NAPOLI – La corsa per la conquista della poltrona di “capo” della Procura della Repubblica di Napoli è finita. Almeno per Paolo Mancuso, magistrato di lungo corso, coraggioso, integerrimo, spesso sopra le righe, non conformista e certamente con una passione: quella di fare il magistrato di frontiera. E’ caduto nella trappola astutamente tesagli dai tanti colleghi che lo hanno rispettato soltanto per timore, mai amato e spesso odiato. Una trappola che non aveva assolutamente previsto e dalla quale non gli è stato possibile difendersi. I suoi presunti rapporti con i politici del “centro destra” e, soprattutto, con Maurizio Gasparri gli sono stati fatali. Hanno intercettato alcune sue conversazioni (prive di consistenza e rilevanza) con conseguente massacro mediatico. Proprio lui che aveva da sempre combattuto contro l’uso e l’abuso delle intercettazioni, proprio lui che aveva da sempre combattuto contro l’uso e l’abuso dei pentiti nell’epoca in cui ilcosiddetto “pentitismo” era entrato nella storia del diritto dalla finestra e si era seduto sulla poltrona più alta e importante del sistema giudiziario. Ancora vibrante la grande e penetrante inchiesta che condusse negli anni ’90 a carico dei colleghi della Procura di Salerno per l’eccessivo e distorto utilizzo del pentiti impiegati nell’azione di smantellamento di un’intera classe politica dirigente. Ma le sue inchieste non si contano. Non aveva mai pensato che un giorno potessero risultargli indigeste, prima nella lotta per la conquista della Procura di Salerno (poi andata a Franco Roberti) e adesso per quella ben più importante della Procura della Repubblica di Napoli. E’ stato vittima, dicevo, di un massacro mediatico senza precedenti senza avere la possibilità di abbozzare la benché minima difesa e senza alcun rispetto delle garanzie da parte di tanti che pure dichiarano di ispirarvisi. In pratica Paolo Mancuso è stato costretto a ritirarsi dalla corsa per la Procura di Napoli dopo l’invio di atti al CSM
su presunte pressioni finalizzate ad ottenere il voto dei consiglieri laici del PdL. Ora è passato al contrattacco e in una lunghissima lettera nega qualsiasi intervento e per ricostruire la vicenda sembra abbia anche indicato in un sms la causa di tutto. In quel messaggio avrebbe scritto ad un amico (qualcuno lo ha indicato forse nella persona dell’ex capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno!!) che credeva fidato “La missione è di quelle impossibili, MG mi detesta”. Molti osservatori avrebbero decifrato la due lettere MG con l’identità di Maurizio Gaspar ri, capo gruppo al Senato del PdL e fratello del vice comandante generale dell’arma dei carabinieri. Lapidaria una sua dichiarazione ufficiale sull’intera vicenda: “Io oggetto di manovre mai chiarite e ancora attuali inviate al CSM e pubblicate conversazioni intercettate prive di consistenza e rilevanza. C’è stata una generale ipocrisia, e un massacro senza garanzie anche nelle nostre mailing list”. Fin qui il caso umano ed anche professionale di un magistrato certamente sempre rispettoso dei principi di lealtà, indipendenza, trasparenza e deontologia. Il caso Mancuso,ovviamente, apre la discussione su come le intercettazioni vengono captate, su come vengono utilizzate e su come vengono diffuse e pubblicate anche attraverso gli organi di stam pa. Una discussione che sta accompagnando, con risvolti spesso molto contrastanti, la difficoltosa ricerca di una soluzione concertata, giusta e garantista. Siamo il Paese al mondo in cui si effettuano più intercettazioni (tra telefoniche e ambientali) e in cui si spendono decine e decine di milioni di euro ogni anno. Una pratica aberrante che lede anche i diritti più consolidati di ognuno di noi e che, molto sovente, scaraventa nel tritacarne mediatico personaggi assolutamente innocenti per fatti decisamente irrilevanti, almeno sul pianogiudiziario. Adesso è toccato ad uno dei magistrati più quotati che il mondo della giustizia abbia prodotto in questi ultimi decenni. Un vero peccato,poteva essere un punto di riferimento certo nel complicato e misterioso sistema
della gi ust izia della nostra regione.
direttore: Aldo Bianchini