Gambino/37: il quid investigativo

Aldo Bianchini

PAGANI – Nel precedente articolo del 17 marzo 2011 dal titolo “Gambino/30: Panico, il super teste poco super” facevo una riflessione di carattere generale che ha, in un certo senso, anticipato la scelta dei collegi difensivi di chiedere la scarcerazione di tutti gli imputati e la successiva decisione del Tribunale di mandarli ai domiciliari. Scrivevo testualmente: “Ebbene alla fine della lunga seduta mi sono detto a voce alta che “la giustizia se vuole fare una bella figura farebbe bene, alla fine dell’esame e del contro esame del teste Panico, a scarcerare tutti gli imputati”, salvo poi a processarli per le singole questioni di natura giudiziaria, semmai dovessero essercene, ma non come un’associazione di stampo camorristico”. Confermo quella mia riflessione e davvero credo che “tutti” faremmo una bella figura se nelle prossime settimane il tribunale provveda a rimettere in libertà tutti gli imputati in quanto la condizione carceraria non è più necessaria, e neppure sostenibile,  essendo venuti meno i presupposti posti alla base della stessa. Non sono esaustivi gli arresti domiciliari concessi, anche in maniera un po’ concitata, nel pomeriggio di venerdì 30 marzo scorso. Come è assolutamente fuori luogo, e forse troppo difensiva, l’opposizione al provvedimento che i due PM hanno manifestato contro ogni previsione. Non mi dilungo di più sulla cronaca spicciola degli avvenimenti delle ultime ore, ivi compresa la caduta in carcere di Giuseppe Santilli con conseguente necessità di punti di sutura della ferita alla testa, così come gli inspiegabili ritardi nelle scarcerazioni (Santilli addirittura il giorno dopo) perchè per queste cose ci sarà pure un giudice a Berlino capace di colpire le eventuali responsabilità. E’ arcinoto, ormai, che a me non piace la cronaca e prediligo l’approfondimento d’inchiesta sui vari casi che tratto giornalisticamente. Avevo già anticipato nella puntata “Gambino/32” del 23 marzo scorso che, fossi stato nei panni di Gambino, mi sarei preoccupato più delle dichiarazioni di Giuseppe Serritiello e Rosa Ferraioli che delle performance della famiglia Panico. Ho letto e riletto le dichiarazioni rese a verbale  dai due funzionari del comune e ne ho ricavato un’impressione precisa. Delle due l’una, o i due (Serritiello e Ferraioli) mentono talmente bene o i due pm (Montemurro e Volpe) non possiedono quel “quid investigativo” che, comunque, non è da tutti. Mi spiego meglio soprattutto per i due PM, per essere estremamente chiari, fare il giudice requirente non vuol dire avere in dono da Dio il “quid” che è innato in ognuno di noi e che fa elevare dalla massa chi lo possiede, e questo in ogni attività professionale e/o lavorativa. Per quanto attiene la giustizia salernitana io personalmente ho conosciuto soltanto un pm dotato di un eccellente “quid investigativo”. Si tratta, che piaccia o no, di Michelangelo Russo (che ora non è più in magistratura) dotato di un eccellente “fiuto” anche se spesso non ha concluso le sue inchieste con la raccolta di prove conclamate.  Ma sapeva anche fare dei passi indietro, quando era necessario.  Un passo indietro, è questo che chiedo ai due pm del processo “Linea d’ombra”, invece loro si oppongono anche alla concessione degli arresti domiciliari per tutti e la piena liberta per Trapani, devono dimostrare il coraggio di mandarli a “piede libero” proprio tutti,   altrimenti dovranno ben motivare e spiegare fino in fondo il contenuto delle dichiarazioni di Serritiello e Ferraioli che io ritengo fondamentali nell’economia processuale, così come ritengo che i collegi difensivi dovranno su queste due testimonianze, quando arriveranno alla sbarra, sparare tutte le loro capacità professionali per demolirle. In pratica i due funzionari del Comune di Pagani descrivono un clima di “chiara intimidazione” che era maturato all’interno del palazzo di città fino al punto che la Ferraioli dichiara testualmente: “Non sono in grado di specificare le testuali parole del sindaco ma ricordo che lo stesso mi invitava a non proseguire la mia attività d’ufficio spiegandomi che i fratelli D’Auria erano <cosa sua> e che di tale questione assumeva lui in prima persona tutte le responsabilità di legge”. E vi sembra poco che una funzionaria del Comune parli di <cosa sua>. La dichiarazione prosegue e mi riservo di pubblicare altri ampi stralci. Basta quello che ho pubblicato oggi perché un semplice giornalista come me ponga precise domande ai due PM.: 1)Nell’ambito delle indagini preliminari i pm si sono chiesti perché Serritiello e Ferraioli hanno deciso all’improvviso di smascherare una situazione di tensione e di pressioni che verosimilmente durava da tempo?2) Che cosa è accaduto per farli decidere a rendere simili dichiarazioni3) Come sono arrivati i due a ricoprire ruoli e incarichi così importanti nell’amministrazione comunale?; 4) Quali erano i rapporti tra i due e la segretaria comunale avv. Ivana Perongini e con lo stesso Gambino?; 5) Chi aveva per decreto sindacale sottoscritto le nomine per i due ai vertici funzionali; 6) Sulla base di quale peculiare “qualifica” i D’Auria-Petrosino occupavano l’immobile con terreno annesso?; 7) E questa qualifica come era stata loro assegnata e da chi?; 8) E per finire, i due funzionari comunali hanno congiunti e/o parenti che hanno avuto dei “problemi” con qualcuno implicato nella varie inchieste del “sistema Pagani”?. Queste sono alcune delle domande alle quali nelle prossime puntate darò delle risposte precise. Mi rendo conto che gli arresti domiciliari concessi dal tribunale sono un fatto significativo dopo quanto accaduto in questi lunghi mesi tra Procura, Tribunale, Riesame e Cassazione, ma sono pur sempre carcerazioni, e ad oggi non ci sono ragioni plausibili per continuare in questo martirio.  Capisco che la Procura si è appiattita sulle dichiarazioni dei Panico e che le dichiarazioni dei due funzionari sono state il grimaldello per far scattare gli arresti, ma credo che per continuare a mantenere la linea dura bisognerà dare risposte precise alle domande di cui innanzi. In caso contrario potremmo, davvero, trovarci di fronte ad un castello di sabbia. Adesso comprendo il fuoco di sbarramento sparato dai PM con l’inchiesta a carico della segretaria comunale (già direttore generale del Comune) ed anche a carico dello stesso Serritiello, rinviato a giudizio guarda caso con Gambino, nella vicenda delle multe. Un controllore che diventa controllato, di certo è una posizione molto sui generis anche ai fini processuali diretti e indiretti. Le ultime due domande: 1) I magistrati inquirenti si sono posti la domanda del perché Serritiello e Gambino sono stati rinviati a giudizio insieme?; 2) Per caso in questa vicenda ha svolto un ruolo anche la segretaria comunale Ivana Perongini?. Nel frattempo il Giudice del Lavoro ha strapazzato il commissario prefettizio e il suo difensore ed ha ordinato “ad horas” il reintegro della Perongini nel suo posto di lavoro. Ma di tutto questo ne parlerò in seguito. Alla prossima.

3 thoughts on “Gambino/37: il quid investigativo

  1. Sto seguendo, fin dall’inizio, il racconto di Bianchini sulla vicenda giudiziaria che sta travolgendo la città di Pagani. Sono di Pagani e non per questo mi sento accerchiato in un covo di camorristi come qualcuno vuol far passare questa città. I teoremi di Bianchini non credo siano tanto lontani dalla realtà, nelle strade della città si respira un’aria di complotto che viene fuori proprio dal palazzo comunale. Lì qualcuno ha voluto far fuori Gambino, bisogna scavare in quelle stanze per sapere la verità. Spero che il giornalista faccia luce su tuttoo questo e dia le risposte giuste alle domande ch egli stesso ha posto. Buon lavoro.

  2. La puntata odierna scxritta da Bianchinii sulla vicenda Gambino promette scintille. Oltretutto ha dato la notizia del reintergo della segretaria comunale in anteprima, e fino a questo momento nessuno ne ha parlato ancora. C’è un complotto occulto anche contro Bianchini o il giornalista ha i suoi interessi? Le prossime puntate della storia ci diranno forse la verità.

  3. Non sapevo che i due funzionari nelle dichiarazioni avevano adombrato un sistema di intimidazione all’interno del comune, uno è arrivato a parlare addirfittura di “cosa sua”per non dire “cosa nostra”. Ma questi inquirenti prima di incarcerare la gente svolgono indagini a tutto campo o si fermano al primo segnale di illegalità. Spero che si faccia chiarezza per il bene del popolo di Pagani.

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