SALERNO – Anche il 2012 per l’Italia e l’Europa sarà un anno difficile, il ritorno alla crescita è spostato, nuovamente, in avanti. Le previsioni dell’Ance per quest’anno, formulate nell’Osservatorio congiunturale dello scorso dicembre, sono improntate ad un ulteriore ridimensionamento dei livelli produttivi (-3,8% rispetto al 2011). In cinque anni, dal 2008 al 2012, il settore avrà perduto il 24,1% in termini reali, riportandosi ai livelli di produzione osservati a metà degli anni ‘90. Le perdite produttive coinvolgono tutti i comparti di attività (ad eccezione degli investimenti in riqualificazione del patrimonio abitativo, in lieve crescita), con un picco che raggiunge il -40,4% per la nuova edilizia abitativa. Anche per l’edilizia non residenziale privata la flessione nel quinquennio è rilevante e pari al 23,3%. Per i lavori pubblici, il calo è del 37,2%. E’ necessario, però, sottolineare che il
ridimensionamento in questo comparto è in atto ormai da otto anni e la
flessione complessiva è quantificabile nel -44,5%.
Dal punto di vista occupazionale, dall’inizio della crisi si stima che si sono persi
250.000 posti di lavoro nelle costruzioni, che salgono a 380.000
considerando anche i settori collegati.
In questa difficile fase congiunturale le imprese di costruzioni si sono trovate a
fronteggiare, oltre all’inevitabile calo della domanda, sia pubblica che privata,
forti tensioni che stanno mettendo a dura prova il loro equilibrio economicofinanziario.
Le imprese che lavorano su commessa pubblica stanno affrontando il grave
problema dei ritardati pagamenti della Pubblica Amministrazione, un fenomeno
che ha raggiunto livelli critici.
Le imprese attive nella promozione privata hanno dovuto affrontare un vero e
proprio credit crunch, ovvero sia la netta chiusura da parte delle banche verso
qualsiasi proposta d’investimento.
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1) I ritardati pagamenti della PA
Il problema dei ritardati pagamenti nel settore dei lavori pubblici assume
dimensioni sempre più preoccupanti e sta mettendo fortemente a repentaglio la
sopravvivenza di numerose aziende, anche le più strutturate.
Dall’inizio della crisi, si è registrato un costante allungamento dei tempi di
pagamento dei lavori, con un significativo e rapido aumento nel biennio 2010-
2011.
I livelli di ritardo sono diventati insostenibili: la quasi totalità delle imprese
subisce ritardi e i tempi medi di pagamento hanno raggiunto gli 8 mesi, con
punte che superano i 24 mesi.
Le proposte dell’Ance per contrastare i ritardati pagamenti
Ridurre i tempi di pagamento tramite la riforma del Patto di Stabilità
L’Ance ha chiesto al Governo di intervenire strutturalmente, riformando il Patto
di stabilità interno ed approvando rapidamente la nuova direttiva europea sui
ritardati pagamenti in modo da ridurre i tempi di pagamento ed aumentare le
sanzioni previste per le Pubbliche amministrazioni che pagano con ritardo.
Una recente analisi realizzata dall’Ance ha, infatti, evidenziato che le sanzioni
applicate oggi in Italia in caso di ritardo della P.A sono 3 a 4 volte inferiori a
quelle applicate dai nostri principali partner europei.
La regionalizzazione del Patto di Stabilità
Allo stesso tempo, l’Ance ha contribuito attivamente all’attuazione della
cosiddetta “regionalizzazione” del Patto di stabilità interno, che ha già
consentito di liberare 1,2 miliardi di euro a livello nazionale nel 2011 e che, se
pienamente attuata, potrebbe liberare 2,4 miliardi di euro ogni anno.
E’ chiaro, però, che questa azione di regionalizzazione è solo una soluzione
limitata rispetto all’irrigidimento del Patto avvenuto a livello nazionale (stimato in
26 miliardi per il triennio 2012-2014).
La cessione dei crediti pro soluto
Sul mercato del credito, si assiste ad una forte ritrosia da parte degli istituti
bancari nel concedere l’anticipazione dei crediti che le imprese vantano nei
confronti della PA.
La paura che queste somme non possano essere recuperate alla scadenza di
fatto blocca l’operatività delle banche su questo tipo di operazioni.
La Cassa Depositi e Prestiti, per superare queste difficoltà, ha creato un fondo
di 2 miliardi a disposizione degli istituti bancari per finanziare, a costi inferiori a
quelli di mercato, operazioni di pro soluto sui crediti delle imprese.
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Ma il funzionamento di questo strumento è, di fatto, bloccato perché, a oltre 3
mesi dalla introduzione dell’obbligo per la Pubblica Amministrazione di
certificare i crediti (articolo 13 della Legge di Stabilità), non è ancora stato
emanato il Decreto attuativo che rende operativa questa norma.
Risulta, quindi, cruciale, l’emanazione immediata di questo decreto che per le
imprese di costruzioni ha un’importanza decisiva perché permetterebbe loro di
attivare il meccanismo di certificazione per farsi anticipare i crediti pro soluto.
2) Il razionamento del credito verso il settore
Sul mercato del credito si assiste ad un nuovo credit crunch verso il settore
delle costruzioni. Per moltissime imprese la situazione diventa sempre più
critica a causa di una chiusura totale da parte delle banche verso le operazioni
di sviluppo immobiliare.
In base ai dati sulle nuove erogazioni di finanziamenti oltre il breve termine di
Banca d’Italia, in Italia la differenza tra il periodo di massima espansione delle
erogazioni – ovvero il 2007 – e il 2010, la caduta è stata molto forte: -25% per i
mutui erogati per il finanziamento di investimenti in edilizia abitativa, -30,4% per
quelli nel non residenziale. Nei primi nove mesi del 2011 i finanziamenti nel
settore abitativo sono calati del 17,6%; quelli nel non residenziale del 13,5%.
Ma per le imprese di costruzioni il razionamento è doppio: i dati di Banca d’Italia
evidenziano che sta calando anche il flusso di nuovi mutui erogati alle famiglie
per l’acquisto di immobili.
In alcuni casi, questa situazione di estrema chiusura sarebbe stata sollecitata
anche dall’Organo di Vigilanza di Banca d’Italia che ha richiesto ad alcuni Istituti
bancari di ridurre la propria esposizione verso il nostro settore al fine di
moderare il profilo di rischio.
L’Ance ritiene che gli istituti bancari, soprattutto in una fase congiunturale critica
come quella che stiamo attraversando, debbano valutare con la massima
attenzione il merito creditizio della controparte ed erogare il credito alle imprese
che, nonostante la crisi, risultino meritevoli di essere finanziate.
Richieste di rientro immediate e ingiustificate compromettono, non solo i piani di
investimento e le prospettive di crescita ma, in alcuni casi, la vita stessa delle
imprese.
Le azioni dell’Ance per contrastare il razionamento del credito
Proposta di moratoria per il settore delle costruzioni
E’ in corso di approvazione una nuova moratoria sul credito a cui l’Ance ha
contribuito con alcune proposte per il settore.
Il nuovo Accordo prevederà la sospensione per un anno del pagamento della
quota capitale delle rate dei finanziamenti a medio-lungo termine e la possibilità
di allungare di tre anni i piani di ammortamento dei mutui fondiari.
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C’è l’impegno, poi, da parte dell’Abi di valutare la possibilità di inserire, in un
futuro addendum, una misura che permetta di trasformare il credito a breve
termine non finalizzato (denaro caldo) in finanziamenti a medio termine,
scongiurando così la possibilità di richieste di rientro immediato da parte delle
banche. Un impegno che deve essere verificato nei prossimi 2 mesi.
Impegno di Banca d’Italia a monitorare l’utilizzo da parte delle
banche del plafond della BCE
La BCE il prossimo mese erogherà una seconda tranche di finanziamento a
medio termine alle banche europee al tasso dell’1%.
La prima è rimasta sui conti correnti di tesoreria della Banca Centrale.
In una fase congiunturale delicata come quella che stiamo vivendo non è
accettabile che anche la seconda tranche finisca inutilizzata.
Per questa ragione, sarebbe utile che l’accesso a questi fondi da parte delle
banche fosse finalizzato al raggiungimento di determinati obiettivi che gli istituti
di credito dovrebbero dichiarare al momento del prelevamento: il finanziamento
dell’economia, ovvero delle imprese e delle famiglie, l’attivazione di politiche di
sostegno all’accesso al credito, l’acquisto di titoli del debito pubblico, etc.
Sarebbe, quindi, opportuno che la Banca d’Italia si attivasse per vigilare
sull’effettivo utilizzo da parte delle banche di questi fondi, in modo che non si
verifichi la stessa situazione che si è venuta a creare lo scorso dicembre.
3) Neutralità dell’IVA sugli immobili invenduti a causa della
crisi
Le recenti modifiche apportate dal D.L. 1/2012 (cd. “Decreto Liberalizzazioni”) al
regime IVA delle cessioni e locazioni abitative non hanno risolto le forti criticità
che l’attuale disciplina arreca alle imprese operanti nel settore delle costruzioni,
con particolare incidenza negli ultimi anni stante lo stato di crisi del mercato, e
che, in un primo momento, il Governo aveva espresso l’intenzione di risolvere.
Per le imprese, infatti, l’effettuazione di operazioni esenti da IVA (temporanea
locazione delle abitazioni costruite e cessione delle stesse dopo i 5 anni
dall’ultimazione dei lavori) comporta una doppia penalizzazione: da un lato, la
necessità di procedere alla restituzione dell’IVA detratta in sede di costruzione
e, dall’altro, la limitazione del diritto alla detrazione dell’IVA relativa a tutta
l’attività esercitata.
In sostanza, l’IVA diventa un vero e proprio elemento di costo, penalizzando
anche le imprese virtuose che non riescono a vendere interamente gli immobili
costruiti entro 5 anni per le avverse condizioni di mercato. Né risulta
conveniente concedere gli stessi beni in locazione, naturale mercato di sbocco
in periodi di calo delle compravendite, applicandosi lo stesso meccanismo di
restituzione dell’IVA.
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In tal senso, non appare risolutiva la modifica introdotta dallo stesso D.L.
1/2012, che riconosce alle imprese la possibilità di separare contabilmente e
fiscalmente le operazioni di cessione di abitazioni esenti da quelle imponibili ad
IVA.
Si tratta, infatti, di un meccanismo che offre una soluzione del tutto parziale alle
suddette problematiche e che comporta un significativo incremento degli oneri
amministrativi e gestionali delle imprese (dovuti soprattutto alla tenuta
obbligatoria di 2 distinte contabilità, una relativa alle operazioni imponibili e
l’altra a quelle esenti), non assicurando in alcun modo il rispetto del principio di
“neutralità dell’IVA”, sancito a livello europeo, in base al quale l’imposta deve
gravare solo sui consumatori finali e mai sugli operatori economici (principio, tra
l’altro, garantito per tutti gli altri settori industriali).
Le azioni dell’Ance per contrastare l’incidenza dell’IVA
sull’invenduto
Ripristino dell’IVA su cessioni e locazioni di abitazioni
Occorre estendere l’applicazione dell’IVA su opzione a tutte le cessioni di
abitazioni, anche se effettuate dopo 5 anni dall’ultimazione dei lavori ed alle
locazioni di fabbricati residenziali costruiti per la vendita, temporaneamente
affittati, ai fini di garantire la neutralità dell’Iva nell’esercizio dell’attività edile,
che si trasforma, attualmente, in un costo aggiuntivo per le imprese, già in
difficoltà per l’attuale congiuntura economica.
4) Rilancio degli investimenti in infrastrutture
Il rilancio della politica infrastrutturale costituisce un tassello indispensabile della
ripresa del settore delle costruzioni e dell’economia italiana.
L’Ance ha apprezzato le decisioni assunte dal Governo in sede CIPE che, con
le riunioni del 6 dicembre 2011 e del 20 gennaio 2012, ha assegnato risorse per
8 miliardi di euro destinandone circa la metà ad opere medio-piccole
rapidamente cantierabili (scuole, rischio idrogeologico, Provveditorati nel Sud).
Tuttavia, è necessario chiarire gli interventi che possono essere effettivamente
finanziati, avviati e cantierati nel corso del 2012.
Rispetto ai fondi allocati e riallocati più volte in questi anni dalle delibere Cipe,
per il 2012 risultano disponibili solo 4 miliardi. Una cifra inferiore a quelle più
volte dichiarate dal Governo ma sufficiente almeno a far ripartire il settore
soprattutto se dedicata a interventi indispensabili come quelli per le scuole, per
la manutenzione del territorio e per le infrastrutture urbane ed extraurbane.
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5) Gli effetti della crisi sulle imprese di costruzioni
Il ridimensionamento dell’attività produttiva del settore delle costruzioni impone
una riflessione sulle condizioni imposte alle imprese, in termini di nuove
realizzazioni previste nei piani attuativi, e sulla struttura delle stesse imprese di
fronte al mutato scenario.
REALIZZABILITÀ DELLE CONVENZIONI IN SCADENZA
Nell’ambito delle convenzioni previste nei Piani attuativi comunali per la
realizzazione di nuovi interventi edilizi, sono previste scadenze per la
realizzazione degli interventi che, ad oggi, non sono realizzabili, a causa
delle mutate condizioni del mercato.
Richiedere alle imprese, in questo scenario, l’assoluto rispetto di tali
scadenze significa indurre le stesse imprese a sostenere investimenti
senza alcuna possibilità di un loro rientro nel medio termine,
determinando un forte rischio di crisi aziendale. Tutto questo in una
situazione di credit crunch che induce le banche a non finanziare nuovi
interventi e a richiedere il rientro immediato dei finanziamenti.
Condizionare il mantenimento dei diritti edificatori al rispetto delle
convenzioni stipulate in condizioni di mercato completamente diverse,
significa, quindi, condannare le imprese al fallimento.
Appare assolutamente necessario prevedere una ridefinizione
delle scadenze previste nelle convenzioni compatibile con le attuali
condizioni di mercato
UNA POLITICA INDUSTRIALE DI SETTORE PER AFFRONTARE LA CRISI
Le nuove dimensioni del mercato impongono il ridimensionamento
strutturale di numerose imprese di costruzioni, per le quali sarà
necessario predisporre gli strumenti adeguati a sostenere tale
cambiamento.
Per alcune imprese, in grado di superare il momento di difficoltà e
scommettere sulla ripresa dell’economia e del settore, è necessario
attivare percorsi di gestione delle criticità economico-finanziarie, quali la
gestione delle passività, in modo da non soffocare le potenzialità di
rilancio delle stesse aziende.
Per altre, occorrerà prevedere misure che le accompagnino verso la
chiusura, salvaguardando il capitale umano e professionale coinvolto.
Tale percorso, come già effettuato in altri paesi Europei, definito
attraverso procedure concordate, dovrà vedere il coinvolgimento del
sistema bancario, al quale è affidato il compito di assicurare che le
procedure di rientro avvengano in tempi e modi coerenti e compatibili
con il percorso individuato.
28 febbraio 2012_rev5