NOCERA INFERIORE – Capisco benissimo che la stampa rincorre le notizie per fare cronaca, ma per un processo come quello in corso nel Tribunale di Nocera Inferiore, “Linea d’Ombra”, mi sembra proprio che la cronaca debba lasciare un po’ di spazio all’approfondimento se il mondo dell’informazione vuole contribuire a fare chiarezza e non soltanto a pubblicare veline. Nessuno, dico nessuno, ha messo a fuoco il personaggio Antonio Fisichella, alla sbarra con gli altri, che l’ordinanza di carcerazione definisce semplicemente “pregiudicato”, ovverossia “delinquente”. L’ho osservato a lungo nel corso dell’udienza di mercoledì 14 marzo, qualche volta ci siamo anche incrociati con lo sguardo, ho studiato attentamente le sue movenze e le alterazioni somatiche del viso mano a mano che il super teste Amerigo Panico sviluppava la sua lunga, interminabile e per certi versi contraddittoria dichiarazione. Per esperienza professionale lavorativa so per certo che anche un delinquente incallito ha un’anima alla quale il suo subconscio risponde continuamente anche quando nella reiterazione degli atteggiamenti e delle azioni criminali ha fatto, come si dice, il callo. Insomma, nell’animus confidendi c’è sempre l’uomo. Non conosco i precedenti penali di Antonio Fisichella, non so quindi di quali esecrabili reati si è macchiato, mi è apparso come un giovane su cui la società può e deve operare per il suo totale recupero. Ha poco più di trent’anni e mi rifiuto di credere che non ci sia niente da fare. Ecco, dunque, che alcuni amministratori comunali, in primis come uomini e in secondo luogo come amministratori, si pongono “il problema” del recupero di un giovane alla società civile ed operosa. Il problema, un problema, ho sentito spesso in aula risuonare questa frase che gli inquirenti si affannano a mettere sulla bocca di Gambino e di Santilli (ma anche di latri!!) alla stregua di un “messaggio cifrato” per coprire la presunta minaccia a carico di Panico. Ma, mi sono chiesto mentre guardavo Fisichella, se il problema c’è quale migliore soluzione può, e deve, trovare un politico se non l’avviamento ad un lavoro prolifico per risolvere il problema? E chi ci dice che gli amministratori non volessero mettere in atto proprio un’azione di pura e semplice “assistenza sociale” che altri hanno strumentalizzato a vantaggio dell’accusa? O bisogna pensare che un pregiudicato, uno spacciatore ovvero un delinquente incallito debba essere “fucilato” per risolvere il problema. Del resto lo stesso Panico ha detto in aula che il consulente Santilli gli aveva riferito che per risolvere “il problema” era disposto (così come avrebbe fatto!!) a versare nella mani del Fisichella addirittura mille euro al mese e per almeno tre mesi nell’attesa di una sistemazione definitiva. A meno di non voler sostenere che anche lo stesso Giuseppe Santilli era minacciato dal Fisichella, bisognerebbe aprirsi alla conclusione logica che ho prima descritto e cioè che un’azione indirizzata al recupero sociale di un soggetto poco affidabile è stata letteralmente stravolta per dare al disegno criminoso anche un marchio di “associazione per delinquere di stampo camorristico”. Su questo bisogna meditare ed anche a lungo. Per quanto attiene la vicenda del “rischio infortuni” mi sorprende che anche “Il Mattino” (giovedì 15 marzo) non abbia fatto la giusta riflessione e si sia limitato soltanto a pubblicare, come “accusa più grave” che “Il parcheggio alla Multiservice era un’assicurazione contro gli infortuni”. Incredibile ma vero. Quando il consulente del lavoro Santilli pronuncia le parole “rischio infortuni” non vuole certamente minacciare in linguaggio criptato ma vuole più semplicemente avvertire il Panico che bisognerà preoccuparsi anche “dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro” che dovrà essere inserita nell’eventuale contratto di concessione alla cooperativa che avrebbe dovuto gestire il parcheggio. Perché? Perché in caso di cooperative, gli inquirenti prendano appunti, i componenti della stessa vanno dichiarati e assicurati soltanto all’INAIL. Così come per i licenziamenti è necessariamente obbligatorio avvertire per iscritto il lavoratore destinatario del provvedimento al fine di consentirgli le giuste controdeduzioni, cosa questa mai apparsa nel corso dell’esame e delle contestazioni mosse dai pm. Tutto qui il grande castello accusatorio, senza nulla togliere al coraggio ed alla decisione di Amerigo Panico di presentarsi in aula, per dire tutto per non dire niente.
direttore: Aldo Bianchini