Aldo Bianchini
SALERNO – Molti giovani di oggi si chiederanno chi è Amedeo Panella, o almeno chi è stato Amedeo Panella. Per sgombrare la mente dai dubbi su quanto scfriverò nelle prossime righe intendo chiarire subito il mio pensiero: Panella è stato uno dei più pericolosi malviventi che la storia di Salerno abbia mai conosciuto. E’ stato per decenni il capo indiscusso della “camorra salernitana”. Punto. Detto questo mi corre subito l’obbligo di precisare che “don Amedeo” (così lo chiamavano in tanti nel centro storico di Salerno!!) non è mai stato condannato all’ergastolo, è stato più volte assolto dai reati ascrittigli ed è stato, ovviamente, più volte condannato per tanti altri reati, tra i quali quello di estorsione che rimane uno dei reati contro la persona più aberranti. E’ in carcere dal 4 aprile del 1998 in maniera continuata e le sue condizioni di salute appaiono, stante alle certificazioni mediche specialistiche, abbastanza gravi e non compatibili con il regime carcerario, almeno così sostengono i suoi difensori avvocati Massimo Torre e Luigi Gargiulo. Già da luglio del 2011 i difensori hanno, per l’ennesima volta, inoltrato richiesta di scarcerazione sulla base di una documentazione sanitaria che dicono essere inoppugnabile. Si vedrà!! Questo aspetto attiene la cronaca degli eventi che lascio volentieri ad altri. Oggi vi voglio raccontare come ho conosciuto ed incontrato Amedeo Panella, per motivi giornalistici ovviamente. Correva l’anno 1998 e proprio in sede di inaugurazione dell’anno giudiziario il Procuratore Generale della Corte d’Appello pronunciò il nome di Panella definendolo come dei criminali più efferati ancora in libertà nel centro storico della città. La cosa mi incuriosì, nel senso che mi sembrava alquanto strano l’inserimento di quel nome nel discorso ufficiale quando, invece, “don Amedeo” circolava per Salerno, sul Corso e nel Centro Storico, come un uomo assolutamente libero, anche se inavvicinabile, tanta era la circospezione con cui si muoveva. Viveva in un bunker elegantissimo e blindatissimo, usciva pochissime volte e si avvaleva di una scorta riservata ma agguerritissima. Volevo vederci chiaro, la mia indole mi spingeva a saperne di più, tentai diversi contatti ma non ci fu niente da fare. Alla fine scelsi la via più semplice, presi l’elenco del telefono e lo chiamai a casa. Mi rispose lui in persona e tentennò al mio invito di una intervista in televisione (ero il direttore di Quarta Rete Tv), insistetti nei giorni successivi, alla fine accettò dicendomi: “Vengo da voi perché mi fido”. Nel pomeriggio del 31 marzo 1998 (giovedi) arrivò nella sede della tv in Capezzano di Pellezzano, la sua scorta blindò praticamente ogni accesso disattivando momentaneamente anche le linee telefoniche. Con lui c’era il suo avvocato storico, Luigi Gargiulo, dopo un rapido preambolo ci sedemmo tutti e tre nello studio per andare in diretta tv intorno alle 19.30 circa, orario che coincideva con il mio appuntamento quotidiano con i telespettatori. A me piace entrare nell’animus confidendi e lui si aprì oltre ogni mia più rosea aspettativa. Venne fuori una intervista che oserei definire storica non soltanto per la presenza del personaggio che tutta Salerno temeva e rispettava, ma anche per le note di grande umanità che Panella riuscì ad esprimere in quei lunghissimi trenta minuti. Quando parlò della moglie (defunta da tempo) e dei figli spuntarono anche alcune lacrime nei suoi occhi freddi e penetranti. La cosa che mi colpi in particolare fu quella relativa al figlio che andava ancora alle medie: “Non è giusto che le colpe del padre ricadano sui figli, il mio in classe viene additato come <<il figlio della camorra>>, ho protestato con i docenti ma non c’è stato niente da fare”. Rimasi perplesso e dovetti dargli ragione. Stavamo centellinando il caffè quando fu costretto a lasciare gli studi in tutta fretta dopo un paio di telefonate che lo avevano agitato, e non poco. Quattro giorni dopo, nella notte tra domenica 3 e lunedì 4 aprile, Amedeo Panella fu arrestato dagli uomini della DDA di Salerno con un blitz alla “rambo” per uomini e mezzi utilizzati. Ovviamente saltò l’appuntamento che ci eravamo dati per la continuazione dell’intervista da realizzare nel suo bunker che lui definì una casa come tante altre. Le immagini di quell’intervista, l’unica intervista televisiva di Panella, a parte il sequestro della Procura, hanno fatto il giro di tutte le televisioni salernitane, ma questo è soltanto uno degli aspetti di quella che definisco ancora oggi una delle interviste più difficili che abbia mai realizzato.