I partiti islamici si sono aggiudicati la stragrande maggioranza dei voti durante il primo turno delle prime elezioni legislative egiziane dell’epoca post-Mubarak. Ieri si è aperto il secondo dei tre turni per l’elezione dei 498 membri dell’Assemblea del Popolo (Camera bassa), in cui le due formazioni islamiche, ovvero il Partito libertà e giustizia dei Fratelli Musulmani e quello dei salafiti Al Nour, si sfidano a duello in una competizione sempre più serrata. La tornata elettorale del 28 e 29 novembre ha visto una massiccia partecipazione popolare agli scrutini con un’affluenza pari al 62% e ha sancito la vittoria degli islamici con oltre il 65% dei voti. In testa il partito dei Fratelli Musulmani che ha totalizzato il 36,62% dei voti, seguito dalla formazione salafita con il 24%. I Fratelli Musulmani hanno negato qualunque possibilità di alleanza con gli ultraconservatori, riferendosi ai Salafiti, per la formazione di un “governo islamico”, sottolineando di rappresentare un “islam di centro”. E mentre il Partito libertà e giustizia strizza l’occhio alle minoranze religiose presenti nel Paese, nel tentativo di rassicurarle contro eventuali timori, i liberali del Blocco Egiziano, che hanno totalizzato circa il 13% dei voti, confermandosi come terzo partito, e la componente cristiana appaiono sempre più preoccupati. Durante la campagna elettorale i Fratelli Musulmani hanno fatto del pluralismo e della tolleranza il loro cavallo di battaglia, mentre gli estremisti Salafiti si sono detti per una immediata imposizione di un codice religioso islamico che regoli il sistema bancario, la vendita di bevande alcoliche e l’abbigliamento e la condotta delle donne in pubblico. Secondo alcune testimonianze, molti copti- che attualmente costituiscono il 10% della popolazione egiziana- hanno abbandonato il Paese e molti altri si appresteranno a farlo in caso di un trionfo dell’Islam più radicale. Anche Israele esprime preoccupazioni per una eventuale vittoria dei Salafiti che, di certo, non preserverebbero l’accordo di pace con lo Stato ebraico. Dunque, gli assetti geopolitici nel Mediterraneo stanno andando incontro a trasformazioni radicali. I Paesi rivieraschi stanno cambiando volto. E mentre le cause si sono ampiamente palesate, è piuttosto difficile prevedere l’evoluzione dei processi in corso, sulla cui fine si possono soltanto avanzare ipotesi più o meno probabili.