltre ad una ventina di feriti. I numeri del micidiale attentato furono, però, ben altre: 5 morti e 23 feriti. Persero la vita. Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo (magistrato), Vito Schifani – Rocco Dicillo e Antonio Montinaro i tre uomini della scorta. Si salvò incredibilmente l’autista di Falcone perché si trovava seduto sul sedile posteriore dell’autovettura che il giudice aveva preferito guidare direttamente. L’attentato era avvenuto alle ore 17.58 sull’autostrada A/29, loc. Isola delle Femmine nei pressi dello s vincolo di Capaci. Tra i responsabili Giovanni Brusca e Pietro Rampulla. La notizia, ovviamente, mando all’aria tutte le scalette dei vari telegiornali locali e penetrò fin dentro l’aula di consiglio del tribunale del Riesame che sospese i lavori rimandandoli al lunedì successivo. Dopo l’edizione straordinaria del TG/1 rimasi a lungo perplesso e senza parlare. Era chiaro che la mafia stava portando un attacco storico, epocale e senza precedenti al cuore dello stato e che da quel momento tutti, veramente tutti, dovevamo prepararci ad una lunga stagione di stragi. L’instabilità politica di quei mesi, dopo l’avvio della tangentopoli nazionale ad opera di Antonio Di Pietro e degli altri PM di Milano, aveva praticamente spianato un’autostrada alla malavita organizzata e, soprattutto, alla mafia siciliana che continuò con attacchi dinamitardi tra Milano, Firenze e Roma prima di arrivare al culmine stragista con l’attentato di Via D’Amelio in danno del giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. Frettolosamente preparammo qualcosa per il nostro tg che opportunamente rinviato iniziò intorno alle ore 20.00 quando ormai la notizia era stata eclatata da tutti i grandi net-work nazionali ed internazionali. Questo, molto sintetico, il mio ricordo di quel maledetto pomeriggio di venti anni fa.
direttore: Aldo Bianchini