Agrofarmaci: questi sconosciuti

Marco Bencivenga

L’agrofarmaco, impropriamente chiamato pesticida, è una sostanza chimica indispensabile per difendere le colture da parassiti, un mezzo attraverso il quale si ottengono cibi più sani con caratteristiche organolettiche che rispettano la naturalità del prodotto.

Ma quali sono le conseguenze del loro uso in agricoltura?

Ne abbiamo discusso con Donato Fulgione, agronomo e consulente tecnico presso aziende agricole della Piana del Sele e Ivan Di Giorgio, funzionario di una società di fitofarmaci che opera a livello internazionale, per meglio inquadrare  il ruolo della chimica in agricoltura.

 

–          Sig. Di Giorgio, dobbiamo avere paura degli antiparassitari?

 

–          Dobbiamo considerare l’agrofarmaco (e la chimica in generale) nostro alleato, senza il quale non potremmo sfamare l’intera popolazione mondiale. In generale è estremamente sicuro se usato bene, ovvero se si rispettano tutte le norme di utilizzo che si trovano in etichetta. In Italia solo 8 campioni su 1000 sono risultati fuorilegge, ossia con residui di fitofarmaci al di sopra della soglia di legge, rispetto ad una media europea del 3,5%. Teniamo ben presente che l’immissione in commercio di un presidio fitosanitario è autorizzato dal ministero della sanità dopo circa dieci anni dalla scoperta della molecola e dopo aver superato un’infinità di test che ne attesti l’assenza di tossicità per il consumatore, l’operatore e per l’ambiente in generale.

 

–          D: Dott. Fulgione, ci può spiegare brevemente come le aziende agricole affrontano i problemi in campo, ad esempio combattere un parassita che attacca una coltura?

 

–          R: innanzitutto dobbiamo distinguere 3 sistemi di difesa: tradizionale, integrata e biologica. La tradizionale, prevede trattamenti a calendario, a prescindere dalla presenza del parassita. L’agricoltura integrata prevede l’uso di antiparassitari solo in casi di estrema necessità, ovvero quando il parassita ha superato la soglia di danno oltre la quale si verifica una perdita economica per l’azienda derivante dal mancato raccolto. Per quanto concerne il sistema di difesa biologica non si prevede alcun intervento di sostanze chimiche di sintesi. Le aziende agricole specializzate (come quelle della Piana del Sele) ovviamente. adoperano un sistema di produzione integrata.

 

–          D:  E cosa può dirci dell’agricoltura biologica, sistema di coltivazione che non consente l’utilizzo di sostanze chimiche di sintesi?

 

–          R: Oggi, più di di ieri, è un sistema in continua espansione. Ma anche in questo caso l’arma è a doppio taglio: un grappolo d’uva, come qualsiasi altro prodotto, proveniente da una lotta biologica impostata male e quindi non protetto adeguatamente, è soggetto a svariate malattie, alcune delle quali sviluppano micotossine (es. Ocratossina A) definita cancerogene dall’ OMS; sono da preferirsi prodotti provenienti da agricoltura integrata, dove la difesa delle colture è impostata secondo le reali necessità.

 

–          D: Sig. Di Giorgio le società che producono e vendono fitofarmaci, come si propongono sul mercato?

 

–         R: L’agrochimica ha subito un notevole cambiamento negli ultimi 10 anni, basti pensare che i consumi di fitofarmaci in questi anni sono diminuiti del 32%, ma parallelamente è aumentato il giro d’affari in Italia. L’aumento è stato determinato, oltre che dal trend inflazionistico, dalla graduale e continua introduzione di prodotti a basse dosi di impiego e prezzi unitari superiori alla media in seguito ad un miglioramento qualitativo , il che ha consentito di mantenere alto il valore del mercato, pur in presenza di una diminuzione dei quantitativi consumati. Le aziende produttrici, ovviamente, debbono interagire costantemente con chi opera in campo per ascoltare le molteplici esigenze, proporre soluzioni innovative che rispettino l’ambiente e il consumatore: elementi essenziali per l’immissione in commercio di un fitofarmaco.

–          D: Dott. Fulgione, come spiega il fatto che molti consumatori hanno una certa diffidenza nei riguardi della lattuga che troviamo in busta (cd. IV gamma)?

 

–          R: E’ il prodotto più sicuro che troviamo sugli scaffali. Essa proviene da aziende agricole altamente specializzate, imprese che lavorano con la GDO, dove si applicano disciplinari di produzione estremamente rigidi; avrei una certa diffidenza ad acquistare ortofrutta al mercato rionale, dove il contadino porta il raccolto senza che nessuno lo controlli e dove la provenienza del prodotto non è mai certa. La GDO autorizza l’impresa agricola a raccogliere solo se dalle analisi residuali il prodotto risulta conforme alle norme, ovvero residui di fitofarmaci inferiori ad un terzo di quelli stabiliti dalla legislazione.

 

–          Com’è lo stato di salute dell’agricoltura italiana sig. Di Giorgio?

 

Attualmente, come tutti i settori, anche il primario è in difficoltà. Tuttavia si nota un’economia a due velocità, ovvero realtà che producono e vendono senza particolari problemi e realtà in forte sofferenza. Le prime sono aziende altamente specializzate, le altre sono pseudo aziende che dovranno adeguarsi alle norme richieste dal mercato, pena la chiusura. L’agricoltura sta cambiando, come è giusto che sia, basti pensare che dai dati Istat (rilevazione 2011) il numero delle aziende agricole è diminuito drasticamente nel giro di 10 anni, ma è aumentata significativamente la superficie delle aziende che sono rimaste sul mercato; come dire poche e buone. Un ulteriore cambiamento si realizzerà a partire dal 2014, anno in cui le aziende dovranno aderire obbligatoriamente al sistema di lotta integrata.

 

 

Note

 

Gli agrofarmaci si suddividono in:

–          Insetticidi che controllano gli insetti dannosi;

–          Fungicidi che controllano malattie fungine e batteriche;

–          Erbicidi che controllano le erbe infestanti.

Il mercato degli agrofarmaci in Italia vale più di 800 milioni di euro di cui il 6% è destinato alla ricerca e sperimentazione di nuove molecole.

 

 

 

8 thoughts on “Agrofarmaci: questi sconosciuti

  1. Io pensavo che fosse più salutare l’insalata del mercato.. visto che sono studente fuori sede mi farò grosse provviste d’insalata in busta!

  2. davvero interessante, un mondo sconosciuto eppure la nostra alimentazione proviene proprio da qui…

  3. ciao a tutti,
    grazie all’autore comincio a capirci qualcosa.
    in effetti c’è molta diffidenza e benvengano questi articoli.

  4. Auguriamoci maggiore informazione di questo tipo.
    Io ero certo che i prodotti in busta fossero da scartare!!!

  5. mi occupo di informatica quindi sono profano in materia, però la domanda nasce spontanea: ma non ci hanno sempre detto che i prodotti che derivano dall’agricoltura biologica sono i più sicuri tant’è che si consigliano anche ai bambini? perchè non ci dicono tutta la verità? ci preoccupiamo del grande fratello, della costa concordia e fattarelli vari, ma nessuno ci propone materiale informativo di grande interesse. Comunque è importante sapere le marche di alimenti che producono secondo il sistema di lotta integrata, almeno in etichetta io non l’ho mai visto.

  6. Salve,
    sono agronomo e titolare di una azienda agricola che produce anche insalate per la IV gamma; onestamente non mi sembra che c’è una certa diffidenza nei confronti delle insalate in busta, forse all’inizio, ma oggi vuoi perchè le abitudini sono cambiate o per un fatto di “moda” questo tipo di articolo pare non conoscere crisi. Certo la diffidenza c’è nei confronti dell’agricoltura in generale, ma l’opinione pubblica non immagina nemmeno lontanamente la mole di lavoro che c’è dietro un ortaggio, verdura o frutta; confermo pienamente quanto scritto nell’articolo, lavorare con la gdo non è così semplice, l’agricoltura è cambiata e continua a subire modifiche, tutto a vantaggio del consumatore.

  7. Neppure io capisco di tematiche simili, ma ritengo doveroso promuovere una simile informazione…
    Soprattutto è il caso fare il punto su quanto sia pericoloso/ dannoso e cosa possa essere veramente salutare

  8. “Attualmente, come tutti i settori, anche il primario è in difficoltà. Tuttavia si nota un’economia a due velocità, ovvero realtà che producono e vendono senza particolari problemi e realtà in forte sofferenza. Le prime sono aziende altamente specializzate, le altre sono pseudo aziende che dovranno adeguarsi alle norme richieste dal mercato, pena la chiusura. L’agricoltura sta cambiando, come è giusto che sia, basti pensare che dai dati Istat (rilevazione 2011) il numero delle aziende agricole è diminuito drasticamente nel giro di 10 anni, ma è aumentata significativamente la superficie delle aziende che sono rimaste sul mercato; come dire poche e buone. Un ulteriore cambiamento si realizzerà a partire dal 2014, anno in cui le aziende dovranno aderire obbligatoriamente al sistema di lotta integrata.”

    Credo e so per certo che tutte le micro-aziende a conduzione familiare e con un giro d’affari limitato siano destinate a soccombere. la vita agricola richiede grossi sacrifici in termini economici (capitali enormi) e in termini di tempi umani (ore di lavoro).
    Alcuni potranno obiettare che attraverso la meccanizzazione si è riusciti ad abbattere parte dei tempi. Inoltre alcune colture a cicli di vita più veloci hanno senza dubbio accelerato i tempi di raccolta. In più i farmaci hanno reso le produzioni agricole migliori quantitativamente e qualitativamente.
    Le piccole aziende però lottano per sopravvivere, ma principalmente la mancanza di capitale e le cattive raccolte influiscono sui loro bilanci già magri, e, se l’agricoltore non reinveste i suoi piccoli risparmi nei tempi in cui lavora in perdita è destinato a fallire. La normativa spesso non aiuta poiché strangola il già magro bilancio di una micro-azienda che per mancanza di liquidità non riesce a resister, sicché il piccolo produttore agricolo lascerà sicuramente la campagna per tentare fortuna altrove con buona pace di chi crede ancora nella possibilità di sopravvivere grazie all’agricoltura.

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