SALERNO – La morte dell’avvocato Vincenzo Cammarota, del mio amico Enzo Cammarota, ha colpito buona parte della città di Salerno. Ha colpito soprattutto quella parte della Città che ha vissuto, nel bene e nel male, la lunga esperienza politico-sociale di quello che passerà alla storia come il “laboratorio politico della sinistra” preso a modello nazionale dal PSI negli anni ‘80. Insomma una grossa palestra in cui Enzo Cammarota, lo si voglia riconoscere o no, si mosse come un protagonista di prima grandezza e con alterne fortune. Tanto che in quel famoso e/o famigerato laboratorio trovò la sua naturale sedimentazione politico-culturale fino all’incarico di “assessore comunale”, quando gli assessori contavano e come. Era nato e cresciuto nelle file giovanili del MSI (Movimento Sociale Italiano) ma si era convertito e si era realizzato nelle file del PSI (Partito Socialista Italiano) dell’era Craxi e della sua promanazione territoriale nel nome di Carmelo Conte. Come sempre accade quando muore un personaggio si è sempre più disponibili a tesserne soltanto le lodi anziché a ricordarne tutte le sue sfaccettature, anche quelle più brutte e imbarazzanti. Ho spesso detto e scritto che quest’ultimo spinoso compito tocca quasi sempre a me, e come per una sorta di investitura mai proclamata eccomi a parlare anche del compianto amico Enzo che non c’è più, purtroppo non c’è più. Carattere abbastanza spinoso e spigoloso, volitivo, prorompente, geniale, aperto, illuminato, trascinante, molto spesso anche generoso. Fu assessore, spesso contestato, nella seconda giunta Giordano dopo aver riportato un forte successo elettorale personale nelle elezioni amministrative del 1990. Da quel successo partì probabilmente la sua inevitabile rottura con l’allora ministro per le aree urbane Carmelo Conte. Si intestardì moltissimo e rimase fermo sulle sue posizioni quando nel ’92, a scandalo tangentopoli già partito, non capiva perché il ministro preferiva Agostino Verga a lui nella imminente ed annunciata sostituzione mai realizzata di Vincenzo Giordano alla guida del Comune di Salerno. Non aveva capito che il ministro aveva già deciso di buttare a mare sia lui che Verga. In quei giorni terribili ci fu anche una sorta di “conclave segreto” durato cinque giorni che il ministro tenne in luoghi lontani da Salerno in modo da poter invitare separatamente sia Enzo che Agostino e, forse, qualche altro ancora per cercare di mantenere buoni tutti e poter affrontare con maggiore forza lo scontro dell’imminente tracollo generale. I principali attori di quel conclave furono soprattutto Enzo e Agostino che per cinque giorni furono letteralmente inghiotti nel nulla mentre in Città venivano costruite le più incredibili storie sulla loro assenza. Mi rendo conto che è difficile scrivere la verità o le presunte verità, non l’ha fatto neppure l’ex ministro Carmelo Conte quando pochi giorni fa ha ricordato la figura di Enzo Cammarota sulle pagine di Roma-Cronaca. Non ha detto la verità, ad esempio, su quel maledetto concorso per “vigili urbani” che fu voluto e controllato dallo stesso Enzo e che per le inevitabili querelle che ne conseguirono gli sfuggì dalle mani permettendo agli inquirenti di entrare nei sacrari dei segreti del cosiddetto “sistema socialista” per il controllo della Città capoluogo. Anche il concorso per la nomina del generale dell’esercito Carmelo Marmo comandante della Polizia Urbana fu un momento di grande confusione e di battaglie invereconde con scontri all’arma bianca tra le diverse fazioni. Enzo cercò di combattere con tutte le sue forze sia contro i criteri di selezione del concorso per vigili che per la nomina del generale Marmo. Perse la battaglia e su tutto questo si appuntò l’attenzione feroce dell’opposizione e dello stesso PCI/PDS che allora, con De Luca, Bonavitacola ed altri faceva parte della stessa maggioranza. E puntuale arrivò anche l’interesse della Magistratura che spaccò tutto e tutti sparigliando accordi e compromessi. Ma Enzo Cammarota, è bene che tutti lo sappiano, fu anche un lucido e forse spietato censore del “malaffare socialista” che pure esisteva ed era addirittura palpabile. Fu trattato come la “Cassandra di turno” , costretto alla gogna e quasi epurato dalle alte sfere provinciali del partito. Ricordo bene quel pomeriggio di grande tensione, nella primavera del ’92, quando il partito socialista chiamò a raccolta tutti i suoi stati generali nel cinema-teatro Capitol ed Enzo non fu ammesso a parlare proprio nel cinema-teatro a lui tanto caro e che qualche mese prima aveva riempito oltre ogni più rosea aspettativa di suoi fans elettorali. Passeggiò a lungo con me avanti e indietro per Corso Vittorio Emanuele presagendo la fine di quello che Lui aveva considerato un grande laboratorio di idee e di progetti. E così fu. Peccato che nessuno volle ascoltarlo. Di quei giorni trionfali e dell’apoteosi nel Capitol Enzo Cammarota aveva riempito di foto i corridoi del suo studio legale, spesso ci siamo fermati, insieme, a commentarle senza pochi rimpianti. Sul piano dei rapporti di amicizia non potrò mai dimenticare l’ultima cena consumata in un bellissimo ristorante di San Giuseppe Vesuviano, dovevamo parlare di politica ed a lungo dialogammo ben sapendo che ormai quel tempo era passato in maniera irreversibile. E’ accaduto poco più di un anno fa, mai e poi mai avrei pensato che un male devastante lo avesse portato via in così poco tempo. Il 5 aprile scorso gli inviai a mezzo sms gli auguri per il suo onomastico, non mi rispose come faceva solitamente, non immaginavo che stava già molto male. Venerdì 27 aprile, un maledetto venerdì, come d’incanto è finita la sua baldanza e l’amore di ascoltarsi, aveva una dialettica forbita e, forse, ineguagliabile. Al figlio Antonio ha passato il suo timbro di voce, la passione pura per la politica, una profonda onestà intellettuale, un limpido amore per la città di Salerno e gran parte della sua dialettica. Adesso riposa in pace, e per sempre.
direttore: Aldo Bianchini
direttore mai, ed è giusto che sia così, ho sentito parlar male di un morto. ma a volte è meglio tacere