Petrolio nel Vallo di Diano. Ma è veramente necessario ?

Antonio Citera

VALLO di DIANO – Una battaglia tra Guelfi e Ghibellini. Da un lato il NO, dall’altro il Si. I sindaci del comprensorio sempre più decisi a rispedire al mittente le avance fatte dalla Shell sui sondaggi petroliferi. Un acceso botta e risposta tra  il Presidente della Comunità Montana Raffaele Accetta ed il Presidente degli industriali Valentino Di Brizzi, tiene banco in queste ore. Il primo coordinerà il tavolo dei sindaci schierati per il NO, il secondo, nettamente schierato per il SI, dice di non scartare a priori un’ipotetica fonte di benessere per il Territorio. Sono ben 8 i comuni del Vallo di Diano interessati dal protocollo Shell “ Monte Cavallo”. Sondaggi nel terreno alla ricerca di idrocarburi. Come di consueto, la vicenda sta spaccando in due il territorio. I contrari  che esprimono l’impossibilità a tale progetto vista la peculiarità dell’intero comprensorio da sempre a vocazione turistico – agricola, mentre i favorevoli ,lamentano una poca lucidità da parte delle istituzioni a carpire un possibile progresso economico che un’operazione del genere potrebbe apportare alla comunità. Detto questo, è il caso di fare qualche riflessione.  Analizzando il nostro pianeta, ci accorgiamo che spesso, l’estrazione del greggio, è effettuata nei deserti piuttosto che  in centri abitati, nei parchi, in prossimità di bacini idrici o, in mare, vicino alle coste, né tantomeno in zone agricole, turistiche e ricche di monumenti così da non danneggiare l’economia, le attività consolidate del territorio, la storia e le tradizioni dei luoghi. Da più fonti, si legge che il petrolio si sta esaurendo, quindi sarebbe il caso di iniziare a pensare in maniera concreta ad una politica energetica, implementando le fonti  alternative, entro il 2020, così come sancito dall’Unione Europea nell’ambito degli accordi internazionali sui cambiamenti climatici. Negli ultimi giorni, si è tanto parlato della vicina Basilicata che da anni interagisce con piattaforme e trivelle, uno scempio ambientale di proporzioni gigantesche, che qualcuno vuole far passare come un “ Miracolo economico”, una favola in bello stile. Dati alla mano, possiamo dire il contrario. Nella Val D’Agri, le persone locali impiegate  sono appena una cinquantina, il resto proviene da fuori regione. L’unico dato certo, è il guadagno delle Compagnie, le quali hanno trovato in Italia, una facile terra di conquista perché i  limiti di emissioni nocive, quali quelli dell’idrogeno solforato, componente presente naturalmente non solo nel petrolio ma anche nei suoi prodotti di degradazione, consentiti all’industria petrolifera, sono nettamente superiori,  rispetto a quelli previsti dall’OMS (‘Organizzazione Mondiale della Sanità). Tale limite, infatti, è fissato dall’’Organizzazione Mondiale della Sanità in 0,005 ppm (parti per milione), mentre per l’industria petrolifera italiana sale a 30 ppm (ossia 6.000 volte superiore a quelli stabiliti dall’OMS). La ricaduta ambientale, invece, è completamente a carico  degli enti locali, anche se coloro che sventrano e danneggiano il territorio durante i sondaggi, non procedono poi alle trivellazioni, lasciando i loro scempi senza ripristinare lo stato preesistente. L’aspetto più inquietante è però rappresentato dai danni alla salute.  Il 24/01/2009, su “La Gazzetta del Mezzogiorno” a firma di M. Ingrosso, usciva un articolo dal titolo: “In Basilicata è record per le malattie tumorali”, così  preoccupante, sotto il profilo epidemiologico, che la responsabile dell’Osservatorio Epidemiologico Regionale (dott.ssa G. Cauzillo) affermava che :”.. L’incidenza dei tumori maligni in Basilicata è in aumento e lo confermo. Inoltre, la velocità di aumento dell’incidenza da noi è superiore». «Anche per questi motivi  stiamo facendo degli approfondimenti che tengano conto pure degli eventuali fattori ambientali..”. Sul sito dell’ospedale Oncologico di Rionero ( www.crob.it ) e sul sito istituzionale della Regione Basilicata (www.basilicatanet.it ) è possibile reperire, gli aggiornamenti dei dati epidemiologici, sull’aumento delle malattie tumorali in Basilicata negli anni 2002-2007, tendenza questa confermata, purtroppo, anche per il triennio 2008-2011, in linea con le stime effettuate dalle ultime pubblicazioni scientifiche dei maggiori istituti ospedalieri e di ricerca oncologica italiani. Tornando al Vallo di Diano, la speranza è che prevalga il buon senso. Ma se proprio si deve prendere una decisione, l’ultima parola spetterebbe ai cittadini che sono ignari ed estranei a qualsivoglia interesse e capaci di esaminare la vicenda da ogni punto di vista.

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