ROMA – L’onorevole Massimo D’Alema, presidente del Copasir e una delle colonne portanti del Partito Democratico, è stato prosciolto dall’accusa di aver utilizzato, per motivi personali, cinque voli della compagnia Rotkopf senza aver acquistato direttamente i biglietti e, conseguentemente, senza aver pagato la tariffa prevista. Buon per lui, gli è andata non bene ma benissimo. Fosse stato un altro le cose certamente si sarebbero almeno complicate un po’. Non conosco D’Alema, non ce l’ho con lui. La cosa che mi intrica, però, è certamente un’altra ed è il principio del “libero convincimento del magistrato” che viene utilizzato troppo liberamente e troppo incoerentemente. Il tutto fa letteralmente a cazzotti anche con l’altro principio che spesso viene evocato dai magistrati, cioè quello del “non poteva non sapere” che viene brandito come una clava o viene usato come una margherita (nessuna allusione all’ex partito politico!!). In molti altri Paesi, cosiddetti civili, questi due principi non sono mai esistiti o sono stati spazzati via da molto tempo. Ma veniamo alla vicenda D’Alema che ci interessa più da vicino. Il GIP del Tribunale di Roma ha archiviato l’inchiesta che vedeva indagato Massimo D’Alema su richiesta del procuratore aggiunto Alberto Caperna e dei due sostituti, Paolo Ielo e Giuseppe Cascini, che si erano direttamente interessati alle indagini preliminari. Nelle motivazioni del provvedimento si legge come il presidente del Copasir “abbia fornito dichiarazioni verosimili e credibili min merito ai cinque voli da lui utilizzati come <atto di generosità> del suo amico Vincenzo Morichini, numero uno di Ina-Assitalia”. In buona sostanza, nelle cinque pagine del provvedimento, i giudici dicono che “l’esponente nazionale del PD <non poteva avere la consapevolezza> che a pagare quei cinque <passaggi aerei> fosse stata in realtà la SdB (Soluzioni di Business) dell’amico Morichini”. Da qui, ovviamente, la carenza dell’elemento oggettivo del reato, nonostante la SdB non avesse mai iscritto a bilancio l’utilità di cui ha beneficiato D’Alema (cioè i 10mila euro dei cinque voli!!) e non avesse mai deliberato l’erogazione della spesa. Tutto questo, leggete bene, nonostante gli altri indagati (Viscardo e Paganelli, responsabili della Rotkopf Aviation) avessero già patteggiato, dinnanzi al Gup di Roma Anna Maria Nicotra, la pena con condanne rispettive a 16 e 11 mesi di reclusione, pena sospesa. Erano accusati di corruzione e turbativa d’asta in danno dell’Enac per l’aggiudicazione di alcune gare di appalto. Per i tre magistrati requirenti romani è stata sufficiente la glaciale spiegazione di Massimo D’Alema: “Non avevo alcun interesse personale a servirmi di quei voli, visto che come parlamentare e come presidente del Copasir avevo diritto ad utilizzare i voli Cai”. Una sentenza di proscioglimento in istruttoria che resterà per molto tempo negli annali della storiografia giudiziaria di questo Paese. Mi è piaciuta molto l’espressione di “passaggi aerei” perché, a ben pensare, è proprio vero che non si è trattato altro che di passaggi aerei. Insomma un po’ come capita per noi umili mortali quando chiediamo all’amico di turno di “darci uno strappo” per il centro della città ovvero come quando l’amico passa e dice “vieni in centro con me”. Difatti se confrontiamo, in maniera proporzionale e percentuale, le nostre figure con quella del presidente del Copasir possiamo veramente ben capire la grande valenza dell’espressione “passaggi aerei” che, in maniera molto sofisticata e per certi versi anche filosofica, sarebbe stata coniata dal pm Paolo Ielo. Quanto acqua è passata sotto i ponti, anche per lui, dai tempi del pool mani pulite di Milano quando il pm Ielo era uno dei più accaniti e convinti persecutori dell’illegalità diffusa e sempre schierato in prima linea. Alla prossima.
direttore: Aldo Bianchini