PADULA – Ho atteso qualche settimana prima di scrivere, ho atteso che tutti gli attori in campo enunciassero il proprio punto di vista in modo da avere le idee più chiare. Non ho atteso, invece, la conclusione dell’incontro tra amministratori e cittadinanza tenutosi a Padula la sera del 4 marzo. L’organizzazione scontata e tentennante dell’incontro, con tutti i sostenitori del “no” in bella vetrina e con qualche sostenitore del “si” relegato nella folla, con spiegazioni e delucidazioni legali-tecniche e geologiche poco attinenti e poco produttive, mi ha convinto ad andar via. Perché anche io, prima ancora che da giornalista, ho le mie convinzioni da cittadino. Come tale ritengo che tutte le parti in campo, dai politici agli imprenditori e dagli amministratori alle associazioni di categoria, hanno fallito. E il fallimento continua perché tutti quelli che hanno già fallito non volendo riconoscerlo continuano a fallire. Oltre quindici ani fa la decisione di destinare il territorio del Vallo di Diano allo sviluppo turistico, ambientale e commerciale appariva come un’ottima scelta; ma a che cosa ha portato? Al nulla, è la risposta più logica perché, stando ai dati consuntivi, lo sviluppo non c’è stato, l’occupazione non è aumentata e l’ambiente non è stato adeguatamente difeso anche ai fini sanitari. Eppure negli ultimi 15 anni nel Vallo sono piovuti circa 200milioni di danaro pubblico adeguatamente intercettato dagli amministratori-politici (abilissimi soltanto in questo!!) e speso in maniera spensierata e, forse, anche illegittima. Il patto territoriale, i vari Gal, e tutte le altre diaboliche sigle dove ed a chi hanno canalizzato questo enorme flusso di danaro? Dovrebbe rispondere in primis la classe imprenditoriale, e per essa lo stesso presidente dell’AIV (Associazione Imprenditori Vallo) che farebbe bene, prima di reclamare (forse anche giustamente!!) una decisione ponderata e non fondata su schematismi politici di parte, a pubblicare gli elenchi di quella faraonica spartizione. In merito non va confusa la doppia veste politico-imprenditoriale di Valentino Di Brizzi che se vuole essere credibile fino in fondo dovrà prima dar conto alla comunità da chi quei soldi furono presi e come furono spesi; solo così in futuro potrà rappresentare anche tutto il territorio. Un caso per tutti, chiunque viaggia sulla Sa-Rc tra gli svincoli di Atena Lucana e Polla potrà vedere un palazzone di sei piani, una vera cattedrale nel deserto, che doveva garantire almeno 30/40 posti di lavoro a tempo indeterminato, presupposto indispensabile per ricevere le decine di milioni di euro di contributi a fondo perduto dal Patto Territoriale. Quel palazzone ora è uno scatolone vuoto!! La politica oggi ha paura di decidere perché ha sbagliato quasi tutto fino ad oggi e cerca, quindi, di continuare a sostenere quella scelta di tanti anni fa senza neppure scendere sul terreno del dialogo e senza spiegare perché quei 200milioni sono stati sperperati maldestramente. Perché i dovuti controlli sull’impiego dei soldi del patto territoriale non sono stati mai effettuati? E perché gli imprenditori si trincerano dietro il mancato sviluppo del passato (del quale loro stessi sono stati protagonisti in negativo) per chiedere almeno un momento di riflessione concertata per garantire lo sviluppo futuro? Ci si può fidare di classi politiche, imprenditoriali e dirigenti che hanno fallito tutti gli obiettivi del passato per andare con loro verso lo sviluppo futuro? Certo che no. E allora cosa fare? Servirebbe un ricambio generazionale che, però, l’elettore medio del Vallo di Diano non è stato in grado di assicurare facendo rimanere imperterritamente sulla scena da oltre venti anni gli stessi personaggi. Ma c’è sempre tempo, anche perché qualche nome nuovo comincia ad emergere, primo fra tutti Tommaso Pellegrino (nuovo sindaco di Sassano) che deve però allontanarsi rapidamente dagli schemi tecnico-scientifici per risolvere il dilemma tutto politico dello sviluppo locale e del petrolio in particolare. Non si può continuare con lo spauracchio dei presumibili danni per la salute per contestare una semplice trivellazione esplorativa. Così facendo si corre il rischio di evidenziare un altro clamoroso fallimento della politica in campo ambientale-sanitario. Molti difatti si chiedono cosa hanno fatto gli amministratori negli ultimi venti anni per contrastare il fenomeno dello sversamento dei rifiuti tossici, cosa hanno fatto dopo lo storico scandalo della ditta Cardiello di San Pietro al Tanagro, e cosa ha fatto la Procura della Repubblica di Sala C. in materia: niente di niente. E le malattie tumorali sono aumentate in maniera esponenziale. Inutile, tardivo e illogico l’appello di Sergio Annunziata per l’aumento delle malattie tumorali, ma anche drammaticamente realistico. Toccante la storia della famiglia Martello che il Codacons ha riproposto all’attenzione di tutti con una nuova denuncia pubblica ed alla Procura della Repubblica. Ecco il nuovo volto della politica dovrà garantire tutte queste cose, soltanto dopo potrà essere sciolto il nodo del petrolio, anche se i tempi decisionali sono purtroppo stretti. Un nodo che, come la spazzatura, ci piacerebbe vedere sempre lontano da noi, in casa di altri, meglio ancora se negli sconfinati deserti africani che, grazie alle trivellazioni, hanno allontanato dai loro territori, forse per sempre, il rischio sismico. E questo solo per rispondere al professore Ortolani che quando era inserito nelle stanze del potere ministeriale parlava in maniera molto diversa. Alla prossima.
direttore: Aldo Bianchini