CRIMINALITA’ ROMANA: PACCHIA-ITALIA


G. Pascoli
ROMA – Michele Placido, ‘romano de Roma’, quando cammina si guarda le spalle. Non si sente più sicuro nella sua città dove ormai “massacrano persone inermi, cittadini comuni, per pochi spiccioli in mezzo alla strada.” (Corriere della sera del 6 gennaio 2012, p. 14).  Roma città violenta ormai. E da tempo. Il riferimento è al barbaro assassinio della neonata cinese e del suo papà. Inizialmente si era pensato a due italiani; poi, le indagini dei carabinieri hanno rapidamente trovato la via giusta. E i due ‘italiani’ si sarebbero trasformati in due marocchini, la cui cattura sarebbe imminente o, forse, al momento di andare in pagina, già avvenuta. In un modo o nell’altro, la comprensibile richiesta dell’ambasciatore cinese a Roma sarebbe già stata esaudita. Ma proprio da qui iniziano le nostre riflessioni. Presi o non presi, e comunque identificati e, quindi, ospiti imminenti di qualche cella delle nostre patrie ed assai inospitali galere per casi del genere, sta il fatto che, a fronte di un’indagine rapidissima, le prospettive giudiziarie per chiunque siano questi due irriguardosi macellai della vita umana saranno certamente migliori di quelle dei paesi di provenienza. Lo hanno più volte candidamente dichiarato nugoli di delinquenti e criminali stranieri; i quali sanno bene che per crimini molto inferiori le galere patrie renderebbero invivibile la loro sopravvivenza. Ragion per cui l’Italia rappresenta il luogo ideale per delinquere. Perché, male che vada, non si sta poi tanto male in cella dopo che i tribunali addetti avranno irrorato la relativa pena. Insomma, sarebbe forse ora di rivedere le cose in tema di giustizia. Siamo, è vero, la culla della civiltà e, quindi, del diritto. Ma qualcosa bisogna pur studiare per mettere alle corde la criminalità d’oltre frontiera. Ad esempio, studiare un accordo con i paesi di origine della feccia di provenienza in base al quale i rei certi di delitti e/o atti criminali efferati siano rispediti seduta stante, dopo un processo per direttissima, là da dove provengono. Con l’obbligo di scontarvi fino alla fine la pena irrorata. Senza trucchi, distrazioni o sconti, che a volte si traducono in autentiche e colpevoli beffe per il nostro stesso paese. Forse più d’uno rifletterebbe molto prima di superare le nostre frontiere per immettersi nel gran calderone della italica delinquenza nazionale. Un fenomeno duraturo da tempo, nonostante le esemplificazioni incomprensibili delle autorità centrali o periferiche interessate. A Roma, ad esempio, dove sono stati uccisi con un solo colpo di pistola papà Zeng Zhou e la piccolissima Joy, sembrava che le cose non stessero poi tanto male. Da anni, infatti, il Prefetto della città Giuseppe Pecoraro sminuiva il fenomeno criminalità con dichiarazioni sostanzialmente tranquillizzanti. E, invece, l’esplosione di tanti eventi delinquenziali lo hanno puntualmente smentito. Lo stesso sindaco della capitale Alemanno avrebbe fatto meglio in passato a non accreditare realtà incompatibili con la verità dei fatti. Se i diretti interessati alla garanzia della vivibilità ed alla segnalazione a chi di dovere della verità vivono sereni nonostante la crudezza degli eventi sotto i loro occhi, cosa possono fare i cittadini se non rassegnarsi impotenti alla presa d’atto di una quotidianità che rivela puntualmente il volto feroce di una realtà completamente diversa?

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