Nonostante le violenze e la forte repressione perpetrate da parte degli uomini del presidente Bashar Al Assad contro la popolazione locale, a un anno dall’inizio delle proteste, ieri i siriani sono stati chiamati alle urne per pronunciarsi, attraverso un referendum, su una nuova costituzione. Il nuovo testo prevede la soppressione dell’articolo che sancisce il potere assoluto del partito Baath, a cui appartiene il presidente, e che assicura la dirigenza dello Stato e della società civile alla suddetta formazione politica, aprendo il Paese al pluralismo politico e limitando a due il numero dei mandati presidenziali. I militanti, però, che non si accontentano di timide riforme, chiedono la caduta del regime e la creazione di uno stato democratico che garantisca loro tutte le libertà e, in virtù di ciò, hanno invitato la popolazione a boicottare il referendum. In occasione delle urne, i manifestanti, ormai la stragrande maggioranza della popolazione siriana, hanno organizzato manifestazioni davanti ai seggi durante le quali hanno bruciato copie del nuovo testo costituzionale in segno di dissenso. Venerdì scorso, nella capitale tunisina, si è svolta la riunione degli “Amici della Siria”, durante la quale la Lega Araba si è espressa a favore di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che imponga il “cessate il fuoco”, mentre il Qatar ha proposto la creazione ad hoc di una “forza araba” e l’Arabia Saudita ha suggerito di fornire armi agli insorti. Dinanzi a tali proposte le autorità siriane hanno espresso il loro disappunto, condannando aspramente i comunicati emessi durante la riunione alla quale hanno attribuito l’appellativo di “incontro dei nemici della Siria”. Intanto la diplomazia internazionale si trova in una fase di stallo. L’opposizione di Russia e Cina, espressa a più riprese attraverso voti contrari a progetti di risoluzione che denunciano l’atroce repressione nel Paese mediorientale, blocca le possibili operazioni di intervento della comunità internazionale per proteggere i civili, vittime delle violenze ordinate da Bashar Al Assad.