L’AMICIZIA

Michele Ingenito

“L’amicizia è stata concessa dalla natura come fautrice di virtù, non come compagna di vizi.” Lo scrive Cicerone nel suo Laelius de amicitia, una delle due operette di morale a carattere filosofico del celebre oratore romano.

In verità, abbiamo pensato al senatore Busi, del PD, travolto da una valanga di accuse per essersi appropriato, dicono, di qualche decina di milioni di euro frutto del finanziamento pubblico concesso dalla legge al suo partito: per l’esattezza, 13 milioni secondo l’”interessato”, 20 milioni secondo gli inquirenti.

In verità, attesa la dinamica dell’’incasso’, milione più, milione meno, nessuno andrebbe troppo per il sottile di fronte a ‘regali’ di tale natura, specie in periodi di magra come questi. Ovviamente, gli inquirenti fanno non bene, ma benissimo nell’accertamento esatto dei bruscolini scomparsi.

A parte ciò, resta da capire la verità, ammesso che si riesca a risalire alla stessa fino in fondo. Busi attacca, alludendo, probabilmente, al coinvolgimento del proprio gruppo politico di riferimento. Come a dire. “Lo sapevano, eccome! E non solo!!”

I vecchi amici di partiti rispondono con una inevitabile querela. Ben fatto. Evidentemente, i leader del PD sanno il fatto loro. E, quindi, pan per focaccia è il minimo che si possa dare all’ingrato amico e compagno di partito di un tempo andato.

Ma come?, si chiede la gente. Lo fanno senatore, segretario-amministratore o giù di lì del forziere del partito, e lui se ne va girando per i più lussuosi resort del mondo utilizzando il pubblico denaro assegnato al partito? E’ un tradimento politico, non solo, ma, in un certo senso, della fiducia e, quindi, dell’amicizia che gli era stata concessa.

Per altro verso, sincerità per sincerità, qualche altro dubbio non di troppo viene a quella stessa gente comunque. Che si chiede, infatti: “Scusi, Rutelli, scusi Bersani, scusate voi della classe dirigente di vertice dell’intero Partito Democratico: possibile che questo ‘signore’, ai fini del rimborso, esibisse regolari fatture per centinaia di miglia di euro per i suoi giri di lusso nel mondo (80.000,00 euro per una sola vacanza, dice la TV) e nessuno protestava? Nessuno si insospettiva? Nessuno reclamava? Nessuno chiedeva spiegazioni?”

Ora, Busi sarà stato pure un ingenuo nel continuare a fare i comodi propri pensando di farla franca. Perché noi dobbiamo dare per scontato che nessuno sapesse, nessuno vedesse, nessuno parlasse all’interno del PD. Come se quel gratuito via vai per il mondo, le ricchezze accumulate sguazzando nel forziere del partito, la bella vita infinita, insomma, con la tasca degli altri, fosse cosa normale, lontana da occhi indiscreti interni.

Non vorremmo beccarci una querela pure noi. Ma, dando per scontato la distrazione collettiva del PD e dei suoi amministratori sia pure inferiori di grado al capoccione Busi, uomo di fiducia di vertice, i soldi non sono acqua. Se, come l’acqua, defluivano a milioni verso diversi altrove, busiani e non, qualcuno deve pure averne beneficiato o, quanto meno, non visto! O no?

Se Busi anticipa in maniera neppure tanto subliminale e, quindi, di fatto a chiare lettere, terremoti in arrivo qualora decida di parlare, è se non altro legittimo, non diciamo dubitare, ma quanto meno ipotizzare che, forse, il senatore indagato di quel che fu il suo PD, tanto stupido neppure deve essere o deve essere stato.

E’ un semplice, magari banale, ragionamento. Ma è quello che la gente di strada fa, tra cui moltissimi elettori del PD; gente onesta, che lavora, che, forse, ancora sogna la politica come un fatto ideale, come passione civica, come momento di reale democrazia. Non come un centro di affari illeciti, di ruberie volgari quanto sfacciate, non come un ufficio di collocamento per fannulloni ed incapaci con il solo dono della favella, per quanto vuota ed insignificante.

Nella sua paventata minaccia di parlare, Busi non si sarà riferito a PD e alla Margherita, ne siamo certi, vogliamo esserne certi; ma a qualcuno che conta nell’orbita della politica nazionale e dei partiti certamente sì. Che, poi, esistano magnaccia e magnaccia, furbi e furbastri, quelli fessi (che lasciano tracce, è il caso di Busi?), e quelli astuti, dalle mani sempre pulite fuori e sporche dentro (sufficiente, però, per non finire in galera), anche questa è una verità indiscutibile.

Morale: se Busi ha tradito da solo l’amicizia sotto forma di fiducia concessagli dai compagni del proprio ex-partito, attesa la mole immensa di denaro fatto scomparire, è evidente che, chi doveva controllare, verificare, denunciare, non è stato e/o non è all’altezza di ricoprire ruoli di responsabilità politico-amministrativa.

E, quindi, nella migliore delle ipotesi, si tratta di incapaci attratti dalla validità di quell’otium, sempre di ciceroniana – anzi, di terenziana memoria, così come rivalutata, poi, da Cicerone. Con la sola differenza, e non è poco, che, mentre il grande oratore romano accettava la validità di quel modo di comportarsi solo nei momenti di libertà dall’urgenza degli affari politici, nel caso del nostro ‘eroe’ moderno, amante della bella vita a sbafo sulle spalle del popolo ignaro (e, a maggior ragione, condannabile), non di pausa si è trattato; bensì di una sistematica caccia a milioni di euro. Quelli che noi tutti paghiamo per farci rappresentare da partiti politici dentro cui spesso campano siffatti soggetti.

Finora, nella squallida vicenda del senatore Busi, Cicerone è dalla parte del PD. Che, associando la virtù all’amicizia, ha buttato fuori colui che ha tradito entrambe.

A meno che, nell’incalzare degli eventi investigativi, chi di dovere (non solo Busi, quindi) non dimostri il contrario.

Allora sì che sarebbero amari!

 

 

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