di Alberto Spampinato (da Ansa dell’1.1.12)
ROMA – L’emergenza economica resta grave. Ma non dobbiamo scoraggiarci. L’Italia può e deve farcela. Deve fare la sua parte, con il rigore, riducendo la spesa pubblica, riformando il welfare, colpendo rendite e privilegi, chiedendo all’Europa scelte adeguate e solidali senza ulteriori indugi, e una maggiore integrazione. I sacrifici sono inevitabili, per tutti, e non saranno inutili. Gli italiani devono accettarli per assicurare un futuro ai propri figli. La crisi è un banco di prova e una grande occasione per il cambiamento, per una rigenerazione della politica, per il nuovo balzo in avanti che è necessario. Questi i passaggi principali del messaggio di fine anno di Giorgio Napolitano. Il capo dello Stato parla per 21 minuti e mette l’accento su due fattori: la fiducia degli italiani in sé stessi, cresciuta con le celebrazioni del 150.mo, e la crescente consapevolezza dei nodi della crisi economica.
“La fiducia in noi stessi – dice – è il solido fondamento su cui possiamo costruire, con spirito di coesione, con senso dello stare insieme di fronte alle difficoltà, nella comunità nazionale come nella famiglia. E allora apriamoci al nuovo anno: facciamone una grande occasione, un grande banco di prova, per il cambiamento e il nuovo balzo in avanti di cui ha bisogno l’Italia”. L’Italia deve riguadagnare credibilità ed “é faticoso”. Il debito pubblico pesa come un macigno. Il risanamento deve proseguire con rigore, perché lo Stato per lungo tempo ha speso troppo e ha imposto tasse troppo pesanti. Il benessere ha raggiunto livelli un tempo impensabili, ma dagli anni ottanta la spesa pubblica è cresciuta in modo incontrollato ed è ormai insostenibile. “E c’é anche chi ne ha tratto e continua a trarne indebito profitto, e a ciò’ si legano strettamente fenomeni di dilagante corruzione e parassitismo, diffusa criminalità ed inquinamento criminale”.
L’altra grande patologia da colpire, insieme alla corruzione, é l’evasione fiscale. Bisogna colpirla per ridurre le disuguaglianze. Bisogna sottoporre a una più severe disciplina “forme di ricchezza , posizioni di rendita e di privilegio”. Il mondo è cambiato, e perciò occorre “ripensare e rinnovare le politiche sociali”, certamente senza rinunciare al modello europeo e senza intaccare dignità e diritti del lavoro, ma accettando di rivedere il modo di concepire e distribuire il benessere, dice Napolitano ai rappresentanti del mondo del lavoro, ricordando il suo passato, la sua estrazione politica e sociale. “Sento molto perciò le difficoltà di chi lavora e di chi rischia di perdere il lavoro”, dice, ma credo che i lavoratori e le loro organizzazioni debbano esprimere “slancio costruttivo nel confronto”, fare sacrifici e avere “visione e ruolo nazionale” come seppero fare nel Dopoguerra e nel tragico 1977 dell’inflazione al 20% e del terrorismo brigatista. Al governo Monti Napolitano chiede di sviluppare il “dialogo con le parti sociali e un rapporto aperto con il Parlamento”.
Questo esecutivo, sottolinea il presidente della Repubblica, tagliando corto sulle recenti polemiche sollevate dal WSJ, è nato al termine di una travagliata crisi politica di cui il premier Berlusconi, un mese fa, “ha preso responsabilmente atto. E’ nato poiché “si è largamente convenuto” che un immediato scioglimento delle Camere “avrebbe rappresentato un azzardo pesante dal punto di vista dell’interesse generale del paese”. Napolitano riconosce il “merito” degli schieramenti che hanno permesso la nascita dell’esecutivo Monti e auspica che il sostegno prosegua. Ai partiti chiede di contribuire all’azione dell’esecutivo con “proposte” e soprattutto cercando “intese” per approvare “riforme istituzionali da tempo mature”, e anche in vista della prossima tornata elettorale, “per creare condizioni migliori in vista di un più costruttivo ed efficace svolgimento della democrazia dell’alternanza”: un’espressione che sembra richiamare implicitamente la revisione della legge elettorale. Ai cittadini bersagliati da accuse ai privilegi della casta, Napolitano non chiede di chiudere un occhio, ma di “guardare con attenzione, senza pregiudizi, alla loro capacità di rinnovarsi”, perché “non c’è futuro per l’Italia senza rigenerazione della politica e della fiducia nella politica”.