… e dell’orrore! Avremmo dovuto aggiungere nel titolo. Impazzano sui media testimonianze, ricordi, giudizi e commenti su un’epoca tanto triste e vergognosa per la storia dell’uomo.
Ci ha commosso stamane la testimonianza di una mancata vittima di quell’ondata folle di odio e di morte innescata all’epoca da uno pseudo tedesco, l’austriaco Adolf Hitler.
Nel ricostruire lucidamente l’evoluzione degli eventi che portarono alle camere a gas migliaia di vittime che, come lui, vi erano state destinate, il superstite ospite di UNO MATTINA ha evocato gli ultimi momenti di quei numeri, già, di quei numeri una volta uomini, in cammino verso le camere a gas.
La Germania vive al momento una fase di comprensibile euforia economica. Ai suoi piedi, il resto dei paesi della Comunità Europea. Non siamo, e si spera non saremo mai al delirio di onnipotenza di una nazione che ha poco da invidiare a molti altri paesi in termini di civiltà, cultura, progresso.
Ma è pur sempre una nazione che detiene il poco invidiabile record di avere inventato Auschwitz. Una macchia imperdonabile che nessuna pubblica istruzione che la ignori, come fa quel paese nei confronti delle proprie giovani generazioni, potrà mai cancellare.
Negare la storia, la verità è come negare se stessi. Questo la Germania di oggi non può permetterselo, non deve permetterselo. Ne va della sua stessa reputazione, quella che i grandi padri della sua letteratura, della sua filosofia, della sua musica hanno contribuito a creare nel mondo. Quegli stessi padri, tranne, forse, qualche rara eccezione, imporrebbero ai giovani tedeschi di oggi la verità storica. Per trarne alimento e non sensi di colpa, educazione per una formazione umana sana e solidale e non camuffamento della storia. Perché vale sempre l’antico detto secondo cui i figli non debbano mai pagare le colpe dei padri. A meno che non le sposino fingendo di ignorarle.
Fermenti di un pericoloso revival nazista non mancano, purtroppo. Non solo nella Germania di oggi, ma anche, per speculazioni politiche diverse, all’estero. Si veda in Iran, in quell’Iran dominato da un Aminejad fervente sostenitore del negazionismo.
Cosa ne sa lui di quanto crudele sia stata la storia della pur civilissima Germania, nei suoi folli e drammatici anni ’30 – ’40 del secolo scorso? Neppure noi c’eravamo. Eppure la storia non si può cancellare. Neppure quella vissuta e “fatta vivere” (crudele citazione) di nascosto a quell’esercito di disgraziati ‘accolti’ là dove l’’Arbeit’ (il ‘lavoro’ nei campi di concentramento) rendeva ‘frei’ (liberi). Normale. Una volta morti, chi non resta libero tra le proprie ceneri?
I rigurgiti in sé non dovrebbero preoccupare oltre, alla luce delle cautele adottate. Ma è il negazionismo in sé che indigna, che scuote le coscienze, che induce a riflettere, se non a riproporre nella nostra comunità europea, quanto meno, e in tutti i paesi coinvolti all’epoca nello spaventoso secondo conflitto mondiale, una revisione attenta ed oggettiva dei testi di storia. Perché le ragioni dell’odio e della sopraffazione così bestiali e truci non possano mai imporsi nella pur naturale conflittualità che troppo spesso ha contrapposto e contrappone l’uomo moderno (e antico) a se stesso.
direttore: Aldo Bianchini