Maria Chiara Rizzo
L’Egitto sprofonda nel caos e nella violenza a meno di tre settimane dalle elezioni presidenziali. Da pochi giorni gli scontri tra manifestanti e militari si susseguono senza tregua e al Cairo, in piazza Abbaseya, nei pressi del ministero della difesa, sede della giunta militare al potere dall’11 febbraio 2011, dopo la caduta di Hosni Mubarak, si protesta contro l’abuso di potere della giunta a cui si chiede di uscire di scena. La protesta, però, sarebbe nata in piazza Tahrir, luogo simbolo della primavera egiziana, dove sono confluiti gruppi di cittadini arrivati da Alessandria per unirsi in un lungo corteo che ha attraversato la capitale del Paese. Alla protesta hanno partecipato salafiti, simpatizzanti dei Fratelli musulmani, giovani della Coalizione della Rivoluzione e movimentisti del 6 Aprile, tutti uniti contro il potere della giunta militare, già accusata nel corso dei mesi scorsi di organizzare bande dedite ad atti criminali che rendono fortemente insicure le principali città egiziane. Secondo testimonianze, al tentativo dei manifestanti di superare la barriera di filo spinato posta ai bordi della piazza, la polizia militare ha risposto con una durezza sproporzionata causando morti, un centinaio di feriti e circa 500 intossicati dai gas lacrimogeni. Inoltre, si contano oltre 170 arresti. La polizia militare ha reagito con cannoni ad acqua e, con cariche ripetute, ha svuotato piazza Abbasseya, mentre carri armati e blindati bloccavano l’accesso alla piazza ad altri manifestanti. Secondo questi ultimi, l’esercito ha anche bruciato le tende di chi aveva organizzato un sit in. La maggior parte della gente scesa in piazza è convinta che in Egitto il vecchio regime è ancora al potere anche senza Mubarak e che il Consiglio militare, alla guida del Paese, è costituito da generali nominati dal vecchio presidente. L’Egitto rivendica un potere politico scelto liberamente dalla sua gente.
