PAGANI – Quando su uno specifico argomento nasce e cresce un dibattito è sempre un momento di alta democrazia. Questo è il mio pensiero. E più il dibattito è contrastato e più alto è il momento democratico. Non importa se chi scrive e commenta lo fa per partito preso o soltanto per mettere in cattiva luce chi da anni, e non soltanto per il “caso Gambino”, per il “sistema Pagani” o per una non meglio identificata “Linea d’ombra”, lavora sempre e comunque per l’affermazione della legalità, della trasparenza e della possibile verità. Per tutti vorrei precisare che nel recente passato molto spesso ho avuto modo di scrivere, e non bene, di Alberico Gambino che mi appariva un po’ troppo al di sopra delle righe, sicuro di se, forte del consenso elettorale, troppo diverso rispetto alla media dei personaggi politici, anche nel look sempre puntuale ed inappuntabile. Ma tutto questo non può e non deve mai condizionare il giudizio di carattere giudiziario su un personaggio che può essere anche antipatico (e spesso a me lo è apparso!!) ma che prima di crocefiggerlo e relegarlo in carcere bisognerebbe avere la certezza assoluta “al di là di ogni ragionevole dubbio” della sua colpevolezza. Questo lo si potrà avere soltanto al termine dei tre gradi di giudizio (la cui esistenza conosco benissimo) ed in molti casi neppure dopo la sentenza passata in giudicato è possibile dirimere ogni dubbio. Figurarsi in questo momento che siamo ancora alle battute iniziali di un processo complicatissimo. La mia non è una difesa d’ufficio di Alberico Gambino e neppure di Giuseppe Santilli che conosco da circa quarant’anni così come non lo è della collega Sessa, è soltanto una difesa dello “stato di diritto” che tutti dovremmo salvaguardare e rispettare in religioso silenzio. Fin dai tempi di tangentopoli ho sempre difeso lo stato di diritto degli indagati con i quali spesso avevo avuto un rapporto di conflittualità. Mai mi sono lasciato influenzare dai sentimenti di carattere strettamente personale. Nel 95% dei casi ho sempre avuto ragione ed alla fine la mia tenacia è stata premiata dall’assoluzione degli indagati e degli imputati, qualche volta la giustizia è arrivata tardi ed ho potuto, mio malgrado, ricordare la trasparenza di chi non c’era più perché aveva ceduto sotto la pressione mediatica e giudiziaria. Sto difendendo a spada tratta il mio amico Giuseppe Santilli, gravemente ammalato, perché non vorrei per nulla al mondo che diventasse la prima vittima sacrificale, il primo martire, di questa inchiesta giudiziaria che in se nasconde aspetti molto comuni seppure devastanti. Ieri mattina Peppe Santilli è stato trasportato presso il carcere di Secondigliano dove secondo gli inquirenti c’è un reparto infermieristico idoneo a curare le sue patologie cliniche e che, invece, secondo i familiari in quel luogo la sopravvivenza del congiunto non è affatto garantita. E tutto questo accade ad un signore che ha svolto un’attività professionale per quarant’anni senza una minima macchia o sospetto, accade ad un uomo che è costretto a soffrire in silenzio non solo la sua grave malattia ma anche le angherie di un’accusa che fino a sentenza definitiva non gli toglierà lo status di “presunto innocente”. Se su tutto questo ci si mette la dichiarazione che il PM Montemurro (la cui azione io rispetto ma non condivido!!) avrebbe rilasciato alla stampa “Io sono abituato a vincere”, dimenticando che un pm deve ricercare le prove in assoluto (quelle a carico ma anche quelle a discarico), se ci si mette inoltre l’ineffabile sorriso del tenente Marco Beraldo che sarà pure un atteggiamento caratteriale ma che non è confacente alla serietà del momento, soprattutto in aula, il risultato è quello di una giustizia che a me non piace. E lo dico senza paura, lo dico perché non ho mai avuto niente da nessuno dei personaggi sulla scena (inquirenti, accusatori e indagati). Spero che domani dall’interrogatorio di Gabriele Panico venga fuori qualche briciola di verità o almeno di qualcosa che si avvicini alla verità. Certo che se mi soffermo a leggere le trascrizioni delle intercettazioni ambientali (scambio di accordi, su cosa dire agli inquirenti, tra i tre componenti la famiglia Panico) che la difesa ha rintracciato nel fascicolo processuale mi viene la pelle d’oca al solo pensare che c’è ancora qualcuno che si ostina tenere in cella quantomeno Alberico Gambino e Giuseppe Santilli. Spero ardentemente che la coscienza che è sempre presente in ogni uomo faccia presto a svelare gli arcani segreti di questa inchiesta, in caso contrario l’immanente disgrazia peserà per sempre sulle coscienze di tutti noi. Alla prossima.
conosco Gambino e lo definirei “più scemo che buono” e questo suo essere lo ha portato in galera, i marpioni invece sono usciti indenni.